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e proviamo a visualizzare un ecocidio, la prima immagine che ci viene in mente รจ quella di un disastro atomico. La distruzione totale. Una terra bruciata tanto a fondo nella carne da non sapersi piรน rigenerare. Una distesa grigia e desolata, un silenzio di morte. Qualche carcassa di umano o animale, lo scheletro di un albero, ma soprattutto molto vuoto. Niente di vivo, niente in grado di dare vita.
Ecocidio รจ la distruzione grave e su larga scala di un ecosistema, con danni irreparabili per lโecosistema stesso, per tutto il complesso sistema della biodiversitร che vi abita. Il disastro nucleare puรฒ rappresentare lโidea platonica di ecocidio, esistono perรฒ tante altre declinazioni, meno lampanti ma altrettanto deleterie. Un ecocidio puรฒ essere piรน lento e piรน subdolo di un disastro atomico, puรฒ prendere la forma di unโinesorabile deforestazione o di una fabbrica che per anni sputa i suoi rifiuti tossici sul territorio, nelle falde acquifere e nellโatmosfera circostante. Soprattutto, un ecocidio ha un colpevole. Secondo la definizione presentata nel 2021 dalla ONG Stop Ecocide Foundation alla Corte penale internazionale (CPI), โper ecocidio si intendono atti illeciti o arbitrari commessi con la consapevolezza che vi รจ una probabilitร sostanziale di danni gravi e diffusi o a lungo termine allโambiente causati da tali attiโ. Insomma, cโรจ qualcuno (unโazienda ma anche uno stato o un individuo) che sgancia una bomba, usa armi chimiche, appicca incendi boschivi, inquina gravemente lโacqua o lโatmosfera, pur essendo a conoscenza degli effetti collaterali, se cosรฌ si possono chiamare. Non cโรจ intenzionalitร diretta, come nel caso del genocidio, ma cโรจ consapevolezza.
Il termine fu utilizzato per la prima volta nel 1970, alla Conferenza congressuale sulla guerra e sulla responsabilitร nazionale di Washington. Il biologo e bioeticista Arthur Galston riferiva a proposito degli effetti devastanti del cosiddetto agente arancio, usato dalle forze armate britanniche e statunitensi in Vietnam e in Malesia. Galston stesso aveva scoperto che questa miscela di due acidi, che doveva servire per accelerare la fioritura della soia, in concentrazioni piรน elevate diventava un potentissimo erbicida per distruggere le colture nemiche e togliere ogni riparo vegetale ai vietcong; eliminare la vegetazione (e tutto ciรฒ che la abita) per lasciare la terra nuda e impedire ai nemici di nascondersi. In seguito allโintervento del biologo americano, il presidente Nixon decise di porre fine allโuso dellโagente arancio ma come sappiamo era troppo tardi: la diossina aveva ormai contaminato terre, fiumi e soprattutto organismi che per decenni avrebbero continuato a essere colpiti da malformazioni e tumori.
Lโecocidio ha sempre un colpevole. Magari non cโรจ intenzionalitร diretta, ma cโรจ consapevolezza.
โPensavo si potesse evitare di essere coinvolti nelle peggiori conseguenze della scienza semplicemente non lavorando a progetti con fini malvagi o distruttivi. Ho imparato che le cose non sono cosรฌ semplici e che quasi tutte le scoperte scientifiche possono essere distorte o snaturate sotto le opportune pressioniโ avrebbe scritto due anni piรน tardi Galston in un articolo sulla responsabilitร sociale della scienza: โLโunica possibilitร per uno scienziato preoccupato delle conseguenze sociali del suo lavoro รจ di rimanere coinvolto fino in fondo. La sua responsabilitร nei confronti della societร non cessa con la pubblicazione di un articolo scientificoโ.
Sono passati cinquantโanni, e in questo lasso di tempo il termine ecocidio รจ stato spesso menzionato, osservato, preso in considerazione senza che venisse mai โ almeno in Occidente โ riconosciuto come crimine indipendente. Col passare degli anni sono sempre di piรน i casi in cui lโecocidio non รจ associato a qualcosa di chiaro e visibile come una guerra, ma alle pratiche sistematizzate di una pace fondata sul consumo e sul commercio. Ecocidi lenti, quotidiani, subdoli, ancora piรน bisognosi di leggi e definizioni chiare e condivise.
Proprio nelle scorse settimane la Corte europea dei diritti dellโuomo ha condannato lโItalia per non aver tutelato il diritto alla vita degli abitanti di unโarea che ha preso il nome della sua malattia: la Terra dei fuochi, per gli incendi di rifiuti tossici ad opera delle mafie locali, in unโampia zona della Campania. Lโecocidio sta cosรฌ approdando sul tavolo della discussione anche in Italia e i tempi iniziano a essere maturi per affrontare seriamente la questione.
Esattamente un anno fa, nel febbraio del 2024, lโUnione Europea ha introdotto il reato di ecocidio allโinterno della Nature Restoration Law, uno degli ultimi importanti atti prima che le elezioni di giugno cambiassero sostanzialmente le prioritร del Parlamento. ร una legge con molte debolezze e criticitร , ma รจ un inizio. La proposta รจ venuta dalla Stop Ecocide Foundation e la direttiva, firmata definitivamente lo scorso 11 aprile, obbliga tutti gli Stati membri ad adeguare anche le proprie legislazioni nel giro di due anni. Il crimine riguarda โla distruzione o un danno diffuso e sostanziale, irreversibile o duraturo, a un ecosistema di notevoli dimensioni o valore ambientale o a un habitat allโinterno di un sito protetto, oppure danni diffusi e sostanziali, irreversibili o duraturi, alla qualitร dellโaria, del suolo o dellโacquaโ. Dโora in poi saranno quindi perseguibili lo scarico o lโemissione di sostanze altamente inquinanti; ma anche โil posizionamento sul mercatoโ di prodotti il cui consumo eccessivo abbia effetti negativi sullโambiente, e in generale qualsiasi attivitร che possa causare il deterioramento di un habitat protetto o di particolari specie animali. Gli Stati membri saranno chiamati a garantire da un minimo di detenzione di tre anni a un massimo di almeno dieci, in base alla gravitร del danno, e lโobbligo, dove possibile, di ripristinare le condizioni ambientali precedenti (pena una multa commisurabile al danno).
Lo spargimento di liquami di scarto degli allevamenti potrebbe essere esplicitamente criminalizzato in quanto ecocidio, come anche la distruzione dei fondali marini con la pesca a strascico o lโutilizzo di PFAS nei prodotti domestici.
Nel termine โprotettoโ cโรจ parte dellโinghippo. Tra febbraio e aprile 2024, la Nature Restoration Law โ la cui approvazione resta comunque una notizia importante e tuttโaltro che scontata โ รจ stata limata e depotenziata e nella sua versione finale richiede, per esempio, il ripristino entro la fine del decennio unicamente delle aree appartenenti a Natura 2000, una rete di aree protette in Europa, creata per preservare la biodiversitร , proteggendo habitat naturali e specie a rischio. Inoltre, le leggi e gli impegni dei singoli Stati europei possono variare. Unโazienda ad alte emissioni potrebbe semplicemente trasferirsi in Stati con normative meno stringenti fuori dallโEuropa, o anche solo in Polonia โ unico Paese che non si รจ impegnato a raggiungere le zero emissioni nette. Inoltre la legge fa riferimento ad atti commessi con โdisprezzo sconsiderato per danni che sarebbero chiaramente eccessivi rispetto ai benefici sociali ed economici previstiโ: ma con che criteri si valutano questi danni e questi benefici? Sulla bilancia peserร di piรน il fatto di aver prodotto energia o cibo a basso prezzo per grandi quantitร di persone, o i danni inquantificabili in termini di emissioni di anidride carbonica, occupazione di suolo, scarichi insalubri, inquinamento, sversamenti di sostanze tossiche? Nessuna bilancia รจ neutrale, nessun giudice รจ neutrale. Il risultato puรฒ cambiare a seconda dei criteri e delle prioritร alla base. Inoltre sarร necessario provare che i supposti โcriminali ambientaliโ fossero consapevoli del danno che stavano arrecando. Nonostante questi limiti, almeno in teoria molte pratiche estremamente nocive e altrettanto accettate e normalizzate potrebbero ora essere considerate come reato.
Il film francese Les algues vertes (2023) di Pierre Jolivet racconta lโinchiesta della giornalista Inรจs Lรฉraud sugli effetti degli scarichi dellโindustria agroalimentare nel nord-est della Bretagna. Una distesa putrida di alghe verdi profondamente tossiche che negli anni hanno ucciso chiunque ci si avvicinasse: umani, cavalli, cani, cinghiali. Sono alghe che derivano dallo spargimento di liquami di scarto degli allevamenti suini, bovini e di pollame; come una colata di petrolio uccidono tutto ciรฒ che toccano, in terra e in mare. Pur di non accusare gli allevatori, nessuno aveva mai nemmeno messo un cartello ad avvertire del pericolo: per trentโanni si รจ fatto come se quelle alghe non esistessero. Orrori come questo ora potrebbero essere esplicitamente criminalizzati in quanto ecocidi, come anche la distruzione dei fondali marini con la pesca a strascico o lโutilizzo di PFAS (PerFluorinated Alkylated Substances) nei prodotti domestici. Per non parlare della produzione stessa di combustibili fossili, plastica, fertilizzanti, sostanze chimiche; un tema enorme e spinoso, dato che lโintero nostro sistema produttivo รจ intrinsecamente ecocida. Inoltre CEO e membri dei consigli di amministrazione delle aziende sarebbero esposti, se non a facili pene, quantomeno a facili denunce, rischiando anche dieci anni di carcere.
Le zone piรน esposte allโecocidio sono spesso territori di scarto: aree che, secondo logiche economiche, politiche o di potere, vengono considerate come โdisponibiliโ a essere sfruttate
Al mondo sono quattordici i Paesi che prevedono il reato nei loro ordinamenti: si trovano per lo piรน in Asia Centrale e Sud America. Fra questi ci sono Georgia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Francia, Belgio. Il primo a introdurlo fu proprio il Vietnam, nel 1990, definendolo come crimine contro lโumanitร โsia in tempo di pace che in tempo di guerraโ.
Restano diversi passaggi da fare perchรฉ lโecocidio venga riconosciuto come crimine internazionale. Recentemente lโAlto commissario ONU per i diritti umani Volker Tรผrk ha chiesto proprio questo riconoscimento allโAssemblea degli Stati Parte della Corte penale internazionale, come fondamentale misura di contrasto alla distruzione ambientale ma anche come garanzia di giustizia sociale. Le zone piรน esposte allโecocidio infatti sono spesso considerate territori di scarto, sacrificabili come le vite di chi ci abita: aree che, secondo logiche economiche, politiche o di potere, vengono considerate come โdisponibiliโ per essere sfruttate e danneggiate senza alcuna considerazione per la biodiversitร e le persone che vi abitano. Sono territori percepiti come marginali, facilmente sacrificabili, appunto, rispetto ad altri che vengono invece tutelati, protetti o preservati. Uno degli esempi piรน plateali e trasversali di ingiustizia ambientale รจ il fatto che alcune terre o popolazioni piรน vulnerabili, povere o razzializzate, debbano sopportare gli effetti negativi di attivitร industriali, urbanistiche o politiche di cui spesso non sono destinatari e beneficiari. Su larga scala si puรฒ parlare di sud globale ma ogni territorio ha le proprie zone di scarto. In Italia vengono in mente prima di tutto la giร citata Terra dei fuochi e Taranto, ma il discorso vale anche per la periferia cementificata e insalubre di qualsiasi cittร .
Come osserva lo Human Rights Center, lโecocidio โ ma anche danni ambientali meno ingenti โ priva le persone dei loro diritti fondamentali, a partire da quello a un ambiente pulito, sano e sostenibile e quindi ad aria pulita, acqua potabile, cibo sano, il che puรฒ tradursi in tensioni sociali e intensificazione della povertร . Per Tรผrk, introdurre il reato di ecocidio a livello internazionale non solo potrebbe facilitare il perseguimento dei responsabili ma anche assicurare risarcimenti finanziari agli abitanti delle zone interessate e il ripristino dellโecosistema โuccisoโ. Nel settembre 2024, anche tre Stati insulari del Pacifico, Vanuatu, Fiji e Samoa, hanno proposto allโAssemblea degli Stati Parte della CPI di classificare formalmente lโecocidio come crimine internazionale. Che venga riconosciuto a livello globale โ oltre che dai singoli Stati โ รจ necessario perchรฉ abbia un peso reale e non lasci la possibilitร alle aziende di spostarsi dove piรน conviene.
Cโรจ il rischio di restare imprigionati in un sistema di pensiero tipicamente occidentale, in cui si immagina un mondo naturale โpuroโ e separabile dai suoi abitanti umani
Se lโopportunitร che questo reato venga riconosciuto รจ largamente condivisa, non mancano criticitร sottili eppure fondamentali riguardo al modo di interpretarlo. O meglio: rispetto al tipo di visione del mondo che vi รจ sottesa. La giurista e sociologa del diritto Xenia Chiaramonte, in un articolo apparso nel 2023 sulla rivista scientifica Jura Gentium, parla di ecocidio in questi termini: โUccidere la casa, dallโetimo della parola, รจ letteralmente il crimine dei crimini, quello che pare violare la legge di natura per eccellenza, anzi la Natura stessa, intesa come casa comune del viventeโ. Il rischio che Chiaramonte vede nel discorso che si costruisce attorno a questo reato รจ quello di restare invece imprigionati in un sistema di pensiero binario, tipicamente occidentale, in cui si immagina un mondo naturale โpuroโ e districabile dai suoi abitanti umani: โSolo a patto di essere, inconsciamente o meno, avvolti nel velo della purezza รจ possibile sostenere quella separazione che ecocidio/genocidio/crimine contro lโumanitร /eco-crimine nominanoโ.
Per non cadere in questo tranello, la speranza รจ che il reato di ecocidio vada non nella direzione di una giustizia punitiva ma di una giustizia riparativa. Perchรฉ, come osserva Chiaramonte, abbiamo โfinito il carburante della sola criticaโ, cโรจ invece bisogno di energie nuove da immettere. โAssumere questo sguardo sino in fondo porterebbe a scoprire nellโecocidio una potenziale forma di transitional justice, con noi stessi, con il modo in cui vogliamo coabitare la terra; ecco che, allora, potrebbe rivelarsi una chance e non una ulteriore forma di giudizioโ. Limitarsi a punire i colpevoli โ giร di per sรฉ difficile โ non serve davvero a ricostruire โla casaโ.
La speranza รจ che il reato di ecocidio vada non nella direzione di una giustizia punitiva ma di una giustizia riparativa
In un articolo sul sito Just Security, la giurista statunitense Rebecca Hamilton propone una interpretazione del reato di ecocidio che si pone come occasione per uscire dalle dicotomie e far leva su uno sguardo piรน ampio:
Credo che questo sia il momento di spostare il diritto internazionale dalle concezioni coloniali della natura come risorsa da estrarre per il beneficio umano, e oltre i dibattiti stanchi tra antropocentrismo ed ecocentrismo, per abbracciare invece un approccio emergente dal campo dei diritti umani e dellโambiente, coerente con le scienze della Terra, e con una lunga storia nelle epistemologie indigene, che riconosca lโindivisibilitร degli esseri umani e del nostro mondo naturale. Questo significa incorporare, come punto di partenza normativo, lโindivisibilitร degli esseri umani e della natura nella definizione di ecocidio.
Se ecocidio รจ uccidere la casa, la casa comune del vivente di cui lโumano รจ parte, allora la visione del mondo codificata dallโistituzione di questo reato puรฒ provare a scardinare, anzichรฉ implementare, quelle dicotomie stantie che separano umano e ambiente. E puรฒ certamente districarsi dalle โconcezioni colonialiโ di cui parla Hamilton andando a minare alle fondamenta la possibilitร di territori e umanitร di scarto. In questa prospettiva potrebbe essere anche meno difficile usare la bilancia giusta per pesare ciรฒ che fa bene e ciรฒ che fa male.
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