Altro che Trump, è Ursula a colpire il vino Made in Ue

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di Laura Tecce





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Nuove tasse e terrorismo psicologico: sembra essere questa la strategia messa in atto dalla Commissione Ue per scoraggiare il consumo di vino e bevande alcoliche negli Stati membri. Altro che i tanto temuti, e al momento non in vigore, dazi “trumpiani”: l’esecutivo Ue sta lavorando all’introduzione di nuove misure, ancora più stringenti rispetto alle attuali, riguardanti la tassazione, la limitazione delle vendite transfrontaliere, l’informazione ai consumatori e la regolamentazione della pubblicità degli alcolici. Ergo, sulle bottiglie potrebbero presto comparire scritte di “allerta sanitaria”, simili a quelle che già troneggiano sui pacchetti di sigarette, afferenti ad un presunto collegamento fra consumo di bevande alcoliche e l’insorgenza di tumori. Riavvolgiamo il nastro: già tre anni fa il piano redatto dalla Commissione speciale contro il cancro (BECA, Beating cancer plan) del Parlamento Europeo aveva proposto di introdurre limitazioni al commercio e alert salutistici in etichetta, proposte le cui linee più oltranziste furono però bocciate grazie alla forte opposizione degli eurodeputati rappresentanti di paesi con una forte tradizione vinicola, come l’Italia. E anche stavolta a Bruxelles sarà battaglia: sindacati di settore e associazioni di categoria sono sul piede di guerra, a partire dall’Unione italiana vini, che denuncia proprio il fatto che la tanto attesa revisione del piano smentisca la speranza che la Commissione europea potesse essere più ragionevole rispetto al tema del rapporto tra alcol e salute. In difesa del settore vitivinicolo anche il presidente della Fnp Vino di Confagricoltura, Christian Marchesini, che definisce il vino “un elemento fortemente legato al concetto di dieta mediterranea e patrimonio dell’umanità che pertanto non può essere paragonato a una semplice bevanda alcolica”. Pronti alla mobilitazione di piazza Coldiretti e Filiera Italia: tutelare i 240.000 viticoltori italiani e tutta la filiera, con un indotto che interessa oltre un milione di occupati è una priorità. Un comparto del Made in Italy – è bene ricordarlo – che vale 14 miliardi di euro. Dati e cifre che dovrebbe tenere bene a mente Ursula von der Leyen che da giorni tuona contro il pericolo rappresentato da Trump e dalle sue possibili politiche protezionistiche. “L’Ue agirà per salvaguardare i propri interessi economici e proteggere lavoratori, aziende e consumatori” ha ribadito anche ieri la numero uno di Palazzo Berlaymont, accompagnata dal ben noto coro di anime belle che si stracciano le vesti solo al sentir pronunciare il nome del presidente degli Stati Uniti. A von der Leyen e a costoro forse è sfuggito anche il fatto che, oltre alla vexata quaestio sul binomio vino e salute e alla follia tutta ideologica delle etichette allarmistiche, la Commissione sta anche valutando una revisione dell’attuale direttiva che prevede una quota minima di accisa pari a zero per il vino e le bevande fermentate per modificare le aliquote fiscali minime applicabili. Una bella mossa per rafforzare la competitività delle imprese, non c’è che dire… Il paradosso è servito, ma non è una novità dalle parti di Bruxelles.


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