Crisi Toscana, crolla la produzione: ci tengono a galla l’export e il Pnrr

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di Silvia Ognibene

Nel rapporto Irpet l’allarme per industria e manifattura. Regge il turismo estero, timore per i dazi

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Qualche segno più non deve trarre in inganno, l’economia toscana se la passa tutt’altro che bene. Tanto che, senza l’effetto del Pnrr, saremmo tecnicamente in recessione. E difficilmente si potranno trovare le risorse per eliminare l’addizionale regionale sull’Irpef. Pesa il contesto internazionale; pesa la crisi della manifattura; pesano i consumi interni stagnanti. Preoccupa l’arretramento della produzione: nel 2024 si sono persi quattro punti percentuali di produttività che raggiungono la doppia cifra se si restringe il campo al solo settore del tessile–moda.

Reggono il turismo, quello straniero, e le esportazioni che però sono trainate al rialzo dalla gioielleria aretina: qui i dati sono «drogati» dai picchi del valore dell’oro e dalla scelta della Turchia di avvantaggiare fiscalmente le importazioni dei prodotti finiti. 




















































L’occupazione è in terreno positivo, ma il rapporto Irpet sull’economia presentato  a Palazzo Strozzi Sacrati non misura la qualità del lavoro. Le stime indicano per la Toscana un Pil ancora in aumento per il 2024 (0,6%) e per il 2025 (0,8%), leggermente più alto rispetto al dato nazionale, grazie alla spinta dei progetti del Pnrr e al recupero di consumi e investimenti privati. Ma, si legge nel rapporto Irpet, «una volta esauriti questi la crescita potrà restare positiva solo con un aumento strutturale della produttività. Per il 2026 si stima un aumento dell’1% ma il ventilato aumento dei dazi Usa, visto il peso delle esportazioni (gli Usa assorbono il 16% dell’export toscano, ndr), potrebbe attenuarlo».

«Concorrono a questo andamento il venir meno dei bonus per le strutturazioni edilizie, il calo degli investimenti in macchinari per l’incertezza del quadro internazionale e anche le difficoltà delle famiglie che ancora non hanno completamente recuperato il potere d’acquisto dopo l’impennata inflazionistica — ha spiegato il direttore di Irpet, Nicola Sciclone — Questo fa sì che sostanzialmente il ciclo economico si riallinei al suo potenziale di crescita, intorno all’1%». 

Tradotto: se non ci fossero le risorse del Pnrr saremmo in recessione.

La produzione industriale cede in tutti i settori: il calo è iniziato nella parte finale del 2022 e proseguito nel 2023 2 e 2024. 

«Il dato toscano — scrive Irpet — segna meno 4,4% come variazione tendenziale nel periodo gennaio–ottobre 2014, più alto di quello nazionale (3,2%) per le difficoltà del comparto moda che ha registrato un meno 11,4%». 

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L’export cresce del 12,1% (a livello nazionale cala dello 0,5%) ma va bene solo per nautica, farmaceutica, agroalimentare e, appunto, gioielleria. Stabili i flussi turistici con le presenze straniere che crescono e quelle italiane che calano. 

Aumenta l’occupazione (più 2,6%) ma con un trend di rallentamento e soprattutto non nella manifattura: crescono soprattutto costruzioni, agricoltura e turismo.

La manovra di bilancio varata dal governo è moderatamente espansiva, il saldo fra impieghi e coperture è positivo per circa 900 milioni di euro, ma «di modesta entità sul Pil (0,2%). Ne beneficiano le famiglie — nota Irpet — che grazie alla riforma dell’Irpef e alla decontribuzione per i lavoratori dipendenti, insieme all’aumento delle spese, ottengono complessivamente circa 1,1 miliardi ovvero 660 euro a famiglia. Il beneficio medio per il contribuente ammonta a 464 euro l’anno. L’aumento di reddito disponibile conseguente all’azione del Governo centrale riguarda un milione e mezzo di famiglie toscane ed equivale a un risparmio medio per famiglia di quasi 800 euro l’anno.

Ma sarà difficile trovare le risorse per togliere l’addizionale regionale Irpef. «Ora è complicato perché abbiamo un finanziamento del fondo sanitario nazionale che cresce meno velocemente del Pil e della dinamica spontanea della spesa sanitaria — dice Sciclone — Questo comporta un allargamento a livello complessivo della forbice tra risorse e bisogno. E significa anche che si scarica più sulle Regioni l’onere dell’equilibrio dei conti e della tenuta del settore sanitario». 

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