Il presidente ucraino cerca di ingraziarsi Trump (anche con le terre rare). Ma sulle «aperture» di Putin avverte: «Non sta pensando alla pace, arruola altri 100.000 uomini»
Forse la pace diventa più vicina tra Russia e Ucraina e il 2025 potrebbe porre fine alla fase guerreggiata dell’invasione voluta da Vladimir Putin tre anni fa. Ma nulla è certo, tutt’altro, e i combattimenti specie nel Donbass e nella zona russa di Kursk restano feroci, senza alcun segnale di tregua. Venerdì i comandi russi hanno annunciato l’occupazione della città mineraria di Toretsk nella regione del Donetsk. Gli ucraini invece rilanciano gli attacchi a Kursk e segnalano la rinnovata presenza di truppe nordcoreane, che nell’ultimo mese erano state ritirate.
Putin e Trump
Volodymyr Zelensky in un’intervista alla Reuters ribadisce con chiarezza di essere pronto al dialogo diretto con Putin, anche se specifica che prima vorrebbe coordinarsi con Donald Trump per fare fronte «contro il nemico comune». Il presidente americano intanto afferma che potrebbe parlare direttamente con l’omologo russo nel prossimo futuro. «Vorrei vedere la fine di questa guerra», dice con tono quasi distratto. E aggiunge che l’incontro con Zelensky potrebbe avvenire già «la prossima settimana». Anche da Mosca giunge qualche timido segnale di apertura. Dopo avere asserito più volte a muso duro che Zelensky «non è un interlocutore legittimo», dato che i 4 anni del suo mandato previsti dalla costituzione ucraina sono esauriti dal maggio scorso (senza peraltro tenere conto che la legge marziale promulgata da Kiev appena dopo l’invasione russa prevede il rinvio delle elezioni alla fine del conflitto), i portavoce di Putin ammettono adesso che si potrebbe comunque negoziare.
Le «terre rare»
Per il momento sia Kiev che Mosca sembrano in verità molto più interessate ad ingraziarsi i favori di Trump, che non ad assumere impegni precisi per fare tacere le armi. Sia nell’intervista alla Reuters che poi sui media ucraini, Zelensky accoglie con favore la richiesta di Trump affinché gli ucraini concedano le loro «terre rare» all’economia americana a condizioni privilegiate. «Saremmo ben felici di intensificare la cooperazione tra le industrie minerarie dei nostri due Paesi», ripete, dopo averlo già detto pochi giorni fa reagendo a caldo alle dichiarazioni di Trump. A sua volta Putin da tempo ormai fa di tutto per evitare critiche aperte al neo-presidente Usa e anzi pare incline a giocare sul narcisismo di quest’ultimo per rompere il fronte occidentale, che con Biden aveva fatto scudo a difesa dell’Ucraina.
Le mosse dello zar
Ieri ancora Zelensky non ha fatto mistero delle difficoltà che ancora stanno sulla via dei negoziati. «Putin non è affatto pronto ad avviare trattative concrete. Anzi, la nostra intelligence riporta che sta preparando il suo esercito per continuare la guerra ancora per lungo tempo e non solo ai danni dell’Ucraina. Abbiamo le prove che presto invierà al fronte 100.000 nuovi soldati inquadrati in divisioni fresche e ben equipaggiate. Sappiamo anche che la cooperazione militare con la Corea del Nord verrà ampliata e arricchita con tecnologie belliche di ultima generazione», ha detto all’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. L’alto ufficiale italiano è dal 17 gennaio a capo del Comitato militare della Nato e ieri ha effettuato una visita in gran segreto a Kiev per avere in diretta un quadro della situazione al fronte e resoconti freschi sulle necessità delle difese ucraine.
L’appello ai Paesi europei
Parole di allarme, che ben poco hanno a che vedere con la pace. Più volte negli ultimi mesi lo stesso Zelensky aveva affermato pubblicamente che, senza l’aiuto americano, l’Ucraina avrebbe perso la guerra. E non è dunque strano che oggi faccia buon viso a cattivo gioco: evita le frizioni con Trump, ma intanto preme per ottenere maggiori aiuti dagli altri alleati della Nato. Lui stesso ha voluto ringraziare Francia e Olanda due giorni fa per l’invio di caccia Mirage e F16 dai loro arsenali. Ai Paesi europei il leader ucraino si rivolge suggerendo che aumentino le spese militari al 5 per cento del loro budget. Il suo discorso su questo punto non è mai cambiato da tre anni: se Putin dovesse vincere in Ucraina poi l’intera impalcatura europea sarebbe minacciata. Ieri lo ha ripetuto con enfasi a Dragone. «Putin non vuole la pace, tutti i nostri alleati dovrebbero capirlo. Noi siamo pronti a condividere le nostre informazioni e intensificare la cooperazione tra le intelligence», ha detto all’ammiraglio italiano.
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