Palermo, Cosa nostra si riorganizza senza la Cupola

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In due settimane, piĆ¹ di duecento arresti per fermare la riorganizzazione di Cosa nostra nel capoluogo siciliano. Segnale che dopo la morte di TotĆ² Riina nel 2017, la mafia cerca di darsi una nuova struttura e, non riuscendoci, trova soluzioni alternative per continuare traffici, estorsioni e controllo dell’economia. Ma lo Stato reagisce

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Redazione
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13 febbraio 2025

Lā€™operazione di martedƬ 11 febbraio e, prima ancora, quella del 29 gennaio. A Palermo magistratura e forze di polizia si sono date un gran daffare per contrastare una ā€œintensa e attuale opera di riorganizzazione di Cosa nostraā€ nelle sue varie articolazioni allā€™interno della cittĆ . Lo si legge nel decreto di fermo ā€“ firmato il 4 febbraio ā€“ su cui si basa lā€™operazione eseguita allā€™alba di martedƬ dai carabinieri del comando provinciale di Palermo, che hanno arrestato 163 persone, e dal Raggruppamento operativo speciale dellā€™Arma, che ne ha arrestati altri venti. Sono stati quasi 1.200 i militari impegnati, cinque i sostituti procuratori che hanno firmato lā€™atto, a cui si sommano la procuratrice aggiunta Marzia Sabella e il procuratore Maurizio De Lucia.

La difficile riorganizzazione di Cosa nostra

ā€œLe persone di una volta, quelli che disgraziatamente sono andati a finire in carcere per tutta la vita, ma che parlavano della panetta di fumo? CioĆØ se ti dovevano fare un discorso di fumo, te lo facevano perchĆ© doveva arrivare una nave piena di fumoā€Giancarlo Romano – Boss emergente del quartiere Brancaccio ucciso il 26 febbraio 2024

Il quadro tracciato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo attraverso le indagini ĆØ quello di unā€™organizzazione in cui i vecchi boss di Cosa nostra rimasti in circolazione, oppure tornati liberi dopo un lungo periodo di detenzione, cercano di ripristinare un ordine che le generazioni piĆ¹ giovani non sono state in grado di mantenere, ridotte a ā€œcampare con la panetta di fumoā€: ā€œLe persone di una volta, quelli che disgraziatamente sono andati a finire in carcere per tutta la vita, ma che parlavano della panetta di fumo? CioĆØ se ti dovevano fare un discorso di fumo, te lo facevano perchĆ© doveva arrivare una nave piena di fumoā€, spiegava in maniera efficace Giancarlo Romano, 37 anni, boss emergente del quartiere Brancaccio ucciso il 26 febbraio 2024. Le nuove generazioni mafiose sarebbero incapaci di creare legami importanti con il potere politico, economico e la massoneria. ā€œIl livello ĆØ basso oggi arrestano a uno e si fa pentito arrestano un altro. Livello misero, bassoā€, affermava Romano constatando il quadro intorno a sĆ©. ā€œNoi dobbiamo crescereā€, diceva. E per farlo, spronava lā€™interlocutore: ā€œA scuola te ne devi andareā€, perchĆ© lƬ ā€œconoscerai dottori, avvocati, quelli che hanno comandato lā€™Italia, lā€™Europaā€, e anche i massoni, ā€œgente con certi ideali ma messi nei posti piĆ¹ importantiā€. Faceva lā€™esempio de Il Padrino, lā€™immaginario don Vito Corleone che ā€œnon era il capo assolutoā€, ma era ā€œmolto influente per il potere che si ĆØ costruito a livello politico nei grossi ambientiā€.

Emerge che ad ogni arresto di un capo di un mandamento (cioĆØ lā€™area controllata da una o piĆ¹ famiglie di Cosa nostra), si provvede a sostituirlo temporaneamente con un reggente che, a sua volta, se arrestato sarĆ  subito rimpiazzato. Eppure, nonostante la disponibilitĆ  di ricambi, quella descritta dalle operazioni ĆØ anche unā€™organizzazione stanca di adoperarsi per mantenere i tanti detenuti e le loro famiglie, e molto indebolita dallā€™azione dello Stato, che ha sempre stroncato sul nascere ogni tentativo di ricostituire la commissione provinciale (cioĆØ la Cupola, lā€™organismo che raggruppa i capi dei mandamenti di una provincia): ā€œSe lā€™hannu fattu tre volte e tre volte al nascere della cosa hanno arrestato a tutti…ā€, diceva un detenuto (Francesco Pedalino, di Santa Maria di GesĆ¹) il 28 febbraio 2024.

Dopo la morte di TotĆ² Riina, a Palermo Cosa nostra ha tentato di riorganizzarsi

Colpiti i mandamenti della cittĆ 

A Palermo Cosa nostra ĆØ suddivisa in 15 mandamenti (8 in cittĆ  e 7 in provincia) e 82 famiglie, di 33 in cittĆ  e 49 in provincia. Immagine dalla relazione della Direzione investigativa antimafia
A Palermo Cosa nostra ĆØ suddivisa in 15 mandamenti (8 in cittĆ  e 7 in provincia) e 82 famiglie, di 33 in cittĆ  e 49 in provincia. Immagine dalla relazione della Direzione investigativa antimafia

Gli arresti di martedƬ colpiscono i presunti appartenenti alle famiglie mafiose dei mandamenti di Porta Nuova, Pagliarelli, Tommaso Natale ā€“ San Lorenzo, Bagheria e Santa Maria del GesĆ¹, quasi mandamenti ā€œcittadiniā€. In passato, altre inchieste ā€“ come lā€™operazione Cupola 2.0 del dicembre 2018, con lā€™arresto di Settimo Mineo, il boss che stava ricostituendo la commissione provinciale dopo la morte del “capo dei capi”, TotĆ² Riina ā€“ ha dimostrato che i mandamenti della cittĆ  di Palermo hanno riconquistato un ruolo centrale rispetto alle famiglie della provincia e allā€™ala corleonese.

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Come riassume la Direzione investigativa antimafia nelle sue ultime relazioni, lā€™assenza di un organo di vertice non ha impedito gli accordi tra i diversi mandamenti ā€œbasati sulla condivisione delle linee dā€™indirizzo e sulla ripartizione delle sfere dā€™influenzaā€. E lā€™ultima indagine dei carabinieri dimostra che, pur senza la commissione provinciale, i reggenti dei vari mandamenti palermitani, perĆ², comunicavano tra di loro. Lo facevano in maniera riservata, con telefonini in cui mettevano schede Sim intestate a cittadini stranieri, oppure attraverso sistemi criptati di telefonia. Questa tecnologia ha permesso a Giuseppe Auteri, uomo al vertice del Mandamento di Porta Nuova, di vivere per due anni in latitanza (in una fase in cui non vi erano altri esponenti influenti in libertĆ ) continuando a reggere lā€™organizzazione. Con se aveva due criptofonini, grazie ai quali manteneva i suoi contatti. Le indagini hanno anche riscontrato la possibilitĆ  di introdurre negli istituti penitenziari minuscoli apparecchi telefonici e migliaia di sim card che hanno permesso ai detenuti, dalle loro celle, di mantenere i contatti e coltivare gli affari.

Tramite i criptofonini, inoltre, i capi dei mandamenti si confrontavano in segreto per concordare i prezzi della droga e regolare gli affari tra di loro.

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Droga ed estorsioni. La ripresa degli affari

E cosƬ la Dda di Palermo ritiene ci sia stata una ā€œgraduale ripresa di Cosa nostra, favorita, come detto, dal rinnovato spirito di cooperazione negli affariā€ ā€“ estorsioni a tappeto e ritorno al traffico di stupefacenti in accordo con la ‘ndrangheta, giochi e delle scommesse digitali ā€“Ā che ha dato un ā€œrinnovato appealā€ capace di attrarre nuove leve: ā€œGiĆ  il solo numero dei soggetti destinatari degli odierni provvedimenti restrittivi dimostra, al netto dei nomi storici, che lā€™organico di Cosa nostra, quantomeno nel tempo di svolgimento delle presenti indagini, ĆØ in continuo aumentoā€, si legge nel decreto della procura palermitana. Ed ĆØ particolare la frase detta da un uomo a un giovane: ā€œPosa questo telefono, vieni qua che ti insegnoā€. ā€œTi insegnoā€ a riscuotere il pizzo.

Le estorsioni ā€“ appunto ā€“ restano una delle attivitĆ  principali della mafia palermitana. I mafiosi impongono la fornitura di caffĆØ o di rotoloni, ma anche di pesce, mitili e frutti di mare ai ristoranti delle borgate marinare di Sferracavallo e Mondello ā€œestromettendo la concorrenza, previa individuazione di un noto imprenditore del settore, deputato a fornire la materia primaā€, si legge nella nota stampa dei carabinieri. Nel complesso sono stati accertati circa 50 episodi di estorsione tra consumate e tentate. In pochissimi casi le vittime hanno denunciato la richiesta di ā€œpizzoā€.

Cosa nostra ĆØ ā€œancora oggi particolarmente attiva ed economicamente floridaā€, scriveva il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia in una nota, datata 20 settembre 2024, citata nelle relazioni dellā€™inaugurazione dellā€™anno giudiziario. ā€œLe investigazioni e i conseguenti processi degli ultimi anni sono stati in grado di evidenziare come lā€™organizzazione mafiosa Cosa nostra ĆØ restata perfettamente attiva, con sempre nuovi referenti per le proprie esigenze di controllo del territorio e, soprattutto, ha continuato a conservare le proprie vecchie regole mafiose ricostituendo in modo lesto e spregiudicato gli organi di vertice ogni volta che i precedenti sono stati arrestati e processatiā€.

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I vecchi pensano ad appalti, imprenditori e politica

Quello di martedƬ ĆØ soltanto lā€™ultimo colpo degli investigatori in ordine di tempo contro le organizzazioni di Palermo cittĆ . Il 29 gennaio lā€™operazione condotta dalla Squadra mobile della questura di Palermo ha portato (o meglio, riportato) in carcere alcuni mafiosi del mandamento di Passo di Rigano, alcuni dei quali giĆ  condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso, poi ā€œrientrati, e a pieno titolo, dopo lunghi periodi di detenzione, nelle fila della famiglia mafiosa di Uditoreā€.

Tra di loro spicca il nome di Francesco (Franco) Bonura, imprenditore mafioso 82enne: dopo aver passato in carcere 21 anni e otto mesi, il 13 novembre 2020 era uscito di prigione e ā€œa soli due mesi di distanza dalla sua scarcerazioneā€ si metteva in contatto con Agostino Sansone che insieme ai fratelli (detenuti) controllava una fetta del settore degli appalti. ā€œIn forza del suo riconosciuto prestigio criminaleā€, Bonura voleva ā€œreinserirsi nel sodalizio mafioso, reintroducendosi nel sistema di controllo degli appaltiā€ e voleva affiancare Sansone ā€œnella direzione della coscaā€. Era tornato sulla scena per ricomporre antichi equilibri e per ā€œallacciare e consolidare relazioni con esponenti della vita politica e imprenditorialeā€, si legge nellā€™ordinanza. Per allacciare contatti con uomini dā€™affari e politici, gli inquirenti sospettano volesse sfruttare i rapporti dello ā€œchef dei vipā€ Mario Di Ferro, che spacciava cocaina (ha patteggiato una pena di quattro anni) a importanti personaggi palermitani.Ā Ā 

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