«Con un pieno di scarti vegetali facciamo viaggiare le vostre auto»- Corriere.it

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 


Corringham (Inghilterra) — Occhialoni, tuta ignifuga, casco e scarpe antinfortunistiche, via tutto ciò che può diventare un innesco, smartphone compreso: siamo pronti a varcare i cancelli della Coryton Fuels, nell’Essex, scortati da una volpe che non ci perde d’occhio. A portarci nella campagna inglese è qualcosa accaduto in autunno sulle Dolomiti: due atleti paraolimpici hanno portato a termine la Stella Alpina, una gara per auto storiche organizzata dall’Asi. Tra le mani il volante di una Lancia Fulvia d’antan e nel serbatoio una miscela innovativa, delicata coi veicoli e soprattutto con l’ambiente che arriva dalla Gran Bretagna. Così, alcuni mesi dopo, risaliamo l’Europa per scoprire dove e come si studia e si realizza l’elisir di lunga vita per il motore a scoppio: il biocarburante, che mima il dna della benzina a partire dalle piante. Un modo, auspicano i sostenitori — come Re Carlo che alimenta la sua Aston Martin con vino e formaggio della tenuta in Cornovaglia — per poter continuare a usare le nostre «vecchie» auto oltre il fatidico 2035, anno in cui l’Unione Europea vorrebbe l’abolizione del motore a scoppio. Deadline ancora più stretta per l’Inghilterra del dopo-Brexit, dove lo switch-off è fissato al 2030. E quindi qui si corre veloce per trovare alternative all’elettrico.

Può essere aggiunto alla benzina tradizionale

Come quelle proposte dalla Coryton che, fondata nel 2010, sorge dove c’era una raffineria della Mobil prima, della Bp poi. E dove ogni giorno arrivano grandi quantità di biobenzina, realizzata con bioetanolo. Qui viene miscelata con additivi tecnologicamente avanzati che evitano la deposizione di filamenti per diventare Sustain, un carburante con diversi gradi di sostenibilità (dal 33 al 100 %) e «così puro — spiega il brand manager Suresh Nahar —, che può essere aggiunto nel serbatoio alla benzina tradizionale».

Lo stabilimento — dove ci sono 59 persone, nessun rumore e un odore dolciastro — è composto da qualche laboratorio e da una distesa di cisterne di varie misure, dove il carburante, dopo essere stato miscelato, viene lasciato decantare per un tempo e a una temperatura molto precisi. Come un whisky pregiato. Di tanto in tanto, con una sonda, i tecnici ne controllano lo stato. Una volta raggiunta la perfezione, viene spedito ovunque venga richiesto.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

L’energia arriva dagli scarti

«La biomassa per fare il bioetanolo è ottenuta dall’agricoltura, dall’allevamento e dall’industria alimentare —, spiega, dopo il tour e la nostra «svestizione», l’amministratore delegato Andrew Willson dall’alto di uno sgabello modellato da un bidone di latta —. Sono tutti scarti che provengono dalle varie attività del Gruppo: dalle panetterie dell’Ucraina, dalle foreste della Polonia, dalle fattorie della Svezia». Infatti, nel 2022 Coryton è stata acquistata da una cooperativa di 19 mila agricoltori svedesi, la Lantmännen Aspen che — grazie a una intelligente economia circolare — invia i propri rifiuti e residui alle aziende che fabbricano bioetanolo. Guadagnando due volte. «Tutto quello che contiene zucchero e, quindi, può fermentare è utile al processo». Ed ecco spiegato l’odore dolce. Inoltre, a differenza di altre tecnologie green — come elettrico o idrogeno — non richiede nuove infrastrutture, né per il trasporto né per il rifornimento: si va alla pompa come siamo abituati da un secolo. E non c’è bisogno di cambiare macchina.

Auto d’epoca e motorsport

Ma ce n’è per tutti? «Oggi è una produzione di nicchia — continua Willson —. Perché è molto costosa, in quanto lo sono i componenti. E questo si riflette alla pompa dove in media costa il triplo di quella tradizionale. Ma, se si trovasse l’appoggio istituzionale, si attrarrebbero investimenti, si innescherebbero economie di scala e il pareggio si raggiungerebbe in 3-5 anni. Se tutti gli scarti vegetali d’Europa venissero utilizzati per fare biocarburanti, ci sarebbe energia per rifornire tutto il parco auto circolante». Questo sarebbe l’obiettivo finale. Ma per ora si sperimenta sulle auto d’epoca e nel mondo delle corse. Inoltre, c’è la biobenzina on-demand: «Riforniamo le Case automobilistiche quando hanno bisogno di miscele speciali, anche per risolvere problemi tecnici dei loro motori». A Coryton si sono realizzate 30 mila formule e possono essere prodotti fino a 15 milioni di litri all’anno.

I test, in laboratorio e in pista

Davvero si inquina meno? Giriamo la domanda a Francesco Di Lauro, presidente di Asi Green, che ha testato, sia in laboratorio sia utilizzando una magnifica Lancia Stratos gialla, il carburante made in England. «Non solo risultano ridotte le emissioni di anidride carbonica, ma anche quelle di particolato e altri inquinanti. In pista poi si è verificato su 700 chilometri che performance e consumi erano pari a quelli coperti con benzina tradizionale. Risultati oltre le aspettative». Come quelli ottenuti alla Dakar del 2023 e ‘24, dove le auto che bevevano Sustain sono state tra le più veloci nella maratona del deserto. Inquinando l’80 per cento in meno degli avversari. «Il Motorsport è sempre più green —, aggiunge Willson. Nel 2026 toccherà alla Formula 1 convertirsi al «veganesimo» —: Tutte le monoposto dovranno usare carburanti 100 per cento bio. E allora le cose potranno davvero prendere un’accelerata».

10 febbraio 2025 (modifica il 10 febbraio 2025 | 11:16)



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Contabilità

Buste paga

 

Source link