Le donne non sono adatte alle Stem? Creiamo nuovi modelli

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Si dice che le donne non abbiano talento, tempo e temperamento per le materie Stem. Falso. Anche Women in Action aiuta a ribaltare la situazione.

L’11 febbraio 2015 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, per sfatare stereotipi, falsi miti e pregiudizi sulla presunta scarsa attitudine femminile verso le carriere Stem, acronimo di science, technology, engineering and mathematics. È infatti opinione durissima a morire che le donne non abbiano le tre T necessarie per avere successo in questi settori: time, ovvero abbastanza tempo; temper, ovvero il giusto carattere; e talent, cioè l’intelligenza che serve. Insomma, la scienza e la tecnologia sarebbero “roba da maschi”, senza se e senza ma. Eppure, gli esempi di donne che hanno sfatato il mito delle tre T, anche nel nostro Paese, non mancano.

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Amalia Ercoli-Finzi, la prima ingegnera aeronautica d’Italia

Amalia Ercoli-Finzi, nata nel 1937, dimostra sin da bambina la passione l’ingegneria: smonta gli oggetti che trova in casa, in particolare la sua bici, la rimonta, cerca di comprenderne il funzionamento. Dopo il diploma, la famiglia la vorrebbe maestra di matematica, ma lei si impunta, ottiene dal padre il permesso di iscriversi al Politecnico di Milano e nel 1962 diventa la prima donna italiana a laurearsi in Ingegneria aeronautica. Però lei non vuole occuparsi di aerei, ma di spazio: del resto, sono gli anni Sessanta, quelli della corsa alla Luna. Amalia finisce per ricoprire la cattedra di Meccanica orbitale e, grazie al suo enorme talento, per molti anni collabora con l’agenzia spaziale statunitense (Nasa) e con l’agenzia spaziale europea (Esa), partecipando, tra gli altri, al progetto della sonda Rosetta per lo studio della composizione della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko. Ancora oggi, a 88 anni, Ercoli-Finzi continua a collaborare col Politecnico di Milano, studiando le modalità di atterraggio di un equipaggio umano su Marte e le possibilità di realizzazione di un orto botanico sulla Luna.

Tale madre, tale figlia

Nelle interviste, l’ingegnera aerospaziale spiega che il segreto del suo successo risiede in tre metalli: una salute di ferro, nervi d’acciaio per resistere alla pressione di chi vorrebbe vedere le donne fallire, e un marito d’oro “che ti incoraggia”. La scienziata ha trasmesso la sua passione anche all’unica femmina dei suoi cinque figli, Elvina. Classe 1976, si è laureata con lode sia al Politecnico di Milano che alla Scuola nazionale superiore di tecnica avanzata (Ensta) di Parigi e ha conseguito un dottorato in Ingegneria nucleare. Dopo un periodo dedicato alla ricerca applicata, oggi Finzi è senior manager per il più grande produttore di lenti e occhiali al mondo. Tra le attività che madre e figlia condividono, c’è la scrittura di libri divulgativi per stimolare bambine e ragazze a occuparsi di materie Stem. E il loro è un lavoro fondamentale, perché il divario di genere nelle occupazioni scientifiche e tecnologiche è ancora troppo ampio. Lo confermano i numeri.

Il gender gap nelle materie Stem

Secondo l’Osservatorio Deloitte 2024 in Europa solo uno studente su quattro sceglie di intraprendere un percorso di studi nelle materie Stem. E anche se quasi il 55 per cento dell’intera popolazione universitaria del continente è composto da donne, tra gli studenti Stem queste rappresentano appena il 31,9 per cento, meno di un terzo. Se poi si analizzano separatamente i diversi ambiti, il divario si allarga ancora: le ingegnere sono solo il 27 per cento (una studentessa su quattro), mentre nell’ambito Ict – Information and communications technology – le donne sono solo il 20 per cento (una su cinque).

Ma perché capita questo? Per il rapporto europeo Addressing the gender gap in Stem education across educational level dipende anche dalla famiglia e dalla scuola, dove sono ancora forti i bias culturali e gli stereotipi di genere. Per contro, il documento sottolinea come vivere in un contesto familiare o frequentare programmi scolastici che espongono le bambine e le ragazze alle materie tecnico-scientifiche sin dalla più tenera età le aiuta ad avvicinarsi ai percorsi Stem.

Secondo i dati 2024 del nostro ministero dell’Università e della ricerca (Mur), in Italia le percentuali sono di poco più alte della media europea. Le donne che hanno scelto una carriera Stem sono il 39,2 per cento sul totale degli studenti; negli ultimi cinque anni le immatricolazioni di donne alle facoltà scientifico-tecnologiche sono aumentate del 12 per cento. Buone notizie anche per le borse di dottorato Stem assegnate a donne: siamo al 42 per cento, 5 punti in più rispetto alla media europea. Come nel resto del continente, però, i problemi aumentano quando si parla di prospettive di carriera.

Stem, ingegneria
Rispetto al totale dei laureati in ingegneria in Europa, le ingegnere sono solo il 27 per cento. © Pexels

Non c’è spazio per le donne nei lavori Stem

Secondo un report McKinsey, le donne occupano appena il 22 per cento di tutti i posti di lavoro tecnologici nelle aziende europee. Per Deloitte invece le discriminazioni sul posto di lavoro hanno colpito almeno la metà delle giovani lavoratrici Stem (nelle professioni non-Stem si scende a poco più di un terzo). Il gender gap che riguarda anche il salario – più basso per le donne – a parità di mansioni. La metà delle aziende lo riconosce, ma 7 su 10 pensano che sia lo Stato a dover fare di più, fornendo per esempio supporto alla genitorialità e agevolazioni fiscali. Il tetto di cristallo rafforzato da bias e pregiudizi, insomma, è ancora molto spesso.

Una delle soluzioni suggerite anche dal report europeo per ridurre le differenze di genere nei lavori legati a scienza, innovazione e tecnologia è quella di fornire un numero maggiore di modelli femminili di successo: è quindi fondamentale supportare le carriere delle donne impegnate in questi ambiti e dimostrare che avere le carte in regola per guidare un’azienda hi-tech non è una questione di genere. Ma il pregiudizio delle tre T è sempre in agguato: le imprese innovative guidate da donne sono ancora troppo poche e ricevono una ridottissima minoranza dei finanziamenti.

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Donne, Stem, tecnologia
Secondo il report europeo Addressing the gender gap in Stem education across educational level, per ridurre il divario di genere nelle Stem bisogna fornire più modelli femminili di successo. © Unsplash

Come fare per superare il gender gap e abolire il pregiudizio delle tre T

Tra i programmi pensati per ribaltare questa situazione c’è Women in Action, di LifeGate Way. Il progetto, giunto alla sua seconda edizione, ha l’obiettivo di incoraggiare l’imprenditoria femminile in settori ad alto contenuto di innovazione. Si tratta di un programma gratuito ed equity free, rivolto alle donne di qualsiasi età ed esperienza che studiano, o che sono a capo di startup o ancora che stanno pensando a un progetto imprenditoriale innovativo nell’ambito della sostenibilità ambientale e sociale.

La prima edizione ha avuto un grande successo e ha raccolto 200 richieste di partecipazione. Anche in questa seconda edizione, rinnovata rispetto alla precedente, gli obiettivi sono tre: accompagnare le imprenditrici nel percorso dall’idea al go to market; fornire gli strumenti per tradurre in pratica il progetto; allenare le soft skills.

La call for application, aperta lo scorso 27 novembre 2024, chiuderà il 14 febbraio 2025, con la selezione delle 16 pre-candidate. Dopo un Women in Action day previsto per il 12 marzo, il programma di accelerazione vero e proprio inizierà il 4 aprile, con le nove realtà selezionate: tre startup, tre neo-imprenditrici e tre studentesse che avranno diritto a 150 ore di formazione, mentorship e coaching. Al termine del programma, il 26 giugno, si festeggeranno finalmente i nuovi progetti innovativi al femminile. Uno strumento in più per abbattere il “pregiudizio delle tre T”.

 

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