L’Antitrust ha aperto un’istruttoria su Poltronesofà per pratica commerciale scorretta, ma c’è anche un’ inchiesta del Salvagente che mette in discussione non tanto le strategie di marketing dell’azienda quanto l’etica della sua filiera produttiva
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti di Poltronesofà S.p.A. per pratica commerciale scorretta. La società è accusata di non indicare correttamente i prezzi e gli sconti pubblicizzati nelle sue campagne promozionali, diffuse attraverso televisione, radio, social media e internet.
L’Antitrust punta il dito sulle promozioni a effetto, quelle che ti fanno credere di star facendo l’affare del secolo: l’azienda giocherebbe un po’ troppo con gli sconti, calcolandoli su prezzi di listino che, nella realtà, nessuno avrebbe mai pagato. L’Autorità nel suo comunicato scrive:
In tal modo Poltronesofà indurrebbe il consumatore ad acquistare i divani in promozione e ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso.
Il consumatore corre il rischio di andare a comprare il divano “entro domenica” convinto che lunedì il prezzo tornerà alle stelle. Peccato che, puntualmente, l’offerta si rinnovi.
Per vederci chiaro, i funzionari dell’AGCM, con l’aiuto del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno già fatto visita alla sede dell’azienda per raccogliere prove e documenti.
La filiera produttiva: artigianalità o catena di montaggio?
Il Salvagente, già nel 2023, aveva sollevato qualche dubbio sull’azienda e in particolare sulla reale artigianalità dei prodotti Poltronesofà e sulle condizioni di lavoro dei suoi fornitori.
Sebbene il marchio si presenti come il tempio degli “artigiani della qualità”, in realtà l’azienda non produce direttamente i divani, ma si affida a una rete di subappaltatori. Tra questi, piccoli laboratori nell’area di Forlì, spesso gestiti da imprenditori cinesi. Secondo Antonella Arfelli della Fillea Cgil, il controllo sulle condizioni di lavoro non sarebbe proprio il massimo. Tradotto: turni massacranti e stipendi da fame.
A rincarare la dose, un’inchiesta della televisione svizzera RSI che ha documentato lavoratori impiegati per ore e ore in stabilimenti che producono divani per il brand. E non è finita: nel 2023, i controlli delle autorità italiane hanno portato a sanzioni per oltre 120.000 euro per violazioni legate alla sicurezza sul lavoro e alla regolarità delle assunzioni.
“Made in Italy”, ma non troppo
Altro tasto dolente: il “Made in Italy” tanto sbandierato nelle pubblicità.
Poltronesofà dichiara che il 67% della produzione avviene in Italia, abbastanza per poter apporre la preziosa etichetta, ma non è un mistero che una buona fetta della lavorazione avvenga in Romania. Forse per evitare fraintendimenti, l’azienda ha recentemente ritoccato la sua comunicazione pubblicitaria, eliminando frasi come “rigorosamente prodotto in Italia”.
La replica di Poltronesofà
Poltronesofà ha risposto alle accuse sottolineando che tutti i suoi fornitori diretti sono di proprietà italiana e che gli accordi contrattuali prevedono il rispetto delle normative sul lavoro.
Così ha dichiarato al Salvagente:
Tutte le società che agiscono come nostri fornitori diretti sono di proprietà di titolari italiani, i quali si occupano direttamente della gestione delle attività connesse alla fornitura. Nell’ambito della loro libertà imprenditoriale, non possiamo escludere che alcuni di essi affidino qualche fase produttiva, specifica e limitata, ad aziende del distretto con titolari non italiani.
La società ha affermato di effettuare visite periodiche presso i siti produttivi per verificare la qualità dei prodotti e la conformità alle specifiche tecniche, senza però specificare nulla sui controlli delle condizioni di lavoro.
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Fonti: Antitrust/Il Salvagente
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