I nostalgici della sinistra eversiva schierati con i gruppi antisemiti

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I nostalgici della sinistra eversiva schierati con i gruppi antisemiti.

Una strategia di logoramento studiata a tavolino ed elaborata con il contributo di vecchi nostalgici e latitanti dei gruppi eversivi  social-rivoluzionari, simpatizzanti di gruppi terroristici palestinesi, realtà antagoniste della sinistra extraparlamentare ed il contributo essenziale delle formazioni dei CARC e del Nuovo partito comunista italiano.

Tale assioma deriva dall’analisi di documentazione pubblica tratta dai websites di settore, da social media ed altre fonti, pubbliche o di settore, accostata agli eventi che hanno caratterizzato, sebbene in maniera relativa, gli ultimi mesi.

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La galassia del movimentismo di sinistra ha inteso concentrare i suoi sforzi contro il “Governo Meloni”, ritenendolo abusivo, neofascista, sionista per giungere a definirlo una propaggine dell’imperialismo Usa e del sionismo.

Tesi assai puerili e facilmente confutabili, sostenute, in parallelo, da iniziative estemporanee di sabotaggio dei trasporti pubblici, violente manifestazioni di piazza, comportamenti al limite della censura dei “togati in rosso”, fatti che hanno reso plausibile ritenere come tali iniziative, sebbene parallele, siano in realtà frutto di una più ampia strategia indirizzata a influenzare le politiche dell’Esecutivo soprattutto in tema di politica estera.

Ma per fornire un panorama esaustivo sulla follia propagandistica e sul delirio movimentista posti in atto dagli pseudo rivoluzionari sinistrati, occorre rifarsi al passato. Un passato scomodo che li ha visti perdenti nel consenso e, soprattutto, sul “campo di battaglia”.

Nei giorni scorsi, l’Associazione dei giovani palestinesi in Italia, ha diffuso un comunicato sui principali social network che intendeva screditare le dichiarazioni del neo presidente degli Usa, Donald Trump, in merito alla soluzione proposta sulla questione dei gazani.

Una formulazione certamente non proprio ortodossa, ma che ricalca in toto la problematica di una convivenza forzosa tra lo Stato democratico di Israele e una realtà composita di onesti cittadini e lavoratori, simpatizzanti e fiancheggiatori di entità terroristiche e una massa indistinta di estremisti, spinti dai rispettivi leader a cancellare la presenza ebraica da una regione storicamente loro spettante.

Da parte dei propal, critiche più che legittime in democrazia, posto che il concetto medesimo di démos, “popolo” e krátos, “potere”, ovvero un sistema politico che si fonda sul principio della sovranità popolare, dove il potere appartiene al popolo, che lo esercita attraverso le forme di partecipazione diretta o indiretta, sia da essi conosciuto. 

Un principio che mal si adegua a coloro i quali contestano, per innanzi, un Governo democraticamente eletto, definendolo “abusivo”e, come un gregge mal guidato, si propone di ostacolare le decisioni votate a maggioranza sia dalla Nazione ospitante, l’Italia, sia dalla culla della democrazie mondiali, gli USA, sia dall’unico baluardo democratico in Medio Oriente, Israele.

Nel comunicato citato, si chiede di ricorrere ad una “Chiamata all’escalation della mobilitazione contro il sionismo e l’imperialismo americano”, parole forti ad iniziare un testo delirante che, comunque, a scanso di equivoci, gli analfabeti funzionali tra i ranghi del “gregge” riuscirebbero a pericolosamente comprendere solo le componenti essenziali, scevri da una reale full immersion storica negli argomenti trattati.

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Di seguito riportiamo alcuni tratti del delirante comunicato divulgato dall’Associazione dei giovani palestinesi in Italia nei quali si evince la volontà di “alzare il livello dello scontro”, frase che ben ricava l’intenzione emulativa di antiche frange di intangibili sostenitori dello scontro a tutti i costi:

Il piano di Donald Trump per Gaza e la Cisgiordania non è altro che la manifestazione più palese del progetto di pulizia etnica su scala industriale che da sempre l’entità sionista brama di attuare in Palestina: una deportazione di massa che mira alla totale cancellazione del popolo palestinese e al suo esilio perpetuo dalla sua terra. Questo è il volto dell’imperialismo di stampo occidentale, della barbarie travestita da progresso, della violenza più spietata che mira a ridisegnare la Palestina come una colonia esclusivamente ebraica, frutto di espropriazioni, di sterminio e di pulizia etnica.

Trump, con la sua arroganza, non fa altro che accelerare il progetto genocida che gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto. La falsa retorica dello sviluppo e della modernizzazione serve solo a mascherare l’espulsione forzata, il massacro e l’appropriazione sistematica della terra palestinese. Gli USA non hanno mai smesso di essere i mandanti dell’oppressione sionista, fornendo armi, copertura diplomatica e sostegno economico incondizionato all’entità criminale “israeliana”.

E, ad innalzare i toni, segue la citazione successiva che ben dettaglia una volontà di perseguire i propri scopi anche con mezzi non convenzionali:”ORA È IL MOMENTO DELL’ESCALATION ANCHE QUI – Non bastano più le parole, non bastano più le condanne vuote. La lotta non può essere confinata alla solidarietà passiva. Dobbiamo trasformare ogni città, ogni quartiere, ogni luogo di lavoro in un fronte di battaglia contro l’occupazione, contro il sionismo, contro l’imperialismo.

In Italia dobbiamo colpire gli interessi sionisti e imperialisti ovunque si trovino. Dobbiamo isolare le multinazionali che finanziano “Israele”, bloccare le banche che investono nell’industria bellica sionista, smascherare e paralizzare le istituzioni politiche e accademiche che si piegano ai diktat di Washington. Il sistema capitalistico occidentale è complice e alimenta la guerra contro la Palestina: dobbiamo aprire un fronte nel “ventre della bestia” dobbiamo colpire la macchina che finanzia, arma e protegge il colonialismo sionista.

Boicottare non basta. Manifestare non basta. Dobbiamo colpire i centri del potere, sabotare i nodi strategici dell’economia di guerra, bloccare le sedi delle multinazionali che forniscono tecnologia e risorse all’esercito “israeliano”.

Gli USA e i loro burattini non devono più avere spazi in cui muoversi indisturbati.

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In Italia lottiamo contro i tentacoli del sionismo che infestano la politica, l’economia e i media. Lottiamo contro la complicità del governo che continua a sostenere “Israele”.

Lottiamo contro le basi NATO che servono da infrastruttura logistica per la guerra imperialista nel mondo arabo. Lottiamo per una rottura totale con Washington e l’entità sionista. Non c’è neutralità possibile: o si sta dalla parte della Palestina e della sua resistenza, o si è complici del massacro. Non ci fermeremo. Non faremo passi indietro. La Palestina sarà libera, dal fiume al mare!”.

Ma ciò non basta a configurare il delirio ideologico dei sinistrati, propal e affini. Sulle web pages dei CARC, con data 24 ottobre 2024, appare il “Testamento di Yahia Sinwar”, noto leader di Hamas nella Striscia di Gaza eliminato dall’Idf il 16 ottobre scorso, definito come “martire della lotta di resistenza del popolo palestinese contro l’occupazione sionista e dirigente dell’organizzazione politica Hamas”, si badi bene, “organizzazione politica” e non terroristica…

Eppure questi analfabeti funzionali della sinistra propal proprio non intendono sforzarsi di comprendere come le politiche dei terroristi gazani altro non sono che una cieca obbedienza al volere supremo degli ayatollah, per di già sciiti, del regime iraniano, sempre foriero di nuove iniziative che muovano a cancellare Israele dalla faccia della Terra.

Gli stessi nostalgici degli “Anni di piombo” che pubblicano una lista di fantasiose “Entità sioniste”  di pseudo agenti al servizio di Israele, nella realtà dei fatti, una lista profondamente antisemita per lo meno nei canoni della composizione, con l’intento sottinteso di porli alla berlina e di fornire indicazioni a chi, in preda ad un tossico furore antisemita o comunque ad un furore realmente tossico-dipendente, si proponga di colpire i soggetti contenuti nella lista di proscrizione.

A sostenere le tesi propal, si aggiungono ulteriori esternazioni dei redattori del website del Nuovo partito comunista italiano, gli stessi che hanno prodotto la lista di proscrizione delle “entità sioniste operanti in Italia”.

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A differenza dei connessi propal d’importazione, il linguaggio è più consono ed afferente a quello ben più articolato proposto dai “brigatari” negli anni ’70. 

A titolo esemplificativo, riportiamo lo scritto redatto dal Comitato di Partito del (n)PCI “Babuskin” citato come “Comunicato n. 12 del 20 gennaio 2025”:

“Avanzare nella lotta in solidarietà con il popolo palestinese per noi comunisti e antimperialisti italiani vuol dire spezzare il protettorato USA!

In questa fase sul territorio napoletano, come nel resto del paese, è in corso una lotta accanita che sta attraversando il movimento di solidarietà con la resistenza palestinese e di lotta contro il governo Meloni. Questa lotta è frutto della necessità di dare una prospettiva a tutte le mobilitazioni in corso.

Tale prospettiva non si svilupperà se prevarranno le illusioni di farne bacino elettorale e di regolare i conti su “chi comanda nelle piazze”, illusioni che solo alimentano concorrenza e divisioni identitarie.

Queste concezioni sono figlie del disfattismo, della sfiducia nelle masse e dell’idea che non è possibile farla finita con il capitalismo ma limitarsi a sopravvivere o nel migliore dei casi riformarlo. Sono posizioni nocive per tutto il movimento di resistenza delle masse popolari. Posizioni trasversali a tutto il movimento di resistenza delle masse popolari ma non per questo aderenti alla realtà né tanto meno maggioritarie. Non sono aderenti alla realtà perché la resistenza delle masse popolari all’oppressione della borghesia è un processo spontaneo e inesauribile. Un fiume che la borghesia qualunque cosa faccia non fa altro che alimentare. È questo che rende le masse popolari e la loro resistenza invincibili. È da questa resistenza che emergono le avanguardie, i capi e le forze rivoluzionarie per avanzare nella lotta contro la borghesia. È in queste forza inesauribile che in ultima istanza risiede la vittoria contro la borghesia. Non sono maggioritarie perché l’aspirazione all’unità è sulla bocca di tutti i compagni e le compagne che si stanno mobilitando da oltre un anno in solidarietà con la resistenza palestinese. Una linea, quella unitaria, che ogni compagno e attivista di ogni area politica, sindacale e sociale deve contribuire ad affermare ed estendere. La lotta è tutta aperta e l’obiettivo è innanzitutto uno: coordinare e organizzare il movimento di lotta delle masse popolari contro la guerra e in solidarietà con la resistenza palestinese e dei popoli del Medio Oriente, per cacciare il governo Meloni servo degli imperialisti USA, della NATO e di sionisti.”

Ma a precedere e seguire i comunicati riportati, sono innumerevoli le esternazioni anti-tutto (antisioniste, antimperialiste, antisemite, antitaliane…) di cui CARC, Nuovo Pci, propal ed entità antagoniste si sono resi responsabili. 

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Il tutto alla luce del sole, onde soffiare sul fuoco già ardente di una sorta di intendimento rivoluzionario assolutamente fuori tempo.

In nessuno degli scritti citati si denota una proposta significativa, pacificatoria o propositiva di una soluzione del conflitto. L’odio disseminato è gratuito, si cerca un nemico da colpire, da abbattere, sia egli un rappresentante delle Istituzioni o un giornalista, se non un semplice cittadino di origini o religione ebraiche. 

Questi gruppuscoli di fanatici dell’odio, pur pubblicando le loro folli intenzioni, agiscono, in contemporanea, nel sottobosco, fomentando le piazze, i centri sociali ed alimentando tra le comunità di immigrati la consapevolezza di essere al centro di una combutta orchestrata da Israele ed Usa con la complicità del Governo italiano.

Stupisce come le entità come il Nuovo Pci si definiscano clandestine, con un leader dal soprannome “Ulisse”, che dovrebbe muovere le redini del movimento giovandosi di un completo anonimato…

Stupisce poiché sono ben noti i componenti dei vari direttivi, siano essi dei CARC o del Nuovo Pci, così come i capipopolo dei propal e centri sociali. Sono note le sedi, le cantine utilizzate per le riunioni “clandestine”, le chat “chiuse”, le App per la creptazione dei messaggi via web, le cassette postali utilizzate per le comunicazioni anche a livello europeo, con particolare riferimento alla rete agente in Francia. Sono altrettanto notorie le alleanze e le collaborazioni internazionali con la Revolutionarer Aufbau della Svizzera, il Komitee Gegen Isolationshaft-Ikm tedesco, l’APAPC – Association des parentes et Amis des prisonniers comunistes di Bruxelles, il Partito comunista spagnolo ricostituito, il “DHKP-C” turco, l’Action directe francese, le Cellule comuniste combattenti del Belgio così come quella con le “FARC” colombiane ed i gruppi anarchici greci e tedeschi, senza sottovalutare il trait d’union che lega l’antagonismo italiano propal a realtà consolidate sul territorio nazionale impegnate nel boicottaggio dei rapporti istituzionali con Israele e dei prodotti dello Stato ebraico (movimento BDS).  

Eppure, questi fenomeni da tastiera persistono nel rincorrere i loro sogni di gloria certi dell’impunità e nell’inazione del “nemico”. Ma mentre sull’impunità possiamo concordare, vista l’ampia rappresentanza di “toghe rosse” all’interno degli apparati della magistratura, sulla mancata reazione dell’avversario non ne andremmo così certi. Come si dice, “Maj dire Maj”…

Così come, riprendendo tesi confutate dagli eventi, questi pseudo ideologi ripropongono pensieri condivisi solo tra gli adepti, tentando di scuotere l’ambiente circostante ed il popolo del web.

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Sono trascorsi decenni dagli infausti tentativi di imporre ideologie improponibili, ma ancora siamo costretti a leggere: “Oggi, la sconfitta delle BR è portata come dimostrazione che è impossibile fare la rivoluzione e instaurare il socialismo nel nostro paese invece, le BR furono un’organizzazione rivoluzionaria realmente innovatrice: con la propaganda armata imposero che la rivoluzione socialista è anche un fatto d’armi dimostrando, per la terza volta in Italia dopo il Biennio Rosso e la Resistenza al nazi fascismo, la possibilità concreta di dirigere le masse popolari nel passaggio dalla prima (la difensiva strategica) alla seconda fase (l’equilibrio strategico) della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata”.

Frasi che condurrebbero chiunque a chiedere urgenti trattamenti sanitari obbligatori nei confronti degli estensori di tali nefandezze antistoriche. 

Oltremodo, proposizioni reiterate nel tempo con i medesimi canoni: Il (n)PCI ha assimilato la lezione dell’esperienza delle Br, della quale tengono conto le tesi sulla strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata e, in particolare, la concezione secondo cui la rivoluzione socialista non scoppia ma si costruisce.

Propositi rivoluzionari fatti propri unicamente da pochi seguaci degli ideologi, ma non per questo meno pericolosi, soprattutto alla luce del periodo storico assai delicato che ci troviamo a vivere.

Il rischio attuale è quello delle correnti parallele, una fortemente influenzata da un revanscismo politico-militare, l’altra da quello di carattere etnico-religioso. 

Un mix di elementi che potrebbe certamente portare a una deflagrazione di estremismi condotti a regola d’arte in chiave anti-democratica mistificando gli eventi e tentando di portare il Paese a porre in essere legislazioni d’emergenza, allo scopo di apparire vittime del sistema e di chiedere solidarietà e consenso. Le medesime dinamiche seguite in relazione agli eventi in Medio Oriente.

Dopo il genocidio (quello vero) del 7 ottobre 2023 patito dai civili israeliani (sottolineando “israeliani” e non solo ebrei, ma musulmani, drusi, cristiani…), qualsiasi Paese a livello globale avrebbe reagito con veemenza al vile attacco di Hamas e affini e, come in ogni conflitto, parte della popolazione gazana ne è rimasta drammaticamente coinvolta suo malgrado, così come nel caso dei terroristi di Hezbollah, degli Houthi e della Jihad islamica rispettivamente in Libano, Yemen e Giudea-Samaria. Popolazioni indotte con la forza e l’arroganza di miliziani armati a coprire i movimenti dei gruppi terroristi, ad ospitarne i latitanti e i leader piuttosto che le rampe di lancio per vettori esplosivi. 

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A fronte della situazione creatasi, la tregua concordata da pochi giorni, viene oggi a interrompersi a causa dell’intransigenza di Hamas e della palesata volontà di recuperare il terreno perduto soprattutto nell’ottica del reclutamento e della smania di comando dei vertici dell’organizzazione terroristica in cerca di rivincite. 

Israele, dal canto suo, ha già pagato un caro prezzo per ottenere la liberazione di pochi suoi cittadini tenuti in ostaggio dai terroristi gazani da più di un anno, rilasciati in condizioni pietose, mentre  centinaia di assassini sono stati liberati dalle carceri di Israele e giunti nella Striscia accolti come eroi, hanno ben pensato di farsi riprendere mentre imbracciano nuovamente le armi, circondati da pagliacci in uniforme improvvisamente riapparsi con il “cessate il fuoco” dopo mesi trascorsi rintanati nei rifugi, negando l’evidenza della sconfitta politica e militare che si andava delineando e facendosi scudo della popolazione locale, essa sì, inerme e soggiogata.

Oggi la situazione è però cambiata. La nuova amministrazione USA, sebbene fautrice degli “Accordi di Abramo” di alcuni anni fa, ha cambiato direzione. Si è finalmente compreso come lo Stato di Israele non debba essere abbandonato a se stesso a fronte di una problematica che ha ormai un carattere globale. Solo l’Europa si mostra sorda, illusa di risolvere il problema della forzata convivenza tra un’entità democratica ed una terrorista, quasi necessitasse di una profonda riflessione tesa a sostenere i diritti umani di una sola delle parti.

A tale proposito, ed in conclusione, giova citare Ernesto Galli della Loggia per il suo scritto apparso sulla prima pagina del Corriere della Sera del 12 febbraio dove propone un quesito lampante: “Chi mai accetterebbe di avere come vicino uno stato governato da Hamas? Ad una simile domanda nessuno di noi ha mai pensato di dover rispondere”.


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