Il turismo cafone e la vera questione meridionale a Roccaraso

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Da più di una settimana non si fa che parlare di Meridione, razzismo e influencer del trash. Tutto è nato, come sappiamo, da un video di Rita de Crescenzo su Tiktok, che ha invitato i suoi follower ad andare a Roccaraso, località sciistica in Abruzzo in cui lei si trovava. Questo ha portato allo spostamento di migliaia di persone verso il paese e gli impianti, che ha causato notevoli problemi, dato che la località non era preparata a un numero così alto di persone; le quali a loro volta non erano ben consapevoli del funzionamento del posto e anche forse delle sue dimensioni.

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Questo evento porta alla luce molti problemi diversi, tutti complessi, che andrebbero analizzati singolarmente senza pregiudizi ma anche senza raccontarsi frottole. Il primo tema (ma non il principale, a mio parere) è ovviamente l’eccesso di turismo e le sue conseguenze; se ne parla in lungo e in largo in relazione a molti luoghi d’Italia, e abbiamo già assistito a provvedimenti da parte dei Comuni per arginare il problema. Stanno diventando più frequenti le spiagge in cui è necessario prenotare, e a Venezia è stato istituito il biglietto di accesso. Nel caso di Roccaraso, la località non poteva prevedere un tale afflusso di persone, e di conseguenza si è trovata in notevole difficoltà nel gestirlo.


L’interpretazione “di classe”


Molti, però, hanno attribuito le polemiche a classismo: il turismo di massa ci disturba solo quando coinvolge i poveri, come sarebbero i follower di questa influencer, per lo più napoletani. Queste persone non hanno normalmente la possibilità di andare a sciare (come se questo fosse un diritto inalienabile dell’essere umano) e hanno potuto farlo solo grazie a degli sconti proposti da alcune agenzie.


Ci sono alcuni problemi in questa interpretazione, abbastanza diffusa in questi giorni su pagine social e giornali tendenzialmente considerabili di sinistra: in primis il fatto che non è che possiamo dire di conoscere esattamente l’estrazione sociale di tutte queste persone; e del resto non sarebbe un pregiudizio anche questo? Chi ci dà il diritto di guardarli come le povere formichine di Zola? Mi sembra un atteggiamento paternalistico che normalmente verrebbe rigettato.


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Inoltre, è falso e tendenzioso affermare che in generale non ci si preoccupi del turismo di massa. Come ho detto, il problema è stato discusso e affrontato già in molti luoghi, e non è nemmeno vero che a viaggiare sono solo i ricchi. Obiettivamente, oggi è molto facile trovare un volo a basso prezzo e fare un finesettimana fuori: lo facciamo tutti noi, insegnanti, infermieri, impiegati, operai, mettendo da parte i soldi. Siamo forse ricchi?


Ma forse si tratta anche di capire chi sono i poveri, a chi ci riferiamo con questo termine, spesso usato un po’ troppo facilmente e, appunto, con un tono pietistico oggi decisamente stonato. E a dirlo è una persona che si ritiene comunista.


E quella “meridionale”


C’è stata anche l’immancabile interpretazione in chiave antimeridionalista, che sostiene che tutto questo polverone non sarebbe stato sollevato se a muoversi fossero stati dei milanesi e non dei napoletani. Naturalmente si trascura di ricordare che i turisti in questione non si sono limitati a recarsi a Roccaraso, cosa che ovviamente è loro diritto come di tutti, ma non si sono comportati educatamente, stando alle testimonianze dei locali. Come al solito si tratta di una semplificazione vittimistica, probabilmente con un fondo di verità (come lo sono tutte), ma molto parziale.


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Mettendo assieme Meridione e povertà, ovviamente si deduce che la gente ha protestato perché questi poveracci per una volta hanno voluto fare una giornata di ferie. È evidente la disonestà di questi discorsi, dato che non è che tutte le bellezze della natura siano a pagamento (in verità per lo più in Italia son gratis); è normale che un impianto sciistico lo sia, e a non poterselo permettere non è che son solo i napoletani.


Insomma, se è vero che la povertà e la disoccupazione sono più diffuse al Sud, da questo non discende che noi odiamo i poveri perché sono del Sud: la nostra scarsa dimestichezza con il ragionamento, anche il più basilare, produce queste letture. Ciò non significa – è tristissimo doverlo precisare – che il pregiudizio e l’odio contro i meridionali non esistano, né che si voglia qui incentivarlo o giustificarlo in nessun modo.


Il problema reale e grosso che dovremmo affrontare è invece quello del potere dei social network, perché tutte queste persone si sono radunate e mosse nel giro di poche ore solo perché indotte da un’influencer, spinte dal desiderio incontrarla o di imitarla. Questo non ha niente a che fare con l’essere napoletani, ma col tipo di rapporto che si instaura tra l’influencer e il suo pubblico; senz’altro rafforzato da un senso di identità comune, ma prodotto dal funzionamento della piattaforma stessa. È assurdo che non si possa fare un discorso serio perché c’è di mezzo una categoria di persone che invece di essere considerate come tutte le altre, e quindi potenzialmente educate o maleducate, benestanti o in difficoltà, istruite o non istruite, vengono dipinte alternativamente come bestie o come angioletti.






















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