Abusi edilizi: quando l’ampliamento del balcone è illegale senza permesso di costruire | Articoli

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La realizzazione di uno sporto-balcone in prosecuzione del pianerottolo di accesso all’unità immobiliare, completo di ringhiera e pavimentazione, al posto di una tettoia a servizio dell’unità immobiliare sottostante, configura una ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di costruire.

Ci sono interventi edilizi che si ritiene possano essere assentiti con autorizzazioni più semplici, tipo la SCIA, o addirittura si pensa possano essere realizzati liberamente, e che invece necessitano del permesso di costruire per essere assentiti e quindi, in assenza, diventano abusivi con tutte le conseguenze del caso.

Un esempio ‘ricorrente’ è l’ampliamento del balcone, protagonista della sentenza 6752/2024 dello scorso 3 dicembre del Tar Napoli, inerente il ricorso cotro l’annullamento di un’ordinanza di demolizione, ai sensi dell’art.27 comma 1 del Testo Unico Edilizia, di uno sporto balcone di mt.3 x 1,30 e di una tettoia in lamiere termoisolanti occupanti una superficie di 15 mq.

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Ampliamento del balcone: bastava la SCIA?

Secondo il ricorrente, l’ingiunzione di demolizione sarebbe illegittima poiché in questo caso andava irrogata, considerata la tipologia di intervento, la sanzione pecuniaria ex art.37 dpr 380/2001, che contempla la sanzione pecuniaria per la repressione degli abusi aventi ad oggetto opere per la cui realizzazione è richiesta la DIA (oggi SCIA).

 

Sporto balcone con ringhiera e pavimentazione: serve il permesso di costruire

Il TAR respinge il ricorso in quanto le opere realizzate, costituendo un intervento atto a modificare la sagoma dell’edificio cui accedono, richiedono il previo rilascio del permesso di costruire.

Infatti, siamo di fronte a uno sporto-balcone in prosecuzione del pianerottolo di accesso all’unità immobiliare, completo di ringhiera e pavimentazione, al posto di una tettoia a servizio dell’unità immobiliare sottostante, sita al piano terra. A copertura dell’ingresso veniva poi realizzata una tettoia di circa 15 metri.

Si rientra quindi nel novero delle ristrutturazioni edilizie, ex art.3 comma 1 del dpr 380/2001, per via dell’avvenuta modifica, se non del volume, sicuramente della sagoma dell’edificio.

Sul punto consta uno specifico arresto della Sezione, che ha avuto modo di puntualizzare che “La realizzazione di un intervento di ampliamento di un balcone ed il congiungimento di due sporti preesistenti per la realizzazione di un unico e più ampio balcone costituiscono opere di ristrutturazione edilizia ai sensi degli artt. 3 e 10, d.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che realizzano un’oggettiva trasformazione della facciata del palazzo, comportante modifica della sagoma, dei prospetti e delle superfici. Il titolo edilizio per la realizzazione di tale intervento risulta, quindi, essere il permesso di costruire e la sanzione per la sua assenza è il ripristino dello stato dei luoghi ex art. 33, d.P.R. n. 380 del 2001” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 28/10/2011, n. 5052).

 

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Chiusura del balcone con travi in legno e pannelli in PVC: serve il permesso di costruire

L’opera rappresentata dalla struttura che, tramite le travi in legno e le sedi di scorrimento destinate ai pannelli in materiale plastico, permette di chiudere integralmente lo spazio dal solaio del balcone al tetto spiovente del fabbricato e da pilastro a pilastro, necessita del permesso di costruire per essere realizzata.

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Fiscalizzazione dell’abuso: niente da fare

In ultimo, si respinge anche il ricorso inerente la richiesta di fiscalizzazione dell’abuso, motivata in quanto – secondo i ricorrenti – il ripristino sarebbe impossibile.

Infatti, la ridotta consistenza dell’opera realizzata, visto che è ‘additiva’ rispetto alla preesistenza legittima, ovverosia il suo consistere in elementi aggiuntivi, fanno emergere già ad occhio la non impossibilità della riduzione in pristino, bastando a tal fine eliminare lo sporto costruito in prosecuzione del balcone, e ripristinare la preesistente tettoia insistente al piano sottostante.

Si ricorda, inoltre, che la possibilità di irrogazione della sanzione pecuniaria in caso di impossibilità della rimessione in pristino è un’eventualità che va valutata in fase di esecuzione della misura sanzionatoria e non può in alcun modo incidere sulla legittimità dell’ordinanza di ripristino.

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Niente sanzione alternativa, questo è un abuso ‘maggiore’ e va demolito.


LA SENTENZA E’ SCARICABILE IN ALLEGATO



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