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La recente protesta inscenata a Bari da un gruppo di docenti di sostegno ha riacceso il dibattito sulle abilitazioni all’insegnamento conseguite all’estero. Il flash mob, caratterizzato da un gesto forte e simbolico – inginocchiarsi davanti a una chiesa – ha diviso l’opinione pubblica e il mondo scolastico. Da un lato, la disperazione di chi ha seguito un lungo percorso di formazione in Italia senza garanzie occupazionali; dall’altro, il rischio che una protesta così impostata possa risultare divisiva e controproducente.

Il problema delle abilitazioni e la frustrazione dei docenti TFA

La situazione dei docenti italiani, in particolare quelli che hanno completato il Tirocinio Formativo Attivo (TFA), resta complessa. Molti di loro hanno investito tempo, denaro e risorse in un percorso selettivo e impegnativo per ottenere l’abilitazione all’insegnamento. Tuttavia, il riconoscimento di titoli esteri ha creato una percezione di disparità, alimentando tensioni tra chi ha scelto di formarsi in Italia e chi, per necessità o strategia, ha optato per un titolo conseguito in un altro paese dell’Unione Europea.

Una protesta che rischia di spaccare il mondo della scuola

Se da un lato è legittimo il desiderio di vedere valorizzati i propri sforzi, dall’altro la scelta di inginocchiarsi e pregare contro i colleghi con titoli esteri rischia di alimentare una frattura interna tra insegnanti che, in fondo, condividono lo stesso obiettivo: formare le nuove generazioni. La questione delle abilitazioni è senza dubbio complessa, ma va affrontata con proposte costruttive e non con manifestazioni che possono essere percepite come discriminatorie.

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I docenti che hanno scelto il percorso estero non lo hanno fatto per “soppiantare” i colleghi italiani, bensì spesso per necessità, affrontando sacrifici economici e logistici. Frequentare i corsi abilitanti in Italia è infatti problematico per molteplici ragioni, tra cui costi elevati, limitata disponibilità di posti e lunghe attese burocratiche.

Il riconoscimento dei titoli esteri: un percorso da migliorare

Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha recentemente proposto un percorso di regolamentazione per i titoli esteri, un’iniziativa che potrebbe rappresentare un’opportunità per integrare e armonizzare le diverse esperienze professionali. Invece di opporsi a questa proposta, sarebbe più produttivo partecipare attivamente al dibattito per definire criteri equi e trasparenti di valutazione delle competenze.

Verso una scuola più inclusiva e meritocratica

Per garantire un sistema educativo di qualità, è essenziale valutare i docenti sulla base delle loro competenze e della loro preparazione, indipendentemente dal percorso seguito. Creare un clima di scontro tra insegnanti non giova a nessuno, men che meno agli studenti, che meritano docenti motivati e preparati.

L’auspicio è che il confronto si sposti dal piano della protesta simbolica a quello del dialogo costruttivo, con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise che tutelino il merito e l’equità, evitando al contempo di trasformare la scuola in un campo di battaglia. Solo attraverso il confronto e la collaborazione si potrà costruire un sistema educativo più equo, trasparente e meritocratico, che valorizzi le competenze di tutti i docenti, a prescindere dal luogo di conseguimento del titolo.

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