Il leader della Lega definisce la rottamazione «un’emergenza nazionale». Cresce la tensione con gli alleati: per Fratelli d’Italia la misura ha un costo elevato. Così nel Milleproroghe viene infilato un emendamento ad hoc per la riapertura della rottamazione quater
Matteo Salvini ha definito «la pace fiscale», alias l’ennesimo condono, «un’emergenza nazionale». Parole altisonanti che svelano un problema politico: l’unica vera emergenza sta diventando il rapporto con gli alleati, in primis i Fratelli d’Italia guidati dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Dietro le promesse di amore eterno, o quantomeno fino alla fine della legislatura, le tensioni a destra si moltiplicano.
Il leader della Lega ha convocato il consiglio federale del partito all’urlo di «rottamazione delle cartelle». Tornerà dal viaggio in Israele, dove ieri ha incontrato Benjamin Netanyahu, con questo obiettivo. Una sanatoria totale, che però si scontra con un problema di conti: dal Mef si parla di almeno 5 miliardi di euro che sparirebbero dai conti pubblici, cancellando sanzioni e interessi.
Nell’immediato sarebbe un salasso, che scoraggia il viceministro Maurizio Leo, pretoriano di Giorgia Meloni al Mef. Nella Lega c’è chi contesta la stima di 5 miliardi di euro: «Troppo alta». E allora qual è il costo? «Di meno. Ma stiamo facendo i conti», sentenziano i fedelissimi del vicepremier.
E in questo scontro su più fronti, FdI chiama in causa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. «Sarebbe interessante conoscere dal ministro Giorgetti la fattibilità in termini di coperture per varare una rottamazione o, comunque, una definizione agevolata», ha detto Saverio Congedo, capogruppo dei meloniani in commissione Finanze alla Camera.
Qui subentra il terzo attore di governo, Forza Italia. Il partito di Antonio Tajani è favorevole all’ennesima forma di sanatoria, ma prima vuole destinare qualsiasi risorsa economica verso una bandiera che si sta ammainando: la riduzione delle tasse al ceto medio, abbattendo il secondo scaglione dell’Irpef (dal 35 al 33 per cento) per i redditi fino a 50mila euro. Il via libera alla rottamazione sarebbe l’implicito rinvio, o addirittura l’affossamento, dell’intervento sull’Irpef. A favore delle richieste salviniane.
Caos Milleproroghe
Gli effetti dei malumori si scaricano sul decreto Milleproroghe, in esame al Senato. Già nei giorni scorsi la sottosegretaria ai Rapporti con il parlamento, Matilde Siracusano, aveva evidenziato il pericolo di ritardi: «L’istruttoria potrebbe avvenire in tempi eccessivamente ristretti».
Tra vari stop&go sono state sconvocate sedute della commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, fino a mettere in calendario le votazioni serali. Un bis, in scala ridotta, di quanto avvenuto sulla manovra. In materia di rottamazione, però, ha vinto la linea di Leo con un emendamento – firmato dai relatori di maggioranza – per riaprire solo la rottamazione quater. Chi ha perso il beneficio (perché non ha pagato sei rate consecutive) potrà riallacciarsi al treno dei pagamenti.
Un intervento che avrà un effetto limitato sui conti, da 127 milioni in totale, che mostra tuttavia l’inefficacia dei condoni in serie: più se ne fanno e meno sono tangibili i risultati. Per definizione si preferisce aspettare la sanatoria successiva nell’auspicio che sia più conveniente.
L’emendamento è pure l’ennesimo schiaffo al parlamento. «Dopo tre settimane che non rispondono sui nostri segnalati, i relatori si presentano con temi come questo. Vuol dire che vogliono far saltare il banco. Una vergogna», accusa il senatore del Pd, Daniele Manca, contestando il modus operandi della destra.
Salvini per Malagò
A ingarbugliare il quadro c’è anche l’endorsement di Salvini al presidente del Coni, Giovanni Malagò. «È giusto che arrivi ad accompagnare le Olimpiadi, fino alla conclusione dei Giochi in primavera 2026», ha detto. Un affronto al collega di governo, il ministro (meloniano) dello Sport, Andrea Abodi, che più volte ha dichiarato la contrarietà a una norma ad hoc per Malagò.
Ma ancora di più Salvini ha fatto uno sgarbo a Giorgetti, che storicamente non ha un buon rapporto con l’attuale numero uno del Coni. Non a caso con Sport e salute, la società creata quando aveva la delega allo Sport, ha svuotato «la cassaforte» del Comitato olimpico. Ora il leader del suo partito benedice la proroga. Da realizzare, peraltro, in tempi stretti: a giugno il Coni deve rinnovare i vertici.
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