Un Patto per l’Italia sostenibile (anche) per arginare i nazionalismi

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Martedì 4 febbraio è stato presentato a Roma, con gli autori e i rappresentanti di Confindustria, Lega Coop e Cgil, Cisl, Uil, il Quaderno ASviS dal titolo Il diritto del lavoro e il ruolo della contrattazione collettiva per lo sviluppo sostenibile. Sul Diario del Lavoro Nunzia Penelope ha ben sintetizzato quelle 2 ore di discussione seguite da più di 100.00 persone: le proposte di ASviS, le opinioni dei diretti interessati. Più interlocutorie che costruttive, a essere sinceri.

Eppure, se si parte dalle patologie italiane ormai croniche e dalle transizioni epocali in corso (al netto dalle emergenze internazionali), non sembra ci siano molte alternative all’idea di ASviS che sia urgente aprire un “tavolo triangolare” con istituzioni di governo, imprese e sindacati per condividere politiche capaci di aumentare la sostenibilità ecologica, sociale, economica del’attuale modello di sviluppo.

In estrema sintesi, in Italia da decenni siamo in presenza di una stagnazione economica che poggia su bassa produttività e minori retribuzioni rispetto a quasi tutti gli altri Paesi europei: la recessione tedesca in atto potrebbe peggiorare le aspettative sulle dinamiche italiane. In più, la media nazionale statistica è caratterizzata dall’insieme di dati molti diversi fra loro: quelli delle aree del Nord e quelli delle aree del Mezzogiorno. Ciò che invece sembra omologare negativamente i territori è il gravissimo e insopportabile ripetersi degli incidenti e delle morti sul lavoro.

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Non va dimenticato che questa situazione produce la fuga di migliaia di giovani italiani che emigrano in altri Paesi europei alla ricerca di un lavoro più corrispondente (per qualità e retribuzione) alle loro competenze.

Le transizioni in corso (climatica, tecnologica, ambientale) richiedono politiche settoriali e orizzontali che riducano gli impatti della produzione sul clima e la salute da un lato, i conseguenti rischi idrogeologici dall’altro. E scelte che aumentino il controllo degli effetti della digitalizzazione e dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro.

Chi individua le scelte necessarie a un aumento della sostenibilità e le avvia concretamente nel Paese? Non sembra che la politica (a destra e anche a sinistra) sia convinta della necessità di agire subito su questi temi per garantire una maggiore sostenibilità del sistema economico e sociale. E ridurre le emergenze con la prevenzione.

Fortunatamente, il sistema contrattuale italiano ha prodotto, come richiamato dal Quaderno ASviS, seppure in maniera non omogenea, importanti innovazioni sia in alcuni contratti nazionali che in alcuni accordi aziendali. I contratti e gli accordi dimostrano che non esiste una contrapposizione tra l’idea di sviluppo e gli obiettivi della sostenibilità ma che proprio la loro combinazione può dar vita a nuove e migliori aspettative dei mercati, degli investimenti e dei consumi. È evidente allora che si debba partire da qui: da ciò che si sta sperimentando, con l’idea di estenderlo all’intero sistema delle relazioni sindacali (e politiche).

Un criterio teorico (o d’altri tempi) consiglierebbe di sperimentare un nuovo modello “concertativo” ove i diversi punti di vista delle parti sociali e politiche si confrontino su alcune priorità nazionali e concordino una coerenza di comportamento per tutti: politico, legislativo, economico e sindacale.

Ma è davvero difficile immaginare (dato l’altrove in cui orbitano la politica del Governo e le critiche dell’opposizione) che si possa a breve aprire davvero questa esperienza di nuova concertazione.

Ecco perché alla presentazione del 4 a Roma è emersa con nettezza una proposta propedeutica. Se non è realistico pensare a un tavolo a 3, si può dar vita a un “Patto per l’Italia Sostenibile” fra imprese e sindacati in cui, tra gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, vengano concordate le priorità e condivisi comportamenti coerenti nell’attività produttiva e di lavoro da avviare nel sistema contrattuale di primo e secondo livello. In attesa che la politica si svegli e recuperi la cultura della sostenibilità sia a livello nazionale che europeo.

Se vogliamo applicare l’Agenda 2030, non c’è molto tempo da aspettare. Anzi, siamo già in ritardo. Se non lo facciamo subito prenderanno il sopravvento le politiche nazionaliste (non solo trumpiane) di rifiuto dell’Agenda e di fuoriuscita dagli organismi multinazionali di indirizzo e controllo.

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Gaetano Sateriale



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