Con l’ordinanza n. 3317 depositata ieri, la Cassazione mette in evidenza il disallineamento che per quasi un anno ha caratterizzato la disciplina dell’agevolazione prima casa in campo IVA e imposta di registro, sotto il profilo degli immobili ammessi al beneficio.
La premessa della vicenda è costituita dalla (passata) riforma dei trasferimenti immobiliari (art. 10 del DLgs. 23/2011) che ha modificato (tra il resto) i presupposti oggettivi di applicazione dell’agevolazione prima casa: il beneficio (Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86) è, oggi, delimitato “in negativo”, in quanto sono escluse dall’agevolazione le “case di abitazione” classificate catastalmente nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9, mentre la previgente disciplina escludeva le abitazioni aventi le caratteristiche “di lusso” individuate nel DM 2 agosto 1969.
Si è, quindi, passati da un criterio:
– legato alle specifiche caratteristiche degli immobili, che ha generato non poco contenzioso (di cui – come testimonia anche la pronuncia in commento – ancor oggi si vedono le propaggini, in particolare per quanto concerne l’art. 6 del DM 2 agosto 1969 che richiedeva di accertare la “superficie utile”);
– oggettivo, legato alla classificazione catastale: il beneficio può applicarsi solo agli immobili classificati o classificabili nelle categoria catastali A/2, A/3, A/4, A/5, A/6, A/7, A/11 (cfr. la circ. Agenzia delle Entrate 21 febbraio 2014 n. 2, § 1.3).
Tuttavia, la riforma operata dall’art. 10 del DLgs. 23/2011, entrata in vigore il 1° gennaio 2014, ha avuto (inizialmente) effetti limitatamente all’imposta di registro. In un primo momento, infatti, non è stato modificato anche il n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, che continuava a fare riferimento alle “case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ancorché non ultimate” (si veda “«Doppio binario» per la prima casa” dell’11 gennaio 2014).
Solo successivamente, l’art. 33 del DLgs. 175/2014, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, rubricato “Allineamento definizione prima casa IVA – registro”, ha rimediato al problema, inserendo, anche nel n. 21 della Tabella A, il riferimento agli immobili diversi da quelli “di categoria catastale A1, A8 e A9”.
Il caso oggetto dell’ordinanza n. 3317/2025 riguarda un atto di compravendita immobiliare stipulato il 17 marzo 2014, imponibile ad IVA, avente ad oggetto un immobile:
– di “superficie utile” superiore a 240 mq e quindi “di lusso” ai sensi dell’art. 6 del DM 2 agosto 1969 (in quanto, come illustrato dalla Corte di Cassazione, ai sensi della citata norma la “superficie utile” non si identifica con la “superficie abitabile”, comprendendo quindi, anche muri perimetrali e divisori);
– classificato in categoria catastale diversa da A/1, A/8 o A/9.
Il contribuente riteneva che non potesse applicarsi alla compravendita la “vecchia” disciplina recata dal DM 2 agosto 1969, essendo ormai superata dal legislatore.
La Cassazione, dopo aver ricostruito l’evoluzione normativa dell’agevolazione rifiuta la tesi del contribuente.
Rilevano, infatti, i giudici di legittimità, come il legislatore, allo scopo di “eliminare l’aleatorietà in concreto determinatasi in sede di applicazione giurisprudenziale dell’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969 circa le caratteristiche «non di lusso» degli immobili ammessi al beneficio ha per così dire «oggettivizzato» il criterio di valutazione della lussuosità/non lussuosità ancorandolo alla mera classificazione catastale del bene”.
Tuttavia, i nuovi parametri sono entrati in vigore “inequivocabilmente”:
– ai fini dell’imposta di registro, il 1° gennaio 2014;
– ai fini IVA, dal 13 dicembre 2014.
Non avendo il legislatore previsto una retrodatazione degli effetti dell’art. 33 del DLgs. 175/2014, il suo disposto è entrato in vigore, dopo la vacatio legis, solo dal 13 dicembre 2014: la novità dettata dall’art. 33 citato, concernente la fruizione dell’aliquota IVA agevolata per la “prima casa”, è riferibile ratione temporis ai soli acquisti perfezionatisi in epoca successiva al 13 dicembre 2014.
Prima di questa data non poteva quindi ritenersi operante alcun “criterio oggettivo” per l’individuazione delle abitazioni ammesse al beneficio, al di fuori dell’ambito di applicazione dell’imposta di registro.
Infine – ricorda la pronuncia, riprendendo un orientamento ormai consolidato dopo la sentenza delle Sezioni Unite 27 aprile 2022 n. 13145 – la modifica normativa in parola non ha determinato un’ipotesi di abolitio criminis, sicché restano applicabili le sanzioni per decadenza da “mendacio” sulla natura dell’immobile, agli atti anteriori all’entrata in vigore della novella (si veda “Favor rei «ristretto» in ambito tributario” del 28 aprile 2022).
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link