A Palermo maxi blitz antimafia: 183 arresti tra gli uomini dei clan

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Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo

Dalle prime luci dell’alba i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo stanno conducendo una vasta operazione antimafia in esecuzione di 183 provvedimenti restrittivi disposti dal GIP del Tribunale di Palermo e dalla Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura della Repubblica. Gli arresti sonoi stati effettuati sulla base di sette provvedimenti, si tratta di cinque ordinanze di custodia cautelare e di due fermi che portano la firma del procuratore capo Maurizio de Lucia, dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dal pool antimafia.

Complessivamente sono impegnati – con la copertura aerea di un elicottero del 9° Elinucleo di Palermo, 1.200 Carabinieri circa dei Comandi Provinciali della Sicilia, del Reparto Anticrimine del ROS di Palermo, con il supporto dei “baschi rossi” dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia, del 12° Reggimento “Sicilia”, del 14° Battaglione “Calabria” nonché di altre componenti specializzate dell’Arma.

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L’operazione, che ha interessato anche altre città italiane, è volta a disarticolare i mandamenti mafiosi della città di Palermo e provincia, in particolare quelli di “Porta Nuova”, “Pagliarelli”, “Tommaso Natale – San Lorenzo“, “Santa Maria del Gesù” e “Bagheria”. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo, ed altro.

Protagonisti dell’ultima riorganizzazione magiosa ancora una volta sono stati i boss scarcerati dopo lunghi periodi trascorsi in carcere, che però non hanno isolato capiclan di livello, che non appena tornati in libertà hanno subito ripreso le loro attività mafiose . Questi, i nomi più importanti finiti in manette questa notte: Cristian Cinà (capo della famiglia di “Borgo Vecchio“) Tommaso Lo Presti (al vertice del mandamento di “Porta Nuova”), Guglielmo Rubino (reggente del mandamento di “Santa Maria di Gesù”), Nunzio Serio (reggente del mandamento di “Tommaso Natale“.

I boss si sono fatti più prudenti, utilizzano i criptofonini per i loro summit e per le comunicazioni con il carcere. I carabinieri hanno scoperto la chat criptata grazie alle microspie piazzate nelle abitazioni e nelle auto dei capimafia: quando scrivevano, infatti, dicevano a voce alta il contenuto della conversazione segreta. La chat purtroppo resta ancora impenetrabile, in quanto il sistema di criptazione non è stato ancora “bucato”. Gli investigatori dell’Arma ne hanno scoperto l’esistenza seguendo il reggente di Tommaso Natale Nunzio Serio e il suo fidato Francesco Stagno. C’era stato un problema nel funzionamento della chat, e i boss ne stavano impostando un’altra. Così quel giorno citarono gli altri partecipanti della chat nella quale discutevano dei lucrosi affari di droga in arrivo dalla Calabria, non soltanto Cinà, Lo Presti e Rubino, ma anche un trafficante calabrese, ed altri ancora in corso di identificazione. Nella chat il mafioso Serio aspettava un carico di droga in arrivo dal porto di Gioia Tauro.

Dall’indagine emerge un’attività di imposizione del pizzo a tappeto: uno dei capimafia scarcerati imponeva i suoi prodotti ittici ai ristoranti delle borgate marinare di Sferracavallo Mondello. Altri clan si lanciavano nel settore delle scommesse on line grazie alla complicità di insospettabili imprenditori. Emerge sempre di più una mafia “imprenditore” che si infiltra senza problemi nel tessuto economico e sociale con lo scopo di assicurare anche la protezione a commercianti e imprenditori amici. In un caso un ladro venne pestato a sangue probabilmente su richiesta di qualcuno che chiedeva di essere vendicato. Solo che non si rivolse alle forze dell’ordine, preferì rivolgersi ai boss mafiosi, ed è questo il vero segnale drammatico che porta alla luce la voglia di mafia che attraversa ancora pezzi della società siciliana. L’inchiesta ha svelato che un boss, il capomafia di Porta Nuova Calogero Lo Presti, avrebbe addirittura commissionato IL pestaggio attraverso il cellulare criptato assistendo poi all’agguato in video-chiamata.

Decine di parenti degli arrestati davanti alla caserma dei carabinieri

Davanti alla caserma Giacinto Carini, sede del comando provinciale dei carabinieri di Palermo, sono presenti decine di parenti dei 183 arrestati questa notte nell’ultimo blitz antimafia della Dda. All’interno della caserma sono stati portati gli indagati a seguito dell’esecuzione delle ordinanze cautelari e dei fermi. La caserma chiaramente è presidiata senza problemi dai militari dell’Arma.

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Meloni, lo stato c’è e non arretra

“Lo Stato c’è e non arretra”, dice Giorgia Meloni commentando “un’operazione straordinaria dei Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo“. “Un risultato che conferma l‘impegno incessante dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata“, ribadisce la presidente Consiglio segnalando che “le intercettazioni lo dicono chiaramente, ‘l’Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare’, ammetteva uno degli arrestati. Un segnale chiaro: la criminalità organizzata è alle strette, la lotta alla mafia non si ferma e non si fermerà“. “Grazie ai Carabinieri del Nucleo Investigativo e a tutte le forze dell’ordine che ogni giorno difendono la legalità e la sicurezza dei cittadini. La mafia va sconfitta con determinazione e senza alcun compromesso“, conclude la premier Meloni.





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