Rinnovabili, scelta obbligata. Nucleare, occhio ai prezzi

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Il costo dell’energia è un aspetto determinante per la vita di tutti. Quanto possono essere utili le fonti rinnovabili per renderlo più accessibile e sostenibile? Ne parliamo con un autorevole esperto, il professor Maurizio Delfanti.

«Il costo dell’energia e, più in generale, il peso della bolletta energetica fanno parte delle spese obbligate che dobbiamo sostenere regolarmente in quanto essenziali per la nostra vita quotidiana. Il passaggio progressivo alle fonti rinnovabili è estremamente utile per rendere l’energia più accessibile e sostenibile. Le rinnovabili consentono di ridurre i costi a lungo termine: l’installazione di questi impianti richiede un investimento iniziale significativo, ma lo stesso è rapidamente ripagato nel tempo dai costi operativi, praticamente nulli. Sole e vento sono gratuiti, mentre il metano deve essere acquistato continuamente e in gran parte dall’estero. Teniamo poi in considerazione la stabilità dei prezzi garantita dalle rinnovabili: a differenza dei combustibili fossili, i cui prezzi possono essere molto volatili, come gli ultimi tre anni di tensioni internazionali hanno dimostrato, le rinnovabili non sono soggette alle fluttuazioni del mercato delle materie prime. Del resto, la loro maturità tecnologica e la loro grande convenienza economica, per il consumatore, sono testimoniate anche dall’espansione della capacità installata a livello mondiale. La sfida tecnologica pare definitivamente vinta dalle fonti rinnovabili, dal fotovoltaico in particolare, la cui installazione massiccia non lascia spazio a discussioni. Quindi, dal punto di vista del consumatore, le rinnovabili sono una soluzione a portata di mano, anche in presenza di un investimento iniziale rilevante. Se poi guardiamo all’attuale congiuntura, la combinazione di alti prezzi energetici, con il PUN (Prezzo unico nazionale, ndr) 2024 a 108,52 euro al MWh, e bassi prezzi delle installazioni fotovoltaiche, il tempo di ritorno dell’investimento di iniziative in autoconsumo industriale scende anche sotto i quattro anni»

L’impatto ambientale di come produciamo l’energia di cui abbiamo bisogno, anche in una logica economica che consideri i costi di sistema, ci porta ad escludere delle tecnologie e a preferirne altre?

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«Le conseguenze ambientali e i costi di sistema della produzione di energia elettrica chiamano in causa il punto di vista più ampio dell’intera società. Sono da considerare le esternalità ambientali, cioè i costi degli impatti del modello di produzione e di consumo, in estrema sintesi riconducibili al cambiamento climatico. Vanno considerati anche i costi che l’intero sistema economico deve sostenere rispetto alla scelta delle fonti primarie da privilegiare. Sull’aspetto ambientale, la direzione è data in maniera irreversibile: si va nella direzione di una produzione di energia a ridotte emissioni, nulle se considerate puntualmente in fase di produzione e molto contenute se calcolate in ottica di intero ciclo di vita della tecnologia. Circa il costo di sistema, invece, la discussione è ancora in corso. Molti immaginano un futuro “100% rinnovabile”, con queste fonti discontinue accompagnate da sistemi di accumulo e da forti intersezioni con altri settori, il cosiddetto “Power to X”, per risolvere il problema interstagionale, come l’eccesso di rinnovabili in primavera ed estate e la bassa produzione nelle altre stagioni, anche con l’apporto di combustibili di origine biologica. Altri ritengono che le rinnovabili debbano essere accompagnate da un apporto di energia nucleare, anch’essa contraddistinta da emissioni nulle in fase di produzione, ridottissime in logica di intero ciclo di vita tecnologico, ma con il vantaggio della migliore dispacciabilità. La discussione viene spesso condotta in maniera volutamente confusa. Seguendo, invece, un approccio scientifico, per determinare quale sia il futuro più opportuno verso cui indirizzare le politiche energetiche, si possono impiegare opportuni strumenti, come le analisi di scenario, basate su modelli molto articolati, per esempio, in Europa, è impiegato il sistema TIMES. I risultati, però, sono influenzati in maniera determinante da due fattori: l’ampiezza del perimetro considerato per dare conto delle esternalità e l’evoluzione del costo delle tecnologie, che viene impiegato come input.

Sul primo fronte, il confronto tra rinnovabili e nucleare è viziato dal fatto che, almeno a mia memoria, non è possibile incorporare nei modelli di calcolo il costo di incidenti nucleari, estremamente improbabili, ma dalle conseguenze catastrofiche: a riprova, non vi è una società di assicurazioni in grado di coprire questi rischi. Sul secondo fronte, quello dei costi delle tecnologie, i trend relativi alle rinnovabili sono facilmente verificabili, come pure lo sono quelli relativi alle tecnologie di accumulo. Al contrario, fare ipotesi sull’evoluzione del costo delle tecnologie nucleari risulta più rischioso. Basta osservare i casi più recenti di installazioni reali di impianti nucleari, peraltro di tecnologia tradizionale, la fissione, e non ancora di tecnologia innovativa, la fusione. Alcuni esempi, Hinkley Point in Inghilterra, Olkiluoto in Finlandia, hanno visto un’evoluzione preoccupante dei costi e dei tempi di realizzazione. Anche in Francia, dove la gestione dell’energia nucleare è di fatto statale, un recente documento pubblicato dalla Corte dei Conti evidenzia notevoli criticità e determina in almeno 120 euro al MWh il prezzo di vendita dell’energia in grado di assicurare un’opportuna redditività alle iniziative di tipo EPR, European Pressurized Reactor o Evolutionary Power Reactor. Questo fa riflettere anche per gli impianti di nuova generazione, come gli SMR, Small Modular Reactor, di cui si parla nei documenti di pianificazione energetica nel nostro Paese. Si tratta di nuovi reattori, più piccoli, che possono essere realizzati con investimenti contenuti. Tuttavia, la scommessa sul fatto che il costo dell’energia prodotta in questo modo possa essere competitivo, al punto di fornire oltre il 10% del fabbisogno nazionale al 2050, come prevede il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, ndr) 2024 elaborato dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, pare quanto meno ardita. Infine, parliamo di indipendenza energetica: le fonti rinnovabili riducono la dipendenza dai combustibili fossili importati, migliorando la sicurezza energetica del nostro Paese, e dell’Unione europea in generale. I combustibili destinati ad alimentare i reattori, invece, devono essere importati da fuori Europa, con ovvie conseguenze in caso di tensioni geopolitiche»

Quanto peserà la nostra capacità di distribuire con maggiore efficienza e di accumulare energia pulita o a basse emissioni per creare un modello energetico alla portata di famiglie e imprese?

«L’evoluzione delle reti elettriche e un massiccio impiego dei sistemi di accumulo sono indispensabili per consentire un accesso a costi stabili e ridotti all’energia rinnovabile. Notevoli espansioni delle reti di trasmissione sono in corso, come testimonia il Progetto HyperGrid di TERNA: in questo caso, la direzione è quella di facilitare i transiti di energia da zone di mercato più ricche di rinnovabili, il centro e il sud Italia, verso zone con carico più rilevante, il nord. Ancora TERNA ha previsto un piano di installazione di sistemi di accumulo su grande scala, necessari a dare continuità nel corso del tempo alla fornitura di energia da rinnovabili. Sono già diffuse reti elettriche intelligenti, Smart Grid, in grado di monitorare e gestire la distribuzione dell’energia in tempo reale, migliorando l’efficienza e riducendo le perdite.

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Infine, nel caso di utenze complesse, dotate di sistemi di generazione locale, dove magari il carico presenta esigenze particolari di continuità, si possono sviluppare le micro-grid, reti energetiche locali che possono funzionare indipendentemente dalla rete principale. Un’esperienza avanzata di questo tipo è in corso presso il Campus Leonardo del Politecnico di Milano, dove sono impiegati sistemi fotovoltaici, sistemi di trigenerazione e, in prospettiva, sistemi di accumulo, per gestire in maniera innovativa le utenze locali»

Da tempo si parla del bisogno di una nuova politica industriale per l’energia nel nostro Paese, soprattutto per spingere la diffusione delle fonti rinnovabili. Che cosa servirebbe davvero?

«Alla luce del quadro geopolitico che si è venuto a comporre negli ultimi anni, il ricorso alle rinnovabili costituisce una scelta obbligata per garantire vantaggi economici e strategici ormai resi evidenti dagli eventi internazionali. Dopo esserci affrancati, in pochi anni, dalla dipendenza del gas importato dalla Russia, siamo ora alle prese con prezzi dell’energia molto elevati, legati alle forniture di GNL che arrivano da una pluralità di Paesi, comunque pagate a valori più che doppi rispetto a quanto accaduto fino al 2021 con le importazioni via tubo. Dobbiamo liberarci delle fonti fossili, passando attraverso l’installazione di ingentissime quantità di impianti, fotovoltaico ed eolico su tutti. Nell’immediato, bisogna fare ogni sforzo per semplificare gli aspetti autorizzativi e la connessione alle reti, oggi rallentata per via della cosiddetta “saturazione virtuale”. I costi l egati a l percorso autorizzativo, tra i più alti in Europa, si ripercuotono poi sul prezzo di vendita del MWh ai cittadini e alle imprese. Guardando al medio-lungo termine, sono fondamentali le iniziative per riportare in Europa, e possibilmente in Italia, la produzione dei moduli fotovoltaici, come pure dei sistemi di accumulo. Sempre in questa prospettiva, hanno senso le politiche di protezione messe in campo dall’Unione per riequilibrare la competizione rispetto a sistemi economici in cui le imprese private sono spesso robustamente supportate da aiuti di Stato».

Maurizio Delfanti dal 2016 è professore ordinario al Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano. Dal 2019 al 2023 è stato amministratore delegato di RSE, Ricerca Sistema Energetico. Ha svolto numerose attività di consulenza e ricerca in Italia e in Europa sulla regolazione dei sistemi elettrici. È coordinatore del comitato tecnico-scientifico di Italia Solare

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