autonomia perduta? In tribunale il 4 aprile

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La Regione Sardegna ha deciso di portare lo Stato in tribunale per i mancati trasferimenti delle “compartecipazioni ai tributi erariali”, aprendo un nuovo fronte di scontro con il governo centrale. Cinque giorni fa, il vicepresidente e assessore del Bilancio, Giuseppe Meloni, ha annunciato il ricorso presentato al tribunale civile di Cagliari contro il Ministero dell’economia e delle finanze e la Presidenza del consiglio dei ministri italiano. L’oggetto del contendere riguarda il mancato versamento alla Regione di un miliardo e 720 milioni di euro dal 2010 al 2024.

Nel dettaglio

“Si tratta di decurtazioni illegittime operate dallo Stato. La speranza è che la questione si risolva prima con un accordo soddisfacente per la Sardegna, ma la proposta avanzata dal ministro Giancarlo Giorgetti è irricevibile”, ha spiegato Meloni in commissione regionale. Il governo ha infatti offerto un piano di pagamento di soli 800 milioni di euro, dilazionati in dieci anni – che è meno della metà delle somme effettivamente dovute -. La Regione ha chiesto almeno un miliardo e 300 milioni, ma di fronte al rifiuto dello Stato, ha deciso di scegliere le vie legali.

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La vertenza entrate, in effetti, è una battaglia che la Sardegna combatte da anni. Il problema nasce dalla mancata applicazione delle norme dello Statuto speciale, che all’articolo 8 garantiscono all’isola una quota fissa del gettito di alcuni tributi statali. Tuttavia, il governo centrale ha operato progressivi tagli, con un impatto sempre più pesante sul bilancio regionale: nel 2021 la decurtazione è stata di 146 milioni, salita a 256 milioni nel 2022, a 454 nel 2023 e a 385 milioni nel 2024. “Senza quei soldi è difficile chiudere una manovra finanziaria”, ha sottolineato Meloni, evidenziando anche una disparità di trattamento rispetto ad altre Regioni, che non hanno subito riduzioni di questa entità.

Un’autonomia incompiuta

La vertenza entrate rappresenta solo la punta dell’iceberg di un problema più ampio: l’autonomia finanziaria della Sardegna è da sempre limitata. Lo statuto del 1948, nato per riconoscere le peculiarità dell’isola, non è mai stato attuato pienamente. La Regione ha diritto a una serie di compartecipazioni al gettito fiscale nazionale, ma la loro effettiva erogazione è spesso soggetta a decisioni discrezionali dello Stato.

Nel 2005, la giunta guidata da Renato Soru aveva quantificato un credito di 10 miliardi di euro nei confronti dello Stato. Dopo una lunga trattativa, nel 2006 venne siglato un accordo con il governo Prodi per il pagamento di 5 miliardi di euro in dieci anni. Tuttavia, l’accordo non è mai stato rispettato nella sua interezza e, negli anni successivi, lo Stato ha progressivamente ridotto i trasferimenti.

Un’isola sempre più indebitata

L’assenza di queste risorse ha spinto la Sardegna a ricorrere sempre più all’indebitamento. Nel 2009, la Regione ha dovuto aumentare l’accensione di mutui fino al 21,4 per cento del proprio bilancio, diventando una delle Regioni a Statuto speciale più indebitate d’Italia. Un paradosso evidente: mentre lo Stato trattiene le risorse spettanti all’isola, la Regione è costretta a contrarre debiti per garantire servizi essenziali.

Uno dei settori più colpiti è la sanità. Dal 2007, la Sardegna finanzia interamente il proprio sistema sanitario senza alcun contributo statale. Ciò ha comportato una spesa pro capite inferiore alla media nazionale e il ricorso a fondi straordinari per coprire i costi delle cure mediche fuori dall’isola. Inoltre, il patto di stabilità limita ulteriormente la capacità di spesa, impedendo alla Regione di utilizzare risorse disponibili.

Il nodo

La situazione si complica con l’applicazione della legge 42/2009 sul federalismo fiscale, che prevede la partecipazione delle Regioni a Statuto speciale alla perequazione nazionale. La Sardegna teme di dover contribuire al fondo di solidarietà senza ottenere in cambio il riconoscimento delle proprie entrate spettanti.

La giunta Cappellacci prima, e alcune altre poi, hanno cercato di riaprire il dialogo con lo Stato, ma senza successo. Ora la Regione punta sulla via giudiziaria, sperando di ottenere un riconoscimento chiaro del proprio diritto alle entrate. “Chiediamo ai giudici di accertare il nostro diritto a ricevere integralmente le quote di compartecipazione dovute”, ha ribadito Meloni.

Un futuro incerto

Il ricorso al tribunale civile di Cagliari segna un passaggio importantissimo nella battaglia della Sardegna per l’autonomia finanziaria. Tuttavia, i tempi della giustizia rischiano di essere lunghi, mentre la Regione continua a fare i conti con bilanci sempre più ridotti e vincoli di spesa sempre più stringenti.

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Se la vertenza entrate non troverà una soluzione, la Sardegna rischia di restare una Regione a Statuto speciale solo sulla carta, con un’autonomia sempre più svuotata di significato.



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