Se Trump e Putin stanno pensando di avviare trattative per far finire la guerra in Ucraina e lo fanno senza chiedere il permesso al carrozzone burocratico inesistente sotto il profilo internazionale che è ormai l’Unione Europea a trazione socialista, agli esponenti del carrozzone non piace. Meglio la guerra.
A dare l’avvio al coro dei guerrafondai è stata l’Alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, che non è un soprano e canta stonata: “Qualsiasi soluzione rapida sull’Ucraina è un affare sporco che abbiamo già visto in passato, ad esempio a Minsk, e semplicemente non funzionerà, non fermerà le uccisioni, la guerra continuerà”.
Peccato che a Minsk a truccare le carte sia stata la Germania come ha ammesso la stessa Angela Merkel.
Nel dicembre 2022 Angela Merkel in un’intervista pubblicata dal giornale Die Zeit, ha affermato che gli accordi di Minsk del 2015 sono stati “un tentativo di dare tempo all’Ucraina” e le hanno permesso di “rafforzarsi”.
La guerra poteva essere evitata, ma nessuno ha fatto nulla per impedirla e le parole di Merkel ne sono la prova. Chi le ha espresse era a capo del governo tedesco nel 2014 ed il suo paese assieme alla Francia faceva parte del quartetto che ha elaborato gli accordi di Minsk 1 e Minsk 2. Non hanno voluto che l’Ucraina li attuasse.
La Kallas o ha poca memoria o canta stonato. Alla riunione ministeriale della Nato ha anche aggiunto: “Se facciamo un paragone, possiamo fare un parallelo con il 1938: non è una buona tattica di negoziazione se si dà via tutto prima ancora che le discussioni siano iniziate è appeasement, e non funziona”.
Kallas ha detto di aver incontrato il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov. “Mi ha assicurato che gli ucraini sono fermi e non rinunceranno alla loro libertà e al loro territorio, anche l’Europa sarà ferma e continuerà a sostenere l’Ucraina nella sua lotta”, ha scritto in un post su X. “Noi continuiamo la lotta, siamo forti, siamo capaci, ce la faremo”, ha detto il ministro della Difesa ucraino Umerov alla Nato, ringraziando i partner per l’assistenza.
La Kallas ha infine aggiunto che “se stiamo dicendo che l’Ucraina non avrà l’adesione alla Nato, ma qualche altra garanzia di sicurezza, allora la domanda che deve trovare una risposta da parte di tutti è: quali sono queste garanzie di sicurezza? Un accordo fatto alle nostre spalle semplicemente non funzionerà perché per qualsiasi tipo di accordo deve essere attuato dagli europei e dagli ucraini”.
Con gli ucraini, sicuramente si, con l’Europa è tutto da vedere.
Non contenta, la Kallas, alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha chiesto ai Paesi UE dicano se pronti a inviare truppe a Kiev: “I 27 Paesi dell’Unione Europea, o altri Paesi, che si dicono a favore delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina ora devono anche dire se sono pronti a inviare truppe e quante”.
Parole al vento. Propaganda inutile.
Boris Pistorius, ministro della difesa tedesco, ossia di un Paese che sta affondando grazie alla guerra in Ucraina, senza preoccuparsi del ridicolo ha detto che “una pace fragile che rimanda soltanto la prossima guerra non può essere una opzione”.
E chi lo ha detto che la pace sarà fragile? Pistorius ha la sfera di cristallo? No. Fa il furbo. Il tema è un altro: la richiesta di un posto a tavola. Infatti, guarda caso, dice: “Europei e ucraini devono avere un’attiva partecipazione alle trattative. Solo uniti possiamo trattare per una pace stabile e duratura”.
Che Trump sia incapace? Senza l’Unione Europea Trump rischia di essere gabbato da Putin? Che lo dica Pistorius, ministro di una Germania con le mutande in mano è assolutamente ridicolo. Seguiamolo: “L’’Ucraina deve trattare da una posizione di forza. E per questo la Germania continuerà ad essere il più forte sostenitore dell’Ucraina. E’ ormai chiaro da tempo che noi dobbiamo fare la parte del leone sulla deterrenza, dobbiamo formare la realtà prima che la realtà formi noi”.
La parte del leone? Capito? Che facciamo? Ridiamo? Piangiamo?
Sipario.
Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha dichiarato venerdì in un’intervista a Reuters che lui e il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance sono d’accordo sul fatto che il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy debba far parte di qualsiasi colloquio di pace per porre fine alla guerra con la Russia. “Sono stato molto incoraggiato nelle nostre conversazioni sull’Ucraina”, ha detto Lammy, parlando a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. “Tutti noi abbiamo il desiderio di porre fine a questa orribile guerra. Condividiamo l’idea che ci debba essere una pace duratura… c’è stato un accordo sul fatto che Zelenskiy e gli ucraini devono far parte di questo accordo negoziato”.
Gli inglesi hanno capito. Dopo aver tentato di ergersi a riferimento dei Paesi baltici in barba agli Usa, hanno compreso che il vento Atlantico li può travolgere.
Scrive Milano Finanza: “I dazi minacciati dal presidente Trump sull’Europa hanno infatti gettato nello scompiglio i mercati dei metalli preziosi. I prezzi dell’oro sono stati spinti ai massimi storici e si è aperto un divario enorme nel valore del metallo giallo nei suoi due centri di scambio, New York e Londra. Per il momento, l’oro vale molto di più a Manhattan che nella capitale britannica, scatenando il più grande movimento transatlantico di lingotti fisici degli ultimi anni. I trader delle principali banche stanno facendo a gara per strappare l’oro dai caveau nelle profondità delle strade medievali di Londra e dalle raffinerie d’oro svizzere e trasportarlo attraverso l’oceano. Il modo più economico per trasportare in sicurezza un bene così prezioso è la stiva degli aerei commerciali”.
Gli inglesi usano la stessa lingua degli americani degli States e hanno capito.
Ha capito anche Ursula von der Leyen, ma millanta un potere che non ha e recita la parte che i neocon le hanno assegnato. Alla conferenza di Monaco ha detto che con una Russia “canaglia” ai suoi confini, l’Europa “deve cambiare”, per adattarsi alla nuova realtà.
“Il nostro compito qui a Monaco – ha affermato la baronessa recitando il copione neocon, scaduto- non è solo descrivere il panorama geopolitico di quest’anno, ma modellarlo, in modo da garantire che i nostri valori transatlantici durino e che i nostri interessi siano difesi”.
“Poiché -ha aggiunto la baronessa – c’è un chiaro tentativo da parte di alcuni di costruire sfere di influenza. Visioni contrastanti dell’ordine mondiale stanno portando a un approccio più transazionale negli affari globali. E l’Europa deve cambiare per prosperare in questa nuova realtà. Dobbiamo essere intelligenti. Dobbiamo essere lucidi su ciò che ci aspetta, da una Russia canaglia ai nostri confini alle sfide alla nostra sovranità e alla nostra sicurezza. E non dovremmo sottovalutare il potenziale dirompente di una concorrenza tesa o addirittura di un conflitto bipolare tra Cina e Stati Uniti. Può essere scomodo da ascoltare, ma è il momento di parlare in modo chiaro”.
E a parlare chiaro, per dire alla baronessa che è fuori gioco, è stato il vice presidente degli Usa Vance.
“La minaccia che mi preoccupa di più nei confronti dell’Europa – ha detto Vance – non è la Russia, non è la Cina, non è nessun altro attore esterno; ciò che mi preoccupa è la minaccia dall’interno, l’allontanamento dell’Europa da alcuni dei suoi valori più fondamentali”.
“In tutta Europa – ha aggiunto Vance – la libertà di parola è in ritirata. A quanto pare, non si può imporre l’innovazione o la creatività, così come non si può forzare le persone su cosa pensare, cosa sentire o cosa credere”.
Parlando ai giornalisti, a margine della Conferenza, Vance ha detto che confida in un accordo ragionevole tra Ucraina e Russia.
Un accordo che esclude la partecipazione di Kiev alla Nato. Ha dirlo è stato a chiare lettere il nuovo capo del Pentagono Pete Hegseth, il quale ha intimato – in sessione pubblica – agli alleati della Nato è un vero e proprio reset. Il messaggio è chiarissimo: Washington intende concentrarsi nell’Indopacifico, perché la sfida è la deterrenza alla Cina, e l’Europa deve assumersi l’onere della “difesa convenzionale” nel suo spicchio di mondo. Gli Stati Uniti restano “fedeli” all’Alleanza, ma basta assegni in bianco.
Hegseth ha scelto la riunione del Gruppo di Contatto sull’Ucraina per terremotare l’Alleanza.
“Abbiamo sentito – ha detto Hegseth – il vostro impegno nei confronti della Nato, dell’articolo 5, di un’Ucraina sovrana e del partenariato di difesa con l’Europa ma abbiamo anche sentito le vostre preoccupazioni: statene certi, rafforzeremo la nostra sicurezza”.
“Gli Stati Uniti – ha detto Hegseth – non tollereranno più un rapporto squilibrato che incoraggia la dipendenza: sfidiamo i vostri Paesi e i vostri cittadini a raddoppiare gli sforzi e a impegnarsi non solo per le immediate esigenze dell’Ucraina ma anche per gli obiettivi di deterrenza a lungo termine”.
Gli Usa aiuteranno, sì, ma il grosso ricadrà sulle spalle degli europei, sia in termini di rischi (con la Russia) che di costi (per sostenere Kiev).
Nel frattempo Bloomberg ci fa sapere che Vladimir Putin forma un team di negoziatori di alto livello.
Il presidente russo Vladimir Putin, scrive Bloomberg, sta riunendo una squadra di importanti negoziatori con decenni di esperienza in diplomazia ad alto livello in vista dei colloqui con i rappresentanti del presidente americano Donald Trump sull’Ucraina.
Secondo Bloomberg, ripresa dai media ucraini, tra i negoziatori ci sono Yuri Ushakov, consigliere capo del Cremlino per la politica estera e Sergey Naryshkin, alto funzionario dell’intelligence di Putin che ha prestato servizio con lui nel Kgb. Del team farebbe parte anche Kirill Dmitriev, finanziere formatosi a Stanford e Harvard, con esperienze con aziende come McKinsey e Goldman Sachs, che ha avuto anche un ruolo nel recente rilascio dell’americano Marc Fogel da una prigione russa.
Trump e Putin procedono. La Kallas canta. Ursula recita. L’Europa fa pena. Sic transit gloria mundi.
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