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Egregio Direttore,
Giunge voce di una volontà di reintrodurre il latino, il greco e lo studio biblico nella scuola media. A tal riguardo, da canuto docente di ormai ultraventennale esperienza, mi permetto di esprimere il mio totale dissenso tecnico-culturale. Personalmente trovo questa decisione del governo un ulteriore inutile, anzi oserei dire perfino dannoso, intervento estetico, che trascura la necessità di un solido intervento statico.
Proseguendo col percorso metaforico appena segnato, si può intravedere nella scuola italiana una bella casa vecchia la quale necessita di tanti importanti, notevoli e solidi interventi strutturali al fine di mantenerne la bellezza, pur mettendola in sicurezza; e ciò potrà avvenire soltanto tenendo ciò che c’è di valido ed eliminando per sempre quanto non è opportuno, anzi è pericoloso, che ci sia.
Pertanto, una riforma seria ed adeguata della scuola italiana non dovrebbe contemplare meramente la reintroduzione di alcune materie, perché ciò, visto in un ottica globale, non apporterebbe alcun beneficio; anzi, molto più probabilmente, alimenterebbe il già fortemente presente malcontento sia tra le fila dei docenti sia tra gli studenti, portando inevitabilmente a un percorso di incomprensione che darebbe ulteriore vita al già forte senso di alienazione che ormai impera e serpeggia nel mondo scolastico in Italia.
Ciò di cui si necessita veramente è un accurato, approfonditamente studiato lavoro strutturale, organizzato partendo dalla raccolta delle sensazioni e dai suggerimenti di miglioramento dei propri schemi di lavoro globale da parte di tutto il personale scolastico (vale a dire bidelli, segreterie, personale docente e dirigenziale) che la ristrutturi a fondo. Occorre demolire alcuni vecchi e vetusti schemi mentali e programmatici per aprire un importante varco a un lavoro pedagogico-didattico solido e rilevante.
Tra gli innumerevoli e importanti concetti pedagogici, forse si possono definire i più degni di nota (e andrebbero quindi affrontanti nell’opera di rivisitazione del funzionamento della scuola italiana con la dovuta profondità , professionalità e serietà ) il principio della fenomenologia, ovvero come i discenti si rapportano con la realtà del mondo che li circonda.
Nel caso dell’apprendimento, ovviamente si fa riferimento a quanto studiano. Il concetto del principio di piacere, laddove lo studente trae piacere da attività ludico-didattiche che, condotte con sapienza e pertinenza didattica, trasformano l’apprendimento in un momento piacevole; e il principio di realtà , per via del quale si porta il discente a capire che la realtà dei fatti è che anche nello studio, come in tutto nella vita, occorre dedizione e impegno.
Con ogni probabilitĂ , quasi nessuno studente che dovesse accingersi ad affrontare, ad esempio, lo studio della vita e delle opere del sommo poeta Dante, troverebbe noioso cominciare col cimentarsi in un lavoro artistico a gruppi, in cui se ne ritrae il volto, il territorio sul quale si muoveva, alcuni personaggi tratti dalla sua opera omnia, ecc. ecc. e poi decorare la classe con gli stessi.
Dopodiché si potrà partire da questi lavori pratici ed entrare nel merito della sua grande opera a livello teorico. Dopo averla trattata, esplicata teoricamente, si potrebbe ancora una volta dividere il gruppo classe in gruppi; al fine di permettere una migliore memorizzazione dei canti dell’opera questi potrebbero essere teatralizzati, magari anche in modo comico, tuttavia pur sempre rispettando la fedeltà all’opera.
Altra questione importante da affrontare per condurre una vera riforma del mondo scolastico, è l’autocontrollo dei ragazzi, il loro grado di abilità nell’affrontare le nuove sfide con la giusta determinazione e il saper controllare da sé la propria emotività , cose che porterebbero gli studenti a tenere in autonomia un atteggiamento disciplinato e collaborativo in aula. Ciò al fine di evitare di cadere nell’inganno culturale del luogo comune definito: “saper tenere le classi” o “i giovani odierni”.
In verità nessuna delle due cose esiste concretamente, né tanto meno avrebbe ragione di esistere, perché se gli studenti imparano a saper autoregolare le proprie azioni, a comprendere le proprie emozioni, sanno per così dire “tenersi da soli”.
E perché, come giustamente disse una volta una bidella alla parte scrivente: “tutti dicono i ragazzi d’oggi, i ragazzi d’oggi, ma dietro un ragazzo d’oggi c’è un adulto d’oggi…”, sagge parole mai affrontate adeguatamente dal mondo degli adulti, nemmeno dai tanti professionisti del mondo della trasmissione del sapere, né tanto meno dai promotori delle riforme.
Una seria riforma del mondo scolastico, non potrà esimersi dal debitamente affrontare i temi qui illustrati, insieme anche al rapporto scuola-famiglia, laddove la famiglia ha ovviamente il diritto di partecipare alla vita scolastica dei propri figli, ma l’autorità pedagogico-didattica è di rigorosa ed esclusiva competenza della scuola, la quale ovviamente deve però dimostrare coi fatti e non con altisonanti parole o progetti, di seguire adeguatamente i suoi studenti.
Marco Mazzucchi
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