Arghillà, il quartiere-ghetto di Reggio diventato “deposito” di armi per i clan e «crocevia per la ricettazione»

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REGGIO CALABRIA L’ultima, in ordine temporale, è stata l’operazione che ha portato i carabinieri a recuperare e restituire ai legittimi proprietari 15 auto rubate, nascoste all’interno di garage delle palazzine popolari. Il quartiere – hanno fatto sapere nella nota del Comando provinciale – era diventato un crocevia per la ricettazione. Ma non solo: un arsenale fatto da armi da guerra e materiale esplosivo. E ancora: sostanze stupefacenti di ogni tipo. È quello che hanno trovato e posto sotto sequestro i carabinieri nel corso di operazioni effettuate nei giorni scorsi ad Arghillà, quartiere a nord di Reggio Calabria. Una situazione, quella vissuta dagli abitanti del quartiere reggino, difficile, tra criminalità e le tante emergenze segnalate che preoccupano sempre di più anche alla luce di episodi sempre più frequenti e legami con la ‘ndrangheta. 

L’arsenale scoperto in un edificio

Un normale controllo del territorio dei Carabinieri della Stazione di Catona, infatti, ha portato alla scoperta dell’arsenale composto da armi ed esplosivo, rinvenuto in un immobile del quartiere, occultato dietro un muro nell’ultimo piano dell’edificio. Una scoperta che i militari hanno definito «un colpo inferto alla criminalità organizzata». All’interno di quattro barili i militari hanno trovato armi da guerra, munizioni e materiale esplosivo. Il contenuto sigillato includeva fucili di varia tipologia, pistole di diversi calibri, munizioni da guerra, panetti di tritolo, alcuni dei quali con detonatori già innescati. Inoltre, sono stati rinvenuti numerosi componenti elettronici, utilizzabili per la realizzazione di ordigni esplosivi telecomandati o a tempo. Materialmente altamente pericoloso, tanto da richiedere l’intervento degli artificieri durato diverse ore. 

L’emergenza

E poi, distese di rifiuti in fiamme per le strade, grosse perdite d’acqua che si protraggono per giorni, danneggiamenti alle auto parcheggiate. È un continuo di segnalazioni da parte dei residenti di uno dei quartieri più problematici di Reggio Calabria. 

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Gli abitanti del quartiere sono arrivati anche a temere per la propria salute alla luce della scoperta della presenza di amianto tra i rifiuti in fiamme. «Il nostro grido non lo ascolta nessuno, questa è una battaglia per la nostra vita e per la nostra salute. Ad Arghillà si vive nella paura, nell’omertà e nel silenzio», hanno denunciato i membri del Gruppo Civico “Noi Siamo Arghillà – La Rinascita”.

protesta abitanti arghillà

Una situazione esplosiva che ha da subito attirato l’attenzione del prefetto Clara Vaccaro, che sin dalle prime settimane dopo il suo insediamento aveva chiesto un incontro al sindaco Giuseppe Falcomatà. È «un quartiere paesaggisticamente bellissimo della nostra città che però presenta un contesto di criminalità e di degrado diffuso che si protrae da anni e inizia da quando si è deciso di spostare il problema della degli alloggi popolari delle famiglie Rom, dall’ex Caserma 208 al quartiere di Modenelle in Arghillà», aveva spiegato in una nota il primo cittadino reggino. La vista – effettivamente dal punto di vista paesaggistico – è una delle più suggestive che da Reggio Calabria si affaccia sullo Stretto di Messina. Una posizione strategica che ha fatto guadagnare al quartiere a nord della Città la denominazione di “balcone sullo Stretto”, ma per Arghillà la valorizzazione della bellezza paesaggistica appare un miraggio alla luce dei tanti problemi da affrontare e risolvere. 

Il quartiere-ghetto

Falcomatà aveva posto l’accento sulla necessità di eliminare quella che ha definito “cortina di ferro” «costituita dagli alloggi popolari occupato abusivamente». «Tra i nostri obiettivi – aveva assicurato il primo cittadino – vi sono una serie di interventi in parte già in atto, penso ai 20 milioni di finanziamento del Pinqua. Sono tutte opere che vanno realizzate consentendo l’eliminazione di quella “cortina di ferro” che oggi è costituita dagli alloggi popolari occupati abusivamente. In questo caso si tratta di una questione che va affrontata redistribuendo tutte le famiglie sul territorio e non ghettizzandoli in un quartiere della città».
«Sul ghetto di Arghillà nord si continua a seguire la  strada più sbagliata», puntualizza l’associazione “Un Mondo di Mondi” secondo cui «una parte degli enti impegnati nel quartiere continua a diffondere l’idea errata e discriminante secondo la quale la “colpa” dei gravi problemi del quartiere sarebbe della comunità rom e per questo si invoca anche la “militarizzazione” del quartiere.  Ma nessuno di questi enti ricorda che il ghetto di Arghillà, che emargina i suoi abitanti sistematicamente, è stato realizzato e mantenuto in vita dal Comune, dall’Aterp e da loro stessi; mentre  la comunità rom è una delle vittime di questa gravissima operazione. Tanto meno questi enti ammettono che negli ultimi 25 anni con il fantomatico obiettivo della “rigenerazione urbana del ghetto” sono stati realizzati ad Arghillà progetti per molte decine di milioni di euro che non hanno risolto per niente il problema, ma hanno mantenuto il ghetto peggiorando la situazione».  E ancora, secondo l’associazione «i progetti sono stati e sono tuttora dei palliativi che hanno affrontato solo gli effetti del ghetto  e non la sua causa e quindi i soli risultati ottenuti sono stati temporanei ed effimeri. Mentre con le decine di milioni di euro utilizzati per realizzare i  progetti  si sarebbe potuto eliminare il ghetto più volte».  

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