Sud Italia e Sviluppo: cosa stiamo sbagliando?

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Foto: Da 260 miglia sopra, la Stazione Spaziale Internazionale offre un punto di osservazione unico del punto di incontro tra Sicilia e Calabria. Wikimedia Commons, fonte

Da un punto di vista economico, le Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.) meridionali, non ricevono meno risorse relativamente al numero degli abitanti. I dati confermano infatti che tutte le regioni sono trattate in maniera omogenea. Entrando nel dettaglio si può invece notare un vantaggio delle A.S.L. del sud poiché, tendenzialmente, comprano ciò di cui hanno bisogno sul territorio circostante e i prezzi di molti beni in questi territori sono inferiori rispetto alle controparti del nord, quindi, volendo, hanno anche più potere d’acquisto. Sotto questo punto di vista non si può affermare che il fattore economico sia la causa dell’arretratezza evidente. Lo stesso ragionamento vale per la dispersione scolastica, che ha raggiunto tassi molto elevati. Questo fenomeno, tuttavia, non può essere attribuito all’ordinamento scolastico, poiché esso è omogeneo a livello nazionale. Allo stesso modo, non può essere ricondotto ai criteri di selezione del corpo docente o amministrativo, né agli stipendi, anch’essi uniformi su scala nazionale. La causa non si può attribuire neppure alla cultura media dei professori perché sappiamo che il corpo docente, specialmente delle scuole medie e superiori italiane, proviene principalmente dalle regioni meridionali da cui nasce il fenomeno per cui molte persone d’origine meridionale sono costrette, per mancanza di domanda locale, a emigrare al nord dove manca l’offerta, per poi fare ritorno una volta completato il lavoro. Constatato che in questi ambiti non sussiste un problema strutturale,  rimane da capire perché le scuole della provincia di Bolzano, di Vicenza o di Udine ottengono risultati misurabili migliori rispetto alle scuole di Catania.

Alcune persone danno la colpa ai Savoia. Tuttavia, decidere che il malfunzionamento della sanità e di altri settori sia colpa loro è ovviamente sbagliato. Si può risalire alle cause storiche antiche pre seconda guerra mondiale, ma non aiuteranno in alcun modo a trovare una soluzione per i problemi moderni. Se da una parte è utile guardare alle radici storiche dell’arretratezza dall’altra bisogna stare attenti a non confondere l’analisi storica con quella attuale. Per trovare la risposta al da farsi ora occorre chiedersi che cosa manca ora e non guardare al passato. Un esercizio utile da fare è quello di chiedersi: come hanno fatto regioni vicine a noi a recuperare ed uscire da una condizione d’arretratezza economica e sociale simile a quella Siciliana o Calabrese?

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Primo esempio: Il Sudtirolo.

Un’area d’Italia avente autonomia simile a quella Siciliana è l’Alto Adige, o Sudtirolo. il Sudtirolo è autonomo e presenta un’autonomia differenziata con una popolazione poco più di un decimo superiore rispetto a quella Siciliana. Negli anni 40’ e 50’ era una regione molto povera, agricola, isolata e dotata di una forte componente religiosa. Caratterizzata da una diffusa cultura di attaccamento alle tradizioni e con un reddito non particolarmente differente rispetto a quello Siciliano, a distanza di circa 70/80 anni, se paragonati, i livelli di reddito sono più del doppio in confronto a quelli siciliani. Senza considerare altri indicatori di benessere, quali sanità e scuola, che stanno in cima alle classifiche italiane.

La regione, attraverso la specializzazione in settori strategici quali le tecnologie alpine, le energie rinnovabili e l’industria alimentare ha intrapreso un processo di crescita e sviluppo, che ha significativamente migliorato le condizioni di vita della popolazione.

Secondo esempio: L’Almeria.

Il secondo esempio di recupero è quello della provincia dell’Almeria. Appartenente alla regione dell’Andalusia, estremamente povera e avente circa 11 milioni di abitanti, l’Almeria, che negli anni 60’ era una zona pressoché totalmente desertica e con livelli di povertà ancora più accentuati della Sicilia, ad oggi è una delle provincie più ricche della Spagna.

L’Almeria è riuscita in questa trasformazione principalmente grazie all’iniziativa privata, che ha avviato un processo di rivoluzione industriale endogena. Sfruttando le caratteristiche del territorio come il terreno sabbioso, per coltivare ortaggi e frutta, e il basso costo del lavoro, dovuto dalla forte presenza di lavoratori dequalificati, è stato possibile  cambiare le condizioni di questo territorio. Successivamente agli anni 2000, infatti, l’Almeria è passata dall’essere desertica a diventare una zona ad alto livello tecnologico e di elevata efficienza nella produzione di ortaggi e frutta di prima qualità, superiore alla floricoltura e all’orticoltura olandese. La sua crescita ha portato anche a tensioni fra Spagna e Francia dato che negli anni 90’ i camion provenienti dalla regione, carichi di ingenti quantità di frutta, venivano regolarmente bloccati al confine francese. Gli agricoltori francesi, non riuscendo a competere con la produttività degli spagnoli, cominciarono a sabotare le celle frigorifere dei camion distruggendone il contenuto. Questa dinamica proseguì fino all’intervento del governo francese che, per via delle pressioni del governo spagnolo, decise di tutelare i camion attraverso l’uso dell’esercito.

Terzo esempio: L’Irlanda.

L’Irlanda è un’isola di dimensioni leggermente superiori a quelle della Sicilia ma con una popolazione inferiore. Negli anni 80’ presentava condizioni economiche e sociali comparabili a quelle della Sicilia. La popolazione, principalmente povera e religiosa, presentava elevati tassi d’emigrazione verso gli Stati Uniti e manifestava una marcata presenza di criminalità organizzata. Nel giro di quarant’anni, tuttavia, l’Irlanda ha vissuto un’imponente crescita economica, arrivando a generare i livelli di reddito pro capite (reddito medio per individuo) più alti d’Europa, quattro volte superiore a quello attuale siciliano. 

Questo cambiamento ha avuto un impatto profondo anche sull’emancipazione femminile. Grazie ai meccanismi di crescita economica si sono creati posti di lavoro produttivi e ben retribuiti che hanno incentivato la partecipazione femminile, offrendo alle donne prospettive di vita migliori. Nel momento in cui vengono creati posti di lavoro produttivi che attraggono le donne più istruite e professionalizzate, si genera di conseguenza una nuova domanda di servizi legati alla cura della casa. Questo fenomeno offre, di conseguenza,  nuove opportunità occupazionali per donne con minori livelli di istruzione, innescando un circolo virtuoso che favorisce l’inclusione lavorativa, lo sviluppo economico e l’emancipazione. 

Successi e fallimenti: come le regioni gestiscono i fondi strutturali

Il Sudtirolo ha ricevuto, da parte dello stato italiano, gli stessi fondi di cui ha usufruito la Sicilia mentre l’Irlanda è stata finanziata a livello europeo attraverso i fondi strutturali NUTS, nati per rispondere alla crisi dello shock petrolifero del 73’. L’Irlanda ha beneficiato di questi finanziamenti per circa quindici anni, ma a partire dagli anni 2000, non essendo più in crisi economica, ha smesso di usufruirne. L’Almeria ha invece ricevuto la stessa quantità di fondi che hanno ricevuto le altre province dell’Andalusia. 

Al contrario, le regioni meridionali italiane non sono mai riuscite a sfruttare i fondi strutturali non tanto per colpe storiche quanto invece a causa delle amministrazioni regionali. L’incapacità di queste ultime di elaborare progetti idonei all’ottenimento dei fondi strutturali, è stata ulteriormente aggravata da un provvedimento politico introdotto nel 1994 dal primo governo Berlusconi. Tale misura attribuiva al Ministero del Bilancio la responsabilità della progettazione, contribuendo a deresponsabilizzare ulteriormente le amministrazioni regionali.

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In Andalusia, al contrario, i fondi sono stati utilizzati con razionalità e lungimiranza, consentendo la realizzazione di infrastrutture strategiche come autostrade, linee ferroviarie, porti e numerose altre opere di pubblica utilità. 

L’evidenza storica, infatti, sottolinea come le cause del mancato sviluppo in molte parti del mondo, soprattutto per quanto riguarda territori con un clima favorevole e condizioni fortunate come le regioni del Mediterraneo, derivino principalmente dalla classe dirigente e dalle norme di comportamento che queste contribuiscono a generare pur di mantenere il loro potere rispetto al popolo. Per porre rimedio al mancato sviluppo, è necessario che una parte della classe dirigente trovi la forza intellettuale per avviare un cambiamento sociale, rivoluzionando le abitudini dannose radicate nel territorio. Questo meccanismo, tuttavia, fatica ad attivarsi in Sicilia perché a livello culturale non vi è la volontà di rischiare, pur essendo in difficoltà economiche e sociali. L’orgoglio impedisce sia di riconoscere l’oggettiva difficoltà sia la necessità di agire per cambiare la propria situazione.

La classe dirigente è fondamentale per avviare questo processo di trasformazione. In Irlanda, sono infatti riusciti ad introdurre positivamente, nel corpo sociale addormentato e stantio, l’elemento imprenditoriale offrendo ad Apple condizioni fiscali migliori per stabilire la loro sede all’interno del territorio. Per ottenere questo risultato, tuttavia, hanno dovuto tagliare parte dell’enorme spesa pubblica, riducendo i trasferimenti monetari ai cittadini stessi. Grazie a questo tipo di approccio politico  è stato possibile attrarre nuove imprese, che hanno scelto di stabilirsi in Irlanda attirate sia dalla tassazione vantaggiosa che dai risibili salari derivanti dalla condizione di povertà diffusa nel paese. Questa serie di tasselli ha avviato così una rivoluzione culturale radicale.

In Italia, a causa del sistema di contrattazione collettiva nazionale, non è possibile sfruttare il basso costo del lavoro in regioni come la Sicilia, nonostante questa potrebbe rappresentare una strategia efficace per attrarre nuovi investimenti imprenditoriali. Se un’azienda in Sicilia è tenuta a offrire gli stessi salari di un’impresa situata nelle regioni settentrionali, quest’ultima sarà maggiormente incentivata a stabilirsi al nord, dove il contesto produttivo e le opportunità di sviluppo sono migliori. La Sicilia necessiterebbe di un movimento politico in grado di promuovere l’autonomia contrattuale, seguendo l’esempio della Spagna.

In Spagna, a partire dagli anni 2000, attraverso progressivi interventi normativi, il contratto nazionale si è limitato a stabilire principi giuridici generali, come il divieto di discriminazione e altre garanzie minime previste dal codice civile, mentre aspetti come l’orario di lavoro e la retribuzione sono decisi attraverso una contrattazione aziendale.

Il sindaco di una qualsiasi regione del sud, in un contesto di questo tipo, dovrebbe contattare le aziende per convincerle a stabilirsi sul territorio, valorizzando i vantaggi economici e geografici. Attraverso l’attrazione di aziende e persone altamente qualificate si può dar vita a un’ecologia sociale ed economica in cui le menti più brillanti e propense al rischio possano interagire e prosperare, avviando così un processo di crescita collettiva. Se, al contrario, i migliori emigrano, lo sviluppo si arresta e impoverisce ulteriormente l’intera comunità. La perdita del 30-40% delle menti più brillanti di ogni generazione, come avviene, rappresenta una dinamica profondamente negativa, che compromette il potenziale di crescita e di innovazione del territorio. La strategia migliore per interrompere questo circolo vizioso risiede nello sfruttare il vantaggio comparato che questi territori possiedono, come hanno dimostrato gli spagnoli e gli irlandesi. Partendo da livelli salariali bassi, è possibile innescare un processo di crescita economica che, nel tempo, conduce ad un aumento progressivo dei salari. Attraverso l’attrazione di imprese e la creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo, si genera un ciclo virtuoso in cui l’espansione economica e il miglioramento dell’ecosistema lavorativo procedono di pari passo.



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