LAMEZIA TERME Rapporti sempre più stretti e proficui. Una sinergia diventata sempre più allarmante nel corso degli ultimissimi anni, grazie alle numerose operazioni e ai conseguenti arresti che hanno aperto un varco sempre più profondo sui legami tra le cosche della ‘ndrangheta calabrese e le varie famiglie di Cosa nostra oltre lo Stretto di Messina. Rapporti declinati negli ingenti quantitativi di droga scoperti, intercettati e sequestrati che hanno restituito agli inquirenti la dimensione – seppure parziale – di un business condiviso sempre più ampio e riconosciuto.
Una ricostruzione che trova riscontro con quanto emerso nell’ultima inchiesta della Distrettuale antimafia di Palermo che oggi ha eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti di ben 181 persone. Una operazione massiccia quella eseguita dall’alba di oggi nel cuore di Palermo e nelle periferie, con l’impiego di oltre 1.200 Carabinieri. Un blitz che ha consentito di decapitare, grazie all’indagine dei Carabinieri del nucleo investigativo i mandamenti di Tommaso Natale-San Lorenzo, Porta Nuova, Pagliarelli e Bagheria mentre i militari della sezione anticrimine hanno indagato sul clan di Santa Maria di Gesù. E i nomi sono “eccellenti”. Ci sono Tommaso Lo Presti (cl. ’75) detto “il pacchione”, considerato a capo del mandamento di Porta Nuova, Nunzio Serio (cl. 1977), reggente del mandamento di Tommaso Natale, Guglielmo Rubino, palermitano classe ‘77, reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù e Cristian Cinà (cl. ’88), ritenuto capo della famiglia di Borgo Vecchio.
A conferma di questi rapporti, nella maxinchiesta di oggi è coinvolto anche un calabrese, considerato dagli inquirenti uno dei riferimenti principali di Nunzio Serio nell’importazione di grandi quantità di cocaina e hashish dalla Calabria in Sicilia. Si tratta di Emanuele Cosentino, considerato esponente del clan di ndrangheta Gallico di Palmi. Classe 1988 di Palmi, Cosentino – come sostenuto dai pm della Dda di Palermo – dopo essere stato scarcerato dall’Istituto penitenziario di Parma il 22 ottobre 2023, si sarebbe recato prima a Nizza (il 16 gennaio 2024) e, successivamente, a Barcellona (il 24 gennaio 2024) mentre il 2 dicembre 2023 e il 28 gennaio 2024 Cosentino si sarebbe recato a Palermo. Nel capoluogo siciliano aveva avuto modo di riunirsi con entrambi i fratelli Serio.
Quello di Emanuele Cosentino è un curriculum criminale di tutto rispetto, un «soggetto pericoloso» così come gli inquirenti lo descrivevano qualche anno fa, intenzionato ad emergere e a scalare le gerarchie criminali di Palmi. Al punto da crearsi una fitta rete di contatti e amicizie anche all’estero: Spagna, Francia e soprattutto Germania. È qui che il 2 marzo del 2018 finirà la sua latitanza, con la cattura avvenuta a Saarbrücken, città della Saar, il Land sud-occidentale al confine con la Francia. All’epoca Emanuele Cosentino era ricercato dal 2013 perché condannato in appello a 7 anni di carcere per associazione mafiosa ed estorsione. Insomma, nonostante fosse poco più che trentenne, era già considerato un boss di ‘ndrangheta. A tradirlo furono i rapporti con la famiglia ma soprattutto quelli con la moglie, Laura Nasso. Sarà proprio grazie al monitoraggio delle loro conversazioni che i Carabinieri sono riusciti ad individuare Cosentino ma, soprattutto, la partenza della donna da Palmi in Germania.
Il nome di Emanuele Cosentino salterà fuori per un’altra circostanza, legata questa volta all’omicidio del rampollo della cosca di ‘ndrangheta, Totò Bellocco. C’è anche lui nell’appartamento di Via Genova, sotto intercettazioni dalla Squadra Mobile e della Guardia di Finanza di Milano, insieme ai parenti, Berto Bellocco (fratello di Antonio), la moglie e la figlia e la suocera, Emanuela Gentile. Così come ricostruito dagli inquirenti milanese, infatti, i familiari della vittima, dopo l’omicidio, salgono in Lombardia e, la mattina del 5 settembre, cercano di avere un colloquio nel carcere di Saluzzo con il fratello maggiore di Totò, Domenico Bellocco. A comunicargli la morte di Antonio sarà proprio Emanuele Cosentino. Nella stessa giornata gli inquirenti captano un colloquio tra la suocera di Antonio Bellocco, Emanuela Gentile e Berto a cui la donna chiede «vendetta», di «non rassegnarsi» e, dunque, di reagire. (g.curcio@corrierecal.it)
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