È stata da poco annunciata scoperta della particella elementare più ricca di energia mai osservata: un neutrino rilevato al largo della Sicilia nei fondali del Mar Mediterraneo con il telescopio sottomarino – ancora in costruzione – ARCA (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss) del progetto Km3NeT. I neutrini sono particelle elementari estremamente elusive, di massa minuscola e prive di carica elettrica che interagiscono pochissimo con il resto della materia e per questo sono estremamente difficili da osservare. Tanto che per rilevarli sono stati creati complessi “telescopi” per neutrini nei fondali marini, come ARCA.
L’importanza di questa scoperta risiede nel fatto che la particella appena scoperta è unica nel suo genere. I neutrini sono particelle fondamentali per comprendere i meccanismi astrofisici che agiscono nel nostro Universo (vengono prodotti durante le reazioni nucleari nelle stelle oppure in seguito a eventi estremi come nei buchi neri attivi o le supernovae o ancora la fusione di stelle di neutroni) e per la prima volta abbiamo una prova del fatto che neutrini con energie così estreme sono possibili.
Le origini di questo neutrino record non sono ancora certe, ma si ritiene che possa essere stato prodotto dall’interazione di un potentissimo raggio cosmico con i fotoni della radiazione cosmica di fondo, oppure da un gigantesco buco nero supermassiccio al centro di una galassia attiva.
L’energia del neutrino record scoperto al largo della Sicilia
Gli effetti dell’elusiva particella sono stati registrati il 13 febbraio 2023, ma sono occorsi due anni per arrivare alla scoperta scientifica, pubblicata recentemente sulla rivista Nature. Quello che è stato osservato è sicuramente un neutrino, e non solo: la sua energia (che, semplificando, misura approssimativamente la sua velocità) è la più alta mai misurata per una particella elementare.
Stiamo parlando di 220 milioni di miliardi di elettronvolt: per confronto, è un’energia 30 volte superiore a quella dei neutrini più energetici mai osservati finora, decine di miliardi di volte superiore a quella dei neutrini prodotti dal Sole e circa 30.000 volte superiore alle energie raggiunte nel Large Hadron Collider, il più potente acceleratore di particelle al mondo al CERN di Ginevra.
Come è stato scoperto il neutrino cosmico più ricco di energia mai osservato
Ma come sappiamo che è un neutrino? Dalla sua direzione. Prima però dobbiamo capire come funziona un telescopio per neutrini come ARCA. Non si tratta di un telescopio come lo intendiamo generalmente, cioè sostanzialmente uno specchio puntato al cielo, ma come una vasta rete di fotomoltiplicatori in grado di registrare deboli emissioni luminose nei fondali marini.
A queste profondità (ARCA si trova a quasi 3500 metri di profondità) non c’è luce naturale. La luce viene emessa quando un particella molto energetica attraversa l’acqua del fondale marino. Se questa particella ha una velocità superiore alla velocità della luce nell’acqua (che è inferiore alla velocità della luce nel vuoto, che è il vero limite massimo di velocità nell’Universo), la particella emette radiazione elettromagnetica per via di un fenomeno fisico chiamato effetto Cherenkov. Questa luce viene rilevata dai fotomoltiplicatori del telescopio sottomarino, e in base alle caratteristiche di questa radiazione si può risalire al tipo di particella che l’ha prodotta, alla sua energia e alla sua direzione.
Nel caso del neutrino record, la luce era stata emessa da un muone, una particella elementare che può essere prodotta dall’interazione tra un neutrino ad alta energia e altre particelle. Quindi il telescopio rileva la luce prodotta da un muone prodotto dal nostro neutrino che è “andato a sbattere” con un’altra particella. Si tratta di osservazioni molto indirette, ed è per questo che sono stati necessari due anni per arrivare dalla rilevazione alla scoperta.
La particolarità di questo muone è che si muoveva orizzontalmente. È qualcosa che non ti aspetti a quasi 3500 metri di profondità, a meno che non sia stato prodotto da un neutrino che non ha alcun problema ad attraversare vaste distanze negli abissi, vista la sua scarsissima propensione a interagire con la materia.
Le possibili origini del neutrino scoperto dal telescopio sottomarino
Il neutrino scoperto nel Mediterraneo è il primo del suo genere, quindi è difficile stabilire quale meccanismo astrofisico possa averlo generato. Gli indiziati principali al momento, però, sono due.
Il primo è un blazar, cioè un enorme buco nero supermassiccio che alimenta un nucleo galattico attivo. Il materiale in caduta in questo buco nero spiraleggia attorno a questo mostro cosmico, accelerando e scaldandosi fino a scomporsi in particelle subatomiche. Gli immensi campi magnetici del buco nero fanno il resto, indirizzando alcune di queste particelle in potentissimi getti che sfrecciano nello spazio quasi alla velocità della luce. In questi casi si parla di quasar, e quando i suoi getti sono rivolti verso la Terra prendono il nome più specifico di blazar. Il neutrino da record trovato dal team di ARCA potrebbe dunque essersi originato «tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana» (i fan di Star Wars apprezzeranno la citazione). Gli astronomi sono stati in grado di individuare 12 blazar che avrebbero potuto generare il nostro neutrino.
L’altra ipotesi sul tavolo è quella di un raggio cosmico estremamente energetico (cioè una particella carica solitaria che sfreccia nel cosmo ad altissima velocità) che a un certo punto del suo tragitto ha interagito con un fotone della radiazione cosmica di fondo, il “bagno elettromagnetico” residuo del Big Bang che si può osservare in ogni direzione nella banda delle microonde. Questa interazione può produrre una piccola “pioggia” di neutrini ad altissima energia. Neutrini di questo tipo sono stati teorizzati ma mai osservati, quindi questa potrebbe la prima rilevazione nella storia.
Perché la scoperta di questo neutrino apre le porte su un universo quasi inesplorato
Con un singolo evento non possiamo capire quale sia l’ipotesi corretta, ma dobbiamo tener conto che il progetto Km3NeT è ancora in costruzione, quindi avrà ampiamente modo – con un po’ di fortuna – di osservare altri neutrini ultra-energetici. Anzi, il fatto di avere avuto questa rilevazione mentre il telescopio non è ancora completato è sicuramente di buon auspicio!
La speranza degli astronomi è che i neutrini possano diventare, con il progresso tecnologico, un nuovo canale di osservazione del nostro Universo oltre alla luce, che è stata l’unica fonte di informazioni sul cosmo.
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