Auto e crediti green: cosa sono, come funzionano, quanto valgono

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L’industria del settore deve confrontarsi con normative ambientali sempre più severe, per rispettare le quali dovrà far ricorso anche a strumenti finanziari

Emilio Deleidi

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È da qualche tempo che, in campo automobilistico, si fa un gran parlare di crediti green, ossia della compravendita di certificati che attestano la riduzione delle emissioni di gas nocivi per l’ambiente da parte delle aziende. Nell’attesa che l’Unione europea chiarisca le proprie intenzioni nei confronti di un settore messo in difficoltà dalle sue normative come quello automotive, proviamo a ricapitolare i termini della questione e le implicazioni che potrà avere sul piano economico-finanziario. 

cosa sono i crediti verdi

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Per favorire la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che è un gas climalterante (non nocivo in sé, ma dannoso per l’ambiente perché contribuisce alle variazioni climatiche in atto), è stato creato un meccanismo che premia le aziende più virtuose assegnando dei crediti. I crediti verdi sono dei certificati che attestano la mancata emissione o la “cattura” nell’ambiente di una tonnellata di gas serra, quindi danno un’indicazione misurabile dell’effettivo impegno di un’azienda nella lotta al cambiamento climatico. In ambito automotive, chi produce veicoli che non emettono CO2 è, pertanto, favorito; e lo ancor di più chi fabbrica esclusivamente auto elettriche, prive di emissioni allo scarico. È per questo che un costruttore come Tesla, fin dalla sua nascita votato alla fabbricazione solamente di vetture a batteria, accumula così tanti crediti green da averne in esubero. Questo meccanismo di misurazione delle emissioni e di attribuzione dei credi green è attivo, con diverse denominazioni, negli Stati Uniti, in Europa e in Cina, anche se sulla base di parametri differenti. 

il mercato

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Le normative consentono a chi dispone di un surplus di crediti green di cederne ad altre aziende: questo meccanismo è del tutto legittimo e consente alle aziende più virtuose d’incassare importanti somme di denaro, ricavandolo non dalla vendita dei propri prodotti, ma da quella dei crediti. Se si esaminano i bilanci Tesla, si vede come gran parte degli utili derivino proprio da questa attività finanziaria, invece che dal commercio delle proprie auto. Ad acquistare i crediti green sono, invece, quelle aziende che non riescono a raggiungere i target di emissioni di CO2 fissati dagli enti regolatori. Nel 2023, per esempio, Tesla ha accumulato 34 milioni di crediti green, assegnati dal governo americano a fronte della produzione di sole vetture elettriche; la General Motors, invece, per evitare d’incappare in multe milionarie da parte del governo ha dovuto acquistarne 44 milioni. In termini finanziari, la Tesla ha potuto incassare grazie ai crediti green quasi 9 miliardi di dollari dal 2009 (di cui 1,79 miliardi nel solo 2023), con grandi benefici per l’azienda, alle prese con investimenti importanti per la realizzazione di nuovi stabilimenti e il rinnovamento della gamma, operazioni in questo modo di fatto parzialmente finanziate dai costruttori concorrenti.

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multe e crediti

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Le norme europee prevedono per il 2025 emissioni medie di CO2 delle auto nuove vendute non superiori a 93,6 g/km; per ogni grammo che superi questa soglia, il costruttore dovrà pagare 95 euro, moltiplicati per il numero delle auto vendute. Essendo il numero di auto vendute a zero emissioni, ossia elettriche, non ancora sufficiente a compensare le emissioni di quelle con motore a combustione, c’è la possibilità che per il 2025 i costruttori europei debbano sborsare multe ingenti: si parla di cifre complessive nell’ordine di 13 miliardi di euro. Un modo per ridurre le proprie emissioni è, però, quello di acquistare crediti green dalle aziende che ne hanno in esubero come la Tesla, anche costituendo dei “pool” che permettano di calcolare la media delle emissioni sulla loro produzione complessiva: per esempio Stellantis, Toyota, Ford, Mazda e Subaru intendono associarsi a questo scopo, così come Mercedes, Volvo, Polestar e Smart (le ultime due produttrici di sole vetture elettriche). L’ingresso nei pool comporta, come detto, l’onere dell’acquisto di crediti ambientali, dei cui proventi beneficerebbero Tesla per un miliardo di euro e la cinese Geely, cui appartengono Volvo, Polestar e Smart, per 300 milioni di euro. In Europa, gli scambi di crediti delle emissioni avvengono (anche per altri settori, come l’acciaio, l’aviazione o la produzione di carta) nell’ambito dell’Ets, l’Emissions trading system: è una sorta di mercato della CO2 nel quale le aziende che hanno ottenuto dagli enti regolatori un certo numero di crediti green possono decidere di utilizzarli per compensare le proprie emissioni oppure, se ne hanno in esubero, di venderli a chi non è in grado di raggiungere i target ambientali prefissati. Un mercato in cui i pur nobili scopi di tutela dell’ambiente assumono l’aspetto di operazioni finanziarie.





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