Elezioni Ecuador. La candidatura popolare deciderà la guida del Paese

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“Nonostante questa campagna assolutamente atipica e totalmente svantaggiata per una candidatura del Movimento Indigeno, abbiamo ottenuto un terzo posto. Parliamo di almeno 500.000 persone che hanno optato per una candidatura anticapitalista, antimperialista e antipatriarcale, per la difesa dei territori, per la lotta sociale e per la sua estensione nel processo elettorale”.

Luis Tapia parla dopo il primo turno delle elezioni presidenziali in Ecuador. L’ex dirigente della Confeniae (Confederazione delle nazionalità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana) è parte dello staff della campagna elettorale di Leonidas Iza, il presidente della Conaie, candidato presidente per il Pachakutik. Leonidas ha preso quasi il 5.3% dei voti. È arrivato terzo, dietro al presidente uscente Noboa e la candidata del correismo Gonzalez entrambi con circa il 44% delle preferenze. Tutte e tutti guardano ad Iza e a quel che dirà, perché quel 5.3% oggi è determinante per definire chi siederà sulla poltrona presidenziale. Daniel Noboa, il presidente uscente, è figlio del più ricco uomo del paese, Alvaro Noboa. Il padre si è candidato cinque volte alla presidenza del paese ma a differenza del figlio non si è mai seduto sulla poltrona presidenziale. Daniel è nato a Miami e già a 18 anni è entrato nel mondo imprenditoriale con una sua società che organizzava eventi.

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Luisa Gonzalez, la candidata del correismo, come nel 2023 è al ballottaggio con Noboa. Avvocata e politica navigata, dal 2021 è parte del parlamento ma già nel 2007 si era candidata all’assemblea costituente per il Partido Social Cristiano (PSC). González è uno dei punti di contatto tra il movimento correista e il PSC, accordo tra partiti che più volte si è rinnovato negli anni a partire dal 2019.

Iza però ha già detto chiaramente che non darà indicazione di voto perché lui è la faccia di un progetto collettivo, da solo non è nessuno e quindi non fa endorsment. Ci saranno momenti collettivi e collettivamente il Pachakutik dirà se uno dei due candidati ha un progetto politico che si sentono di appoggiare. Una rottura politica con la consuetudine. Iza porta la visione indigena dentro la politica tradizionale e lo fa in un paese piccolo ma oggi all’interno di dinamiche geo-politiche importanti.

Tapia aggiunge che il voto per Iza è stato “senza dubbio di un elettorato anti-establishment che ha capito e ha avuto fiducia in una candidatura emersa dal cuore delle organizzazioni di massa. In una campagna elettorale estremamente avversa, dove gli investimenti milionari, del progressismo da un lato e del capitale agroindustriale dall’altro, hanno determinato il tono della campagna la candidatura popolare di Iza emerge, e posiziona il progetto politico del movimento indigeno e dei settori emarginati della società più in là della sola figura di Iza”. 16 erano i candidati e le candidate, solo 4 hanno superato lo zero virgola. La quarta è Andrea González Nader, con quasi il 3% dei voti che già ha fatto capire dove e come si posizionerà nel secondo turno: “Il socialismo del XXI secolo ha dimostrato cosa fa con le nostre risorse non rinnovabili, che investe nel proprio progetto politico e non per farci uscire dal sottosviluppo” e poi ha aggiunto “Il fantasma del socialismo del XXI secolo è entrato in questa corsa elettorale con grande forza”, facendo intuire che non darà il sostegno a Luisa González al secondo turno, in quanto la considera la candidata di quello che chiama “socialismo del XXI secolo”. Daniel Noboa parte della più ricca e importante famiglia imprenditoriale del paese, come Bukele si definisce di Centro-Sinistra, nonostante la sua natura politica lo ha portato a schierarsi con Trump. Anche se a giugno aveva detto che il leader latino americano con cui si sentiva più allineato era il brasiliano Luiz Inácio Lula Da Silva, mentre vedeva il colombiano Gustavo Petro come “uno snob di sinistra”, il salvadoregno Nayib Bukele come “arrogante” e l’argentino Javier Milei come “pieno di sé”, il tutto parlando del continente con il The New Yorker. Noboa rappresenta il “non politico” che si presta alla politica e così è pronto a spaziare, cambiare casacca, posizionarsi come meglio crede. Lo scenario oggi in Ecuador è quello di crisi economica e sociale molto profonda, e la paura per la violenza criminale è alta. Il correismo, durante i suoi anni di governo, ha portato e supportato progetti estrattivisti, e così si é generato uno strappo e una distanza con il mondo indigeno organizzato. Ma la postura estrattivisti non è stata persa dal correismo e dai suoi alleati negli anni. È già successo che il Pachakutik decidesse di astenersi durante il ballottaggio, considerando sia il progressismo che la destra parte del problema, perché partiti legati al capitalismo. Il Pachakutik di oggi, però, ha una visione più internazionalista e potrebbe fare altre scelte. Ci saranno due mesi di campagna elettorale per il secondo turno, Noboa e Gonzalez più che trovare il supporto di altri candidati dovranno convincere le basi sociali che hanno deciso di non aderire ai loro due progetti politici di fidarsi di loro. E non è scontato che accada, soprattutto nel caso del mondo indigeno che non risponde a logiche verticistiche né classicamente politiche. È facile pensare che oggi non ci sarà solo l’Ecuador in campagna elettorale.

Musk e Trump sono dietro l’angolo, anche se nessuno dei due finora ha preso parola ed è stato più Noboa a strizzare l’occhio al Tycoon annunciando dazi al Messico e decretando che i migranti che gli USA deporteranno prenderanno 470 dollari al mese per tre mesi. È difficile pensare però che le mire espansionistiche di Musk e la ricerca di partner in crime di Trump non mettano al centro del loro operato Noboa, giovane rampante e ambizioso che come loro viene da una storia imprenditoriale e non politica.

Le elezioni presidenziali sono state accompagnate da quelle legislative. Per aver la maggioranza dentro all’assemblea ecuadoriana servono 76 parlamentari, né Accion Democratica Nacional (66), il partito di Noboa, né Revolucion Ciudadana (67), di Luisa Gonzalez, raggiungeranno questa quota, obbligando entrambi in partiti ad alleanze, forse anche mutevoli nel tempo, con il Partito Social Cristiano (5 parlamentari), il Partito Sociedad Patriotica (1) e appunto il Pachakutik (10), e ancora 2 seggi sono da assegnare.

Lo scenario è complesso e racconta di un Ecuador spaccato ma non domato, tanto che Tapia ci dice: “un ultimo aspetto che va sottolineato è la forte lotta ideologica condotta dalla candidatura del Movimento Indigeno e dal candidato alla presidenza. Iza ha portato nel dibattito alcune tesi di sinistra che hanno dato vita a una nuova concezione e soprattutto a un nuovo immaginario, alzando livello e profondità del dibattito, a differenza delle altre candidature che hanno optato per lo spettacolo mediatico come unica strategia. Si tratta – continua Tapia – di un aspetto non trascurabile che, sebbene non abbia necessariamente un effetto quantitativo in termini di voti, qualitativamente ha un significato preponderante nell’attuale contesto elettorale”.

Quel che è certo è che Iza, il Pachakutik e la Conaie sono una realtà sociale e di opinione forte, tanto che dove il partito indigeno va meglio, crolla il correismo. Insomma, che sia lotta politica per le strade del paese, dentro le istituzioni o nella messa a disposizione dei voti per il secondo turno, l’Ecuador sa che il mondo indigeno, popolare, e radicale del paese sono un fattore tutt’altro che secondario, e che dissesta il campo del bi-polarismo. Le elezioni in Ecuador ci dicono anche questo e in questi due mesi il ruolo di Iza sarà centrale.

L’altro tassello sarà quello dei gruppi criminali che dal 2023 si sono fatti presenti, con continuità, nella campagna elettorale. E se nel 2023 sono stati il volano per Noboa, oggi una recrudescenza della violenza criminale potrebbe essere invece la zappa sui piedi del presidente uscente che ha aperto una guerra, per ora lontana dal portare risultati, contro i gruppi criminali. Questi attori sanno ben consapevoli del potere che detengono oggi, e le loro mosse diranno molte cose sull’Ecuador di domani. Pagine Esteri

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