Successione: trattamento fiscale del credito spettante al de cuius della partecipazione sociale
Chiarimenti sul trattamento fiscale, ai fini dell’imposta di successione, del credito spettante al de cuius in qualità di usufruttuario della partecipazione sociale, nelle ipotesi di distribuzione di riserva straordinaria erogata direttamente agli eredi nudi proprietari (AdE – risposta 12 febbraio 2025 n. 30)
Nel caso di specie, il de cuius ha donato a ciascuno dei figli la nuda proprietà di una partecipazione non qualificata pari all’8,75 per cento del capitale sociale di una società, riservandosi il diritto di usufrutto vitalizio sulle predette azioni, complessivamente pari alla quota del 17,50 per cento del capitale sociale, comprensivo del diritto di voto in assemblea dei soci.
Di seguito, con delibera di distribuzione l’assemblea dei soci ha deliberato la distribuzione delle suddette riserve accantonate per un ammontare di euro 50.000.000. Al riguardo, gli Istanti precisano che l’attribuzione delle riserve comportava, per quanto concerne la partecipazione del 17,5 per cento gravata dal diritto di usufrutto a favore del de cuius, la distribuzione di una somma lorda di euro 8.750.000,00 (pari al 17,5 per cento di euro 50.000.000) e di una somma effettivamente percepita pari ad euro 6.475.000 (al netto dall’imposta sostitutiva del 26 per cento). A causa del decesso del padre, la quota della riserva di utili spettante al de cuius è stata materialmente erogata ai figli, in qualità di eredi, al netto della ritenuta del 26 per cento.
Ciò premesso, gli Istanti evidenziano che l’erogazione a proprio favore delle predette somme è avvenuta dopo la data del decesso del de cuius e chiedono chiarimenti in ordine:
– al trattamento ai fini dell’imposta di successione del credito spettante al padre in qualità di usufruttuario sulla partecipazione del 17,5 per cento al momento della delibera di distribuzione, erogato effettivamente ai figli a seguito del decesso del padre. In particolare, i figli chiedono se il predetto credito debba essere inserito integralmente nella dichiarazione di successione oppure solo parzialmente, essendo in parte già di competenza degli stessi figli, in qualità di nudi proprietari;
– alla determinazione della corretta base imponibile, ai fini dell’imposta di successione, del predetto credito ossia se vada indicato l’importo della quota di riserva distribuita al lordo o al netto dell’imposta sostitutiva del 26 per cento, applicata dalla società all’atto dell’erogazione.
A tal punto, l’Amministrazione finanziaria ricorda che, l’usufrutto è un diritto reale regolato dagli artt. 978 e ss del c.c., che consiste nel diritto di un soggetto (usufruttuario) di godere di un bene di proprietà di un altro soggetto (nudo proprietario) e di raccoglierne i frutti, ma con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica. In particolare, i frutti naturali e frutti civili spettano all’usufruttuario per la durata del suo diritto. Nell’ipotesi di usufrutto su una partecipazione sociale, si attribuisce al titolare di tale diritto il godimento dei frutti, e pertanto, il diritto a percepire gli utili derivanti dall’altrui partecipazione societaria. La costituzione del diritto di usufrutto su una quota di partecipazione sociale comporta una dissociazione dei diritti connessi alla quota stessa, in quanto all’usufruttuario spetta il diritto agli utili, mentre al titolare della quota spetta la nuda proprietà (cfr. risoluzione 16 maggio 2006, n. 61/E). Tuttavia, l’esistenza o meno di patti parasociali potrebbe determinare una regolamentazione, anche difforme dalle disposizioni civilistiche sopra ricordate, dei rapporti fra l’usufruttuario e i nudi proprietari. Ai fini della determinazione della percentuale di partecipazione ceduta nel caso di cessione di diritti reali di godimento e, in particolare, del diritto di usufrutto e della nuda proprietà, si utilizza il valore dell’usufrutto e quello della nuda proprietà. Pertanto, il valore dell’usufrutto deve essere calcolato applicando al valore del titolo il coefficiente previsto nell’all. al citato DPR n. 131/1986, come modificato dal decreto del MEF 18 dicembre 2020, in relazione all’età della persona alla cui morte deve cessare il diritto di usufrutto (cfr. risposta del 7 ottobre 2021, n. 679). Tale criterio non si rende applicabile alla determinazione dei redditi di capitale, che sono imputabili per intero all’usufruttuario. Costituiscono redditi di capitale gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società (art. 44, co. 1, lett. e), del Tuir). Ai fini della determinazione del reddito, indipendentemente dalla statuizione della delibera assembleare, si presumono ai fini fiscali prioritariamente distribuiti l’utile d’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta (art. 47, co. 1, del Tuir). A tal proposito, benché con riguardo alle somme ricavate da una procedura di liquidazione volontaria di una società, di recente si è pronunciata la Suprema Corte che, con sentenza 29 aprile 2024, n. 11357, ha disposto, nell’ipotesi in cui le partecipazioni siano gravate dal diritto di usufrutto, che gli utili da liquidazione spettino all’usufruttuario così come la distribuzione di riserve create con utili accantonati, costituendo questi ultimi ”i frutti” delle partecipazioni. Con la delibera di distribuzione vengono stabiliti gli importi che verranno attribuiti agli aventi diritto che, con riferimento alle quote di partecipazione gravate di usufrutto, coincide con l’usufruttuario. Gli importi deliberati devono essere integralmente riconosciuti in capo all’usufruttuario al momento della delibera, anche nell’ipotesi in cui lo stesso usufruttuario sia deceduto prima della liquidazione degli importi e che gli stessi siano materialmente incassati dai nudi proprietari della quota di partecipazione gravata, in qualità di eredi.
Con riferimento all’applicazione dell’imposta di successione, l’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, compresi i trasferimenti derivanti da trust e da altri vincoli di destinazione (art. 1, co. 1, DLgs 31 ottobre 1990, n. 346, come recentemente modificato dal DLgs 18 settembre 2024, n. 139). L’imposta è dovuta dagli eredi e dai legatari per le successioni, dai donatari per le donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi. Ai fini dell’imposta sono considerati parenti in linea retta anche i genitori e i figli naturali, i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta, gli adottanti e gli adottati (art. 5). La determinazione dell’imposta in esame è prevista dall’art. 7, che al co. 1, lett. a), in particolare, stabilisce che: «I trasferimenti di beni e diritti per causa di morte sono soggetti all’imposta con le seguenti aliquote applicate sul valore complessivo netto dei beni e dei diritti devoluti: a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento;».
Dal sopra delineato quadro normativo, nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate ritiene che, in caso di quota partecipativa gravata da usufrutto, il diritto alla percezione degli utili distribuiti e utili accantonati a riserva straordinaria, poi distribuita, spetti unicamente all’usufruttuario, ovvero al de cuius. In conseguenza del decesso dell’usufruttuario, avvenuto prima della effettiva erogazione delle predette somme, i figli, in qualità di eredi del de cuius, sono diventati titolari del diritto di credito nei confronti della società.
Al riguardo, la Corte di Cassazione, con sentenza dell’ 11 marzo 1993, n. 2959, ha chiarito che il diritto di credito agli utili nei confronti della società sorge «soltanto se e nella misura in cui la maggioranza assembleare ne disponga l’erogazione ai soci mentre prima di tale momento, vi è una semplice aspettativa, potendo l’assemblea sociale impiegare diversamente gli utili o anche rinviarne la distribuzione nell’interesse della società.» Pertanto, prima della deliberazione di distribuzione degli utili, il socio risulterà solo titolare di una situazione soggettiva prodromica all’acquisto, nella propria sfera patrimoniale, del diritto alla distribuzione degli utili: titolare di un’aspettativa di mero fatto nei confronti della società, fin quando non ne venga deliberata l’effettiva distribuzione da cui discende l’insorgere del vero e proprio diritto di credito. Il predetto credito rientra tra i beni che compongono l’attivo ereditario del de cuius (artt. 8, 18 del d.lgs. n. 346/1990) e, pertanto, devono essere inseriti nella dichiarazione di successione dello stesso per l’importo effettivamente percepito dai figli e, quindi, al netto della ritenuta del 26 per cento a titolo di imposta sostituiva operata dalla società.
di Ilia Sorvillo
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