in Toscana approvata la prima legge italiana

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“La Sardegna farà da apripista in Italia sulla legge per il fine vita, ai primi del 2025 sarà approvata”, un impegno preso a novembre scorso dal presidente del Consiglio regionale Piero Comandini e da tutti i capigruppo di maggioranza del Campo largo quando, in una conferenza stampa, fu presentata la proposta di legge ‘Liberi subito’ promossa dall’associazione Luca Coscioni.

Ma alla fine è la Toscana la regione ad aver battuto sul tempo tutte le altre con l’approvazione nell’assemblea regionale, tra le lacrime di Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni che ha seguito per due giorni il dibattito. La legge toscana è passata con 27 voti di Pd, Italia Viva, Cinquestelle e Gruppo misto, contro 13 delle opposizioni.

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La parola alle Regioni

La norma, che l’associazione ha proposto ai consigli regionali di tutta Italia, punta ad applicare praticamente e garantire il diritto al suicidio medicalmente assistito riconosciuto nel 2019 dalla Corte Costituzionale (quella sul caso Cappato-dj Fabo), che aveva chiesto al Parlamento di fare una legge ad hoc, finora mai approvata. La Corte aveva individuato la responsabilità del sistema sanitario – e quindi delle Regioni – nel verificare le condizioni della persona richiedente e nell’individuare le modalità di attuazione. In assenza di una norma nazionale si rende essenziale un intervento legislativo regionale per garantire tempi e modalità certe nell’attuazione del diritto. 

E la proposta dell’associazione Coscioni “rappresenta un passo concreto per colmare le lacune legislative e organizzative che ancora ostacolano il pieno esercizio di un diritto già riconosciuto”.  “Già oggi – aveva spiegato Marco Cappato, tesoriere dell’associazione – una persona può chiedere di essere aiutata a morire se è un paziente affetto da patologia irreversibile che provoca sofferenze insopportabili e tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Quello che manca sono regole e tempi certi per il servizio sanitario a dare risposte a queste domande. Oggi – aveva poi sottolineato – è un giorno importante perché in Sardegna i consiglieri regionali di tutti i gruppi di maggioranza hanno sottoscritto la nostra proposta legislativa, ed è stato preso un impegno significativo: all’inizio del prossimo anno, l’Isola potrebbe diventare la prima regione ad approvare questa legge”. 

Legge accantonata

Invece no. Il Consiglio regionale alle prese con aree idonee, caso decadenza della presidente Alessandra Todde e ora sanità e finanziaria, non ha ancora nemmeno cominciato l’iter nelle due commissioni competenti: Sanità e Politiche sociali. Le due presidenti entrambe del Pd, Carla Fundoni e Camilla Soru, avevano partecipato alla conferenza su un tema caro: la proposta è stata assegnata alla commissione Sanità il 15 novembre scorso, e lì giace. Difficile che potrà essere presa in considerazione prima dell’estate.

Cosa dice la legge



Nello specifico gli articoli della legge proposta definiscono i requisiti di accesso alla pratica del suicidio assistito conformemente a quanto stabilito dalla Corte costituzionale e prevedono l’istituzione di una Commissione medica multidisciplinare presso le aziende sanitarie regionali deputata a effettuare le verifiche mediche relative alla sussistenza delle condizioni di accesso e alle migliori modalità di esecuzione del suicidio assistito indicate dalla Corte costituzionale.

L’articolo chiarisce altresì che la partecipazione alla Commissione medica multidisciplinare non comporta la corresponsione di compensi, gettoni di presenza o altre indennità comunque denominate. Le strutture sanitarie devono inoltre garantire il supporto, l’assistenza e i mezzi necessari al completamento della procedura.

Poi i tempi, complessivamente venti giorni decorrenti dalla presentazione della domanda da parte della persona interessata, che le strutture del servizio sanitario regionale, tra cui i comitati etici territorialmente competenti, devono rispettare nelle procedure connesse all’erogazione dei trattamenti di suicidio assistito, ribadendo sempre il principio della ‘cedevolezza invertita’ (le regioni possono intervenire e disciplinare provvisoriamente ed eccezionalmente una materia in caso di inerzia dello Stato). La procedura è avviata su richiesta del paziente e può essere da quest’ultimo sospesa, posticipata e interrotta in ogni momento. 



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