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Sono circa 56.107 i detenuti in Italia con un sovraffollamento medio del 120% e una recidiva che si aggira intorno al 70% secondo gli ultimi dati del CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro). La recidiva, ovvero la ricaduta nel reato, si riduce al 2% circa se chi esce dal carcere ha un lavoro. Eppure ci sono persone che stanno lavorando per migliorare concretamente la situazione. E ci stanno riuscendo. Come? Con il lavoro.
Il lavoro come elemento fondamentale di recupero, infatti, si può svolgere durante la pena sia in carcere sia fuori. Inoltre chi è in misura alternativa come gli arresti domiciliari, può essere incluso nei progetti di inserimento lavorativo, attraverso le cooperative sociali e le imprese coinvolte, per esempio partecipando a tirocini, contratti di lavoro o percorsi imprenditoriali così da raggiungere l’indipendenza economica e a ridurre la probabilità di recidiva.
Lavorare in carcere per raggiungere la recidiva zero
A seguito del disegno di legge approvato lo scorso maggio, un detenuto su tre è coinvolto in attività lavorative, però tra questi non più dell’1% è impiegato presso imprese private e solo il 4% presso cooperative sociali. Il resto, quindi l’85%, lavora alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria spesso per brevi periodi. Sono i numeri che fornisce il CNEL che ha siglato il Protocollo d’intesa tra il Dap, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e Confcooperative Federsolidarietà. L’intesa vede l’apertura di un tavolo tecnico e mira a promuovere programmi di intervento a favore dei detenuti, con l’avvio di progetti imprenditoriali finalizzati all’inserimento lavorativo intra ed extra-murario e al recupero sociale. La sfida è quella di azzerare la recidiva.
Studiare per trovare lavoro durante la detenzione
Sono oltre 1.500 i detenuti ed ex detenuti impegnati in percorsi di formazione, tirocini e borse lavoro. Il 32% degli istituti penitenziari infatti dispone di aule didattiche, usate per corsi di istruzione di I e II grado e per l’istruzione terziaria; il 65% ha aule solo per istruzione primaria e secondaria, mentre il 3,5% non ne dispone. Infine circa 1 su 4 degli istituti dispone di spazi non utilizzati, ma che potrebbero essere impiegati per percorsi formativi. E pensare che i detenuti che seguono percorsi di formazione e di inserimento lavorativo in carcere nelle cooperative sociali, meno del 10% torna a delinquere.
Pena alternativa e inserimento lavorativo dei detenuti
Scontare la pena fuori dal carcere, non garantisce sempre un reinserimento. Anche in questo caso ci vuole tanto lavoro da parte di tutti. Ad oggi è grazie al non profit che le persone che scontano la pena fuori dal carcere come detenzioni domiciliari o affidamenti in prova al servizio sociale possano mettersi alla prova e cambiare vita.
Sono infatti 3.000 gli ex detenuti che, intrapreso il percorso di lavoro in una cooperativa sociale, vi restano anche al termine della pena. Ma quante sono le cooperative sociali che, ad oggi, assumono regolarmente? Sono circa 110 quelle aderenti a Confcooperative, per un totale di circa 1.107 detenuti, ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro esterno. Inoltre 4.000 persone usufruiscono dei servizi residenziali per detenuti ed ex-detenuti, in particolare con problemi psichiatrici e di dipendenze, e di altri servizi di reinserimento socio lavorativo una volta conclusa la detenzione.
Cambiare la Legge Smuraglia
Uno degli esempi virtuosi di aiuto concreto e anche di sensibilizzazione sul tema del lavoro per chi sconta pene alternative al carcere è quello di Adriano Moraglio, presidente dell’organizzazione di volontariato La Goccia di Lube che a Torino sta mettendo in campo il progetto Impresa Accogliente, sostenuto da Regione Piemonte.
Impresa Accogliente chiama a raccolta aziende profit e cooperative sociali disponibili a offrire lavoro o formazione al lavoro a chi sta scontando una pena fuori dal carcere, come occasione per reinserirsi nella società, nonostante le difficoltà. Una delle criticità è il fatto che la Legge Smuraglia (193 del 22 giugno 2000) valga solo per chi è ancora in carcere. Si tratta di un’importante norma, promossa dall’omonimo senatore, che incentiva e sostiene l’attività lavorativa dei detenuti con agevolazioni contributive in favore dei datori di lavoro. Per questo motivo realtà non profit come La Goccia di Lube si impegnano affinché questa legge venga estesa anche a chi sconta pene alternative.
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