Gestori, contrordine: per gli attivi è sempre più facile battere il mercato

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Uno studio Schroders mostra che la tesi del ‘gioco a somma zero’ è stata fraintesa. E che l’aumento degli investimenti non allocati in base ai pesi del mercato favorirà sempre più la gestione attiva

I gestori attivi hanno maggiori opportunità di battere il mercato e ne avranno ancora di più in futuro, persino in un ambiente complesso e sfidante come quello statunitense. Il contrordine arriva da Schroders, che in uno studio firmato da Jon Exley e Andrew Rymer, rispettivamente head of specialist solutions e senior strategist Strategic research unit, dimostra come l’argomento più diffuso contro la gestione attiva, il cosiddetto ‘gioco a somma zero’ è stato non solo abusato ma soprattutto frainteso.

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Perché la tesi del ‘gioco a somma zero’ si sbaglia

Secondo la nota tesi, esistono due tipi di investitori: attivi e passivi. E i rendimenti ottenuti in aggregato devono essere pari al mercato. Perché un attivo possa sovraperformare, un altro come lui deve quindi sottoperformare. E poiché questi applicano commissioni più elevate, in aggregato si trovano a sottoperformare i colleghi passivi (al netto delle commissioni). “La logica ha senso ma spesso non è corretto il modo in cui viene applicata”, avvertono però i due esperti di Schroders, che ricordano come il diavolo si nasconda quasi sempre nei dettagli. “Tecnicamente gli investitori passivi del ‘gioco a somma zero’ sono quelli che acquistano ogni titolo in proporzione al peso della sua capitalizzazione: ad esempio, se un titolo rappresenta il 5% del mercato, dovrebbe costituire il 5% del portafoglio”, fanno notare. Ne consegue che chiunque non agisca così dovrebbe passare dalla parte degli attivi. Tra questi, quindi, anche chiunque prenda decisioni di allocazione azionaria di tipo settoriale, stilistico, geografico, orientato alla sostenibilità/ESG, tematico o di altro tipo. “Comprate un ETF tecnologico? Nel ‘gioco a somma zero’, siete un investitore attivo: gli elementi costitutivi possono rimandare alla gestione passiva, ma alla fine si ottiene un portafoglio che si discosta dalle ponderazioni generali del mercato”, chiariscono Exley e Rymer. Precisando che ciò comprende anche gli investitori retail che scelgono i singoli titoli. E persino i ‘meme stock’.

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Lo dice anche William Sharpe

D’altra parte, fanno notare i due, persino William Sharpe, nella formulazione originale dell’argomento del gioco a somma zero, lo afferma esplicitamente: “I gestori attivi potrebbero non rappresentare appieno la componente ‘non passiva’ del mercato in questione… È ovviamente possibile che il dollaro medio gestito in modo attivo a livello professionale o istituzionale superi il dollaro medio gestito in modo passivo, al netto dei costi”, scrive l’accademico. Non solo. Tale tesi si applica all’insieme di tutti gli attivi. Ma Exley e Rymer osservano che ciò non può tradursi nel fatto che un sottoinsieme di investitori attivi, o addirittura l’investitore attivo medio o mediano, non possa sovraperformare il passivo. “Ciò non significa che lo faranno, ovviamente. Ma non c’è l’impossibilità matematica che spesso viene suggerita”, chiariscono. 

La carica del ‘neo passivi’

Fin qui la teoria. Cui si aggiunge la realtà, con le sue innovazioni. A partire dal recente aumento di  investitori che rientrano nella categoria degli attivi, ma che non sono gestori di fondi azionari attivi. Cosa che porta Exley e Rymer a essere più fiduciosi sulle prospettive future di questi ultimi. “Di recente si è assistito a una proliferazione di ETF che non replicano il mercato generale: li chiamiamo ‘neo passivi’. Solo negli USA il numero di questi strumenti è sei volte quello dei tradizionali e la raccolta è stata del 50% superiore dall’inizio del 2018 alla fine di luglio 2024”, argomentano. Facendo notare come le conseguenze si possano vedere osservando quanto queste strategie allochino sui titoli più importanti del mercato Usa. “Non c’è dubbio: l’ascesa delle strategie ‘neo passive’ si traduce in decisioni attive di selezione dei titoli, consapevoli o meno”, affermano. 

Neo passivi: la fotografia di un boom

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ETF neo passivi ed ETF tradizionali negli ultimi 20 anni. Dati al 31 luglio 2024. Fonte: Morningstar, Schroders

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Ampiezza del posizionamento tra i dieci ETF con i flussi più alti a 5 anni. Dati al 31 luglio 2024. Fonte: Morningstar, Schroders

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Il ritorno (in massa) degli stock picker privati

Un altro cambiamento decisivo è rappresentato dall’ascesa dell’investitore retail, accelerata dal passaggio al trading senza commissioni presso alcuni grandi broker statunitensi, spesso tramite app. Basti pensare che nel 2023 il numero di individui con conti di trading presso un peer group di quattro grandi broker era più che doppio rispetto al 2016. “I dati della Survey of Consumer Finances della Federal Reserve mostrano che la quota di singole azioni detenute sul totale degli asset finanziari è aumentata fino a raggiungere livelli mai visti dal picco della bolla Dotcom. Questa cifra si riferisce solo alle azioni detenute direttamente e non include i fondi comuni di investimento o gli Etf”, analizzano i due esperti. Prevedendo che, dato l’entusiasmo per i Magnifici 7, è facile immaginare che questa linea si sarà spostata ancora più in alto.

Un successo anche di pubblico

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Numero di investitori privati che hanno una posizione aperta. Dati al 31 dicembre 2023. Fonte: Fidelity, Schwab, Robinhood, TD Ameritrade 

L’effetto delle transazioni

L’altra parte dell’argomentazione del gioco a somma zero che non supera il test del mondo reale è, secondo Exley e Rymer, l’idea che qualsiasi investitore possa essere passivo nel senso definito da Sharpe. “Semplicemente non è possibile ottenere il rendimento del mercato investendo denaro in linea con le ponderazioni di ciascun titolo in un determinato indice di riferimento, per poi rimanere fermi”, spiegano. Citando a questo proposito le IPO, le promozioni e retrocessioni da un mercato all’altro, come le large cap rispetto alle small cap, e altri cambiamenti, come la decisione di Msci di qualche anno fa di aumentare la percentuale di capitalizzazione delle A-share cinesi nei suoi principali benchmark. “Tutte queste transazioni creano opportunità di trasferimento di ricchezza dagli investitori passivi a quelli attivi: i primi possono negoziare in anticipo rispetto all’implementazione delle modifiche agli indici, per poi venderei ai secondi quando diventano acquirenti forzati”, evidenziano.

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Gli esperti fanno anche notare che il ribilanciamento dell’indice porta a un aumento dei volumi di trading e alla variabilità dei prezzi dei titoli interessati, molto popolari per alcune strategie attive. E che gli investitori attivi sono anche in grado di partecipare alle IPO, mentre i passivi di solito non lo fanno. Inoltre, i nuovi ingressi e le uscite dai benchmark dei mercati sviluppati, a elevata capitalizzazione, sono relativamente pochi, ma sono molto più importanti altrove. “Il turnover è elevato per molti indici di borsa popolari, il che rende necessaria una quantità significativa di trading da parte degli investitori passivi”, osservano. 

Per non parlare dei mercati obbligazionari, dove il problema è ancora maggiore, con le società che regolarmente emettono nuovi bond. “Tenere il passo con la mutevole composizione dell’indice è uno dei motivi per cui molti ETF obbligazionari passivi hanno un pessimo risultato nel seguire i loro benchmark”, continuano di due esperti. Facendo notare che il più grande exchange traded fund sul debito high yield ha sottoperformato il suo benchmark dello 0,6% annuo nei cinque anni fino a fine 2024, dello 0,9% annuo nei dieci anni e dell’1,5% annuo dalla nascita nel 2007. “Carenze di gran lunga superiori al suo indicatore di costo”, precisano. 

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Più ottimisti sul futuro della gestione attiva

Insomma, per gli esperti di Schroders non solo la tesi del ‘gioco a somma zero’ è discutibile, ma l’aumento del numero di investitori e del valore degli investimenti non allocati in base ai pesi del mercato più in generale spinge ad essere più ottimisti sul futuro della gestione attiva rispetto al passato. “Ciò non significa che il gestore medio di un fondo avrà una performance superiore alla media, ma significa che non si deve dare automaticamente per scontato che non possa farlo”, chiariscono. Concludendo che è però il momento di riconsiderare le proprie convinzioni sulla gestione attiva e passiva, “anche in mercati tradizionalmente ritenuti efficienti”.

📍Per approfondire vai al Cornerstone Reddito Fisso

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