«Ora l’Ia è su misura. Piano per Pa e imprese»

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Un modello di Intelligenza artificiale generativa privato, sempre più “su misura” e sicuro nella gestione dei dati, è la leva oggi indispensabile per accelerare la trasformazione digitale. Quel passo «urgente» per reggere la competitività. E non si tratta solo di automatizzare i processi o accorciare la burocrazia. Nel giro di quattro-cinque anni l’Intelligenza artificiale così “tagliata” sull’azienda o la Pa entrerà nel cuore della produzione. E quindi della manifattura e nei servizi. La Physical Ai – la frontiera dei robot che decidono in giuste dosi – non è poi così lontana. Seguire Maximo Ibarra mentre snocciola le parole chiave di domani che sarà presto oggi, è un po’ come entrare in un film di fantascienza. Eppure, «intercettare il cambiamento di una tecnologia che viaggia a velocità supersonica è la nostra sfida quotidiana», dice il numero uno di Engineering, da oltre tre anni alla guida di uno dei laboratori in prima linea per la “Digital trasformation”. Lo dice anche il lancio della nuova versione di EngGPT, il Large Language Model (LLM) del gruppo, ora più evoluto e più made in Italy.

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Ibarra, ci stiamo abituando a veder spuntare nuove piattaforme LLM, l’Intelligenza artificiale generativa che ragiona. In cosa si distingue EngGPT 2.0?

«È un’evoluzione importante del modello implementato due anni e mezzo fa nel centro Nazionale di Ricerca HPC, Big Data Quantum Computing, finanziato dal Pnrr, e che ci vede tra i fondatori. È un modello privato e verticalizzato, preallenato su trilioni di dati specifici per ogni settore industriale, capace quindi di rispondere alle esigenze della singola industry, tenendo conto anche degli idiomi e delle caratteristiche territoriali. Ma viene poi personalizzato: si addestra l’algoritmo con i dati dell’azienda o dell’ente. In modo da rispondere alle esigenze specifiche.

Quali per esempio?

«Automatizzare i processi, migliorare il prodotto o l’accesso dei servizi ai clienti, piuttosto che avere informazioni più dettagliate rispetto al business. Il modello privato evolve grazie alla collaborazione. Vale anche per la PA: esempio ne è il progetto sulla cittadinanza digitale».

Non deve essere facile nell’Italia delle Pmi indietro con la digitalizzazione.

«Mettere tutti i dati in un unico contenitore è ancora una sfida per molti. Ma l’Ia sta facendo anche questo: ci sta aiutando ad accelerare un progetto da tempo critico per molte aziende.

La consapevolezza ora è diventata urgenza». Raggiunta un’architettura dati moderna vi chiedono i clienti dove far intervenire l’Ia?

«Questo è un altro punto delicato. Aziende e Pa vanno guidate nell’individuare gli ambiti in cui poter avere valore aggiunto con l’applicazione di casi d’uso di Ia».

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Dove sono i maggiori margini?

«Il primo è l’office automation: strumenti di efficienza e rapidità per i dipendenti, da Teams al Cloud. Il secondo capitolo è l’automazione dei processi, dall’attività amministrativa alla catena logistica. Poi c’è il miglioramento nel rapporto con i clienti: i famosi chatbot».

Quando vedremo i robot entrare nelle decisioni, seppure con certi limiti?

«È il fronte con più potenzialità: l’intervento del’Ia nei processi produttivi, nel lancio di un nuovo prodotto o design, oppure nello sviluppo di nuovi servizi avanzati. Può essere una rivoluzione».

L’equilibrio tra uomo e tecnologia è però il nodo più discusso.

«La parola chiave è interazione: trovare come far collaborare al meglio l’uomo con l’Ia. Probabilmente i lavori più ripetitivi saranno sostituiti. Oggi nessuno si meraviglia se nei grandi impianti manufatturieri nel tempo c’è stata un’automazione o robotizzazione. Aumenteranno i lavoratori nei servizi più innovativi o nel governo della tecnologia. Ma dobbiamo essere molto più veloci nella formazione e nel retraining. Anche perché l’Ia è uno dei protagonisti: poi ci sono tutti gli altri abilitatori: l’internet of things, i sensori, tutto il mondo del digital twin che comprende i simulatori. E ancora, il cloud, la capacità computazionale o la cybersecurity».

Tanta velocità è un’altra bella sfida.

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La trasformazione delle aziende non finirà mai: la partita cruciale si gioca sulla possibilità di trarre il massimo vantaggio dai loro dati».

Si parlerà presto anche al bar di AgentAi e PhisicalAi? Cosa sono?

«Sono i nuovi avamposti dell’intelligenza artificiale generativa. L’AgentAi esegue con precisione dei compiti, organizza una trasferta o risolve nodi manageriali. Invece la PhisicalAi, l’Ia nelle macchine, apre scenari avveniristici non solo nella manifattura: posso immaginare i robot anche per l’assistenza infermieristica di base» A che punto siamo? «Non mi sorprenderei se in quattro-cinque anni cominciassimo a vedere qualcosa di significativo». La sorpresa DeepSeek ha spiazzato gli Usa e evidenziato l’arretratezza Ue.

Cosa possiamo fare?

«Non siamo il continente che può creare LLM, come Cina o Usa, ma possiamo specializzarci su alcune nicchie specifiche: è obbligatorio farlo individuando i settori nei quali l’Europa per sua tradizione e dna può esprimere molto. Per esempio, auto o farmaceutica. Quindi serve investire di più, un coordinamento maggiore in Ue sui finanziamento per l’Ia, sugli incentivi al Venture capital e sulle politiche industriali innovative. Non solo regolamenti».

Ma non è tardi per muoversi?

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«Lo sta dimostrando DeepSeek: le distanze si possono sempre accorciare, o almeno mantenere».

EnGPT 2.0 ne è la prova?

«Nel team Ia di 400 persone, circa 70 sono dedicati al lancio entro la fine dell’anno. Non solo esperti di Ia e information tecnology ma anche legali, filosofi, sociologi, manager per implementare un modello ancora più sofisticato, più sensibile alle caratteristiche idiomatiche tipiche dell’Italia. Può anche riconoscere con un numero molto maggiore di token dialetti, piuttosto che modi di dire, presenti in tutti i territori. Lavorando con aziende che sono in tutti i territori, è fondamentale. Lo sforzo è fare in modo che questa nuova generazione di EnGPT sia molto più evoluta, sofisticata e veloce. È il modo di farci trovare pronti e adattarci al uno scenario tecnologico rivoluzionario».

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