Danni ambientali, sanitari ed economici sono le gravi conseguenze a cui porterebbe la realizzazione del “Piano di Riqualificazione Ambientale e Rigenerazione Urbana” (PRARU) di Bagnoli-Coroglio, a cui il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha dato il via libera con Decreto n. 421 del 29.11.2024. Per questo, Fondazione Marevivo, Delegazione Marevivo Campania e Greenpeace Italia hanno presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania definendo il decreto “illegittimo” e “idoneo a compromettere gravemente e in modo irreversibile la Zona Speciale di Conservazione Europea Gaiola-Nisida e l’area marina protetta Parco Sommerso di Gaiola”, scrivono gli avvocati Marone e Fucci, in rappresentanza delle realtà ambientaliste.
Il paradosso è che, elaborato con il dichiarato intento di “riqualificazione ambientale” del Sito di Interesse Nazionale di Bagnoli, il Piano di Invitalia (il soggetto attuatore) vira in direzione diametralmente opposta e prevede l’ampliamento del collettore fognario e la realizzazione di nuovi scarichi fognari di bypass proprio in piena area protetta. In caso di pioggia, fino a 206 metri cubi al secondo di liquami ed acque potenzialmente tossiche di dilavamento urbano finiranno in mare sulla battigia con effetti devastanti su tutto il litorale cittadino, sul delicato ecosistema marino dell’area protetta e sulla salute dei cittadini napoletani. Lo specchio di mare tra la Gaiola e Nisida è la zona di più alto pregio naturalistico e culturale; ospita scogliere, grotte, vasti banchi di coralligeno e praterie di Posidonia oceanica, tutelati dalla “Direttiva Habitat” e dalla “Convenzione di Barcellona” e, non a caso, rientra nella “Rete Natura 2000”, diffusa sul territorio dell’Unione Europea a tutela degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati a livello comunitario.
“È evidente che c’è un grave e assurdo cortocircuito se un piano di Bonifica e Risanamento Ambientale sceglie come area sacrificale per lo scarico di nuovi scolmatoi fognari proprio la Zona Speciale di Conservazione Europea Gaiola-Nisida, nonostante le norme a tutela dell’area – spiega Maurizio Simeone, Direttore dell’AMP Parco Sommerso di Gaiola, che da mesi denuncia i potenziali danni ambientali provocati dal Piano di Invitalia. – È una scelta devastante per il mare di Napoli, ma anche un grave precedente per tutto il sistema delle aree marine protette italiane ed europee. Questo ricorso al TAR è prima di tutto un grandissimo atto di amore per il nostro mare”.
“L’impegno di Marevivo per Gaiola è iniziato più di 35 anni fa e ancora continua, abbiamo impiegato 13 anni per far sì che diventasse un’area protetta e non ci siamo mai girati dall’altra parte. Abbiamo avviato una call to action democratica, non urliamo, ci muoviamo seguendo le vie legali convinti delle nostre ragioni – dichiara Rosalba Giugni, Presidente Fondazione Marevivo. – Ringrazio tutti coloro che supportano questa causa, tra cui il direttore Simeone, che fa da sentinella ogni giorno, e la Consigliera Roberta Gaeta da sempre in prima linea in questa battaglia”.
Durante questi mesi, infatti, in molti hanno raccolto l’appello della Fondazione Marevivo: volti noti, associazioni, professionisti, a cui si aggiungono le 16 associazioni ambientaliste riunite nel Coordinamento Tutela Mare “Chi Tene o’ Mare”, di cui Marevivo è capofila, il mondo scientifico e culturale, che all’unisono contestano il Piano di Invitalia. Ad oggi le firme raccolte dalla petizione contraria ai nuovi scarichi, lanciata on line dal Coordinamento, sono più di 30mila. Tuttavia, nonostante questa mobilitazione corale e trasversale, il MASE ha completamente ignorato le osservazioni di merito pervenute dalle 88 realtà (associazioni, privati cittadini, ricercatori, imprenditori, cooperative) che si erano opposte al Piano, la cospicua relazione tecnico-scientifica contraria presentata dall’Ente Parco e la decisione del Consiglio Regionale della Campania, che aveva definito il PRARU “nefasto” approvando all’unanimità la mozione, presentata dalla Consigliera Roberta Gaeta, cui ha dato seguito anche la Giunta Regionale.
“È inaccettabile come le amministrazioni competenti non abbiano dato alcuna importanza alla tutela del mare, prestando attenzione solo alla realizzazione del progetto per le opere a terra e dimenticando totalmente la conservazione dell’ecosistema marino. Ancora una volta il mare e le Aree Marine Protette, gli strumenti più validi per tutelare la biodiversità marina, vengono sacrificati agli interessi di pochi. Il caso di Gaiola è una perfetta cartina di tornasole su quale sia l’importanza della tutela del mare nell’agenda politica del governo: partendo da questa amara constatazione ci chiediamo come l’Italia possa raggiungere il 30% di mare effettivamente protetto entro il 2030 se si rema contro le aree protette già istituite” dichiara Valentina Di Miccoli, campaigner mare di Greenpeace Italia.
Non solo di danni ambientali e sanitari si tratta, le ripercussioni negative sull’area sarebbero anche di carattere economico e toccherebbero da vicino l’imprenditoria e il turismo legato al mare. Lungo la costa di Posillipo si conta la presenza di 9 lidi balneari e 6 accessi pubblici al mare con innumerevoli attività turistico-ricreative, fortunatamente in forte espansione negli ultimi anni. Non solo turismo però: “Con un fatturato superiore a 9 milioni di euro per “Mytilus Campaniae” e Società Cooperativa C. Salvatore e una capacità occupazionale di oltre 250 unità, indotto escluso, rischiamo un serio contraccolpo alla nostra capacità produttiva”, fa sapere preoccupato Fabio Postiglione, in rappresentanza dei mitilicoltori di quel tratto di costa.
Questi ultimi, insieme con Federazione UniVerde, Federazione del Mare, Confcommercio-Imprese per l’Italia, Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale e Associazione Premio GreenCare, hanno firmato l’atto di intervento ad adiuvandum a sostegno del ricorso al TAR promosso da Marevivo e Greenpeace Italia.
“Il nostro litorale, frequentato quotidianamente da oltre 50.000 persone tra bagnanti, natanti, imbarcazioni private, circoli nautici e spiagge libere, è una risorsa fondamentale per il turismo di qualità e l’economia locale. Gli stabilimenti balneari e le attività collegate creano un significativo indotto economico, contribuendo allo sviluppo sostenibile della città e alla sua attrattività turistica. Siamo particolarmente preoccupati per le criticità ambientali legate al progetto, che potrebbe compromettere la qualità delle acque danneggiando l’ecosistema marino e riducendo sia la capacità di richiamare turisti nel litorale, che la possibilità di ottenere il prestigioso riconoscimento di Bandiera Blu per la costa di Posillipo, obiettivo fondamentale per promuovere Napoli come destinazione sostenibile e rispettosa dell’ambiente”, specifica Mario Morra, Responsabile Sindacato Italiano Balneari – Città di Napoli.
“Confidiamo che l’autorità giudiziaria blocchi questa scelta assurda e dannosa. Anche il nuovo articolo 9 della Costituzione, per cui abbiamo combattuto per anni, riconosce la priorità della tutela della biodiversità e degli ecosistemi – dichiara il Prof. Alfonso Pecoraro Scanio Presidente di Fondazione UniVerde. – Mi sono occupato di tutela del mare e depuratori fin da quando ero un giovane assessore all’ambiente e non ho mai visto un progetto che, dichiarando di voler disinquinare, mette a grave rischio un’area di tale pregio ambientale. Vanno fermati!”.
“Una nostra importante priorità è preservare l’ecosistema marino da fenomeni naturali e dall’opera dell’uomo, per garantire la crescita e lo sviluppo sostenibile delle future generazioni. Sosteniamo il ricorso proposto da Marevivo perché la proposta di creare uno scarico di un nuovo scolmatoio fognario in un’area marina protetta va in direzione diametralmente opposta a ciò che ogni giorno facciamo per la salvaguardia dell’ambiente marino”, spiega Mario Mattioli, Presidente della Federazione del Mare, la filiera delle Associazioni che operano nel settore della blue economy.
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