Giorgetti non trova le coperture


Il governo prende tempo sulle bollette. Il decreto-legge per alleviare gli effetti del caro energia su famiglie, artigiani e imprese, soprattutto quelle più piccole, a meno di sorprese dell’ultim’ora non uscirà dal Consiglio dei ministri di mercoledì 19 febbraio, deludendo le attese alimentate nei giorni scorsi dalla stessa maggioranza.

«Si sta lavorando», ha tagliato corto il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, mentre i partiti d’opposizione, dal Pd ai Cinque stelle, che sul tema bollette ha organizzato un flash mob dei parlamentari davanti a Palazzo Chigi, fino a Italia viva, alzano i toni della protesta contro l’inerzia dell’esecutivo. Il fatto è che «quando hai un’oscillazione ogni tre giorni di sette euro a megawattora bisogna avere un attimino i fari accesi», ha spiegato Pichetto Fratin.

Le promesse di Giorgetti

Insomma, fari accesi, ma buio all’orizzonte. Eppure, giusto una settimana fa, nel question time al Senato, Giancarlo Giorgetti aveva annunciato un «provvedimento con riferimento alle dinamiche dei prezzi». In quell’occasione il ministro dell’Economia era tornato a denunciare le «dinamiche speculative» che determinano i prezzi dell’energia, garantendo che l’attenzione del governo è “massima”.

Il problema, però, adesso come una settimana fa, e anche prima, è che ogni intervento, che sia d’emergenza oppure strutturale, costa caro, nell’ordine dei miliardi di euro, e al momento l’esecutivo non sa come recuperare le risorse necessarie. A maggior ragione nei giorni in cui è ripartita l’offensiva della Lega, il partito di Giorgetti, che punta a ottenere l’ennesima rottamazione delle cartelle fiscali. Un altro provvedimento, quest’ultimo, che al momento appare molto difficile da finanziare senza compromettere i complicati e fragili equilibri dei conti pubblici.

In concreto, secondo quanto emerso nei giorni scorsi, i tecnici dei due ministeri coinvolti (Economia e Ambiente) sono al lavoro su un possibile allargamento della platea dei beneficiari del bonus sociale destinato alle famiglie a basso reddito. L’ipotesi sarebbe quella di alzare il requisito minimo, attualmente fissato a 9.500 euro di Isee, per accedere al beneficio. Una misura che verrebbe a costare almeno un miliardo alle casse dello Stato.

Ipotesi bonus

Si è parlato anche di un intervento per eliminare il divario tra il prezzo del gas alla Borsa dell’energia di Amsterdam, il Ttf, e quello del mercato italiano (Psv), che è mediamente di due euro al megawattora più elevato. La quotazione del gas è quella che fa da riferimento per il prezzo dell’elettricità, che quindi calerebbe di conseguenza in caso di un intervento al ribasso sul Psv.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

La richiesta che arriva dalle grandi imprese energivore (acciaio, carta, vetro, per citarne solo alcune) è invece quella di un potenziamento del cosiddetto energy release, cioè la vendita di energia a prezzo calmierato in cambio del potenziamento da parte delle aziende della propria capacità di generazione da fonti rinnovabili.

Solo ipotesi, per il momento, perché, a parte la complessità tecnica degli interventi, l’ostacolo principale riguarda le coperture finanziarie che, allo stato, non ci sono.

Per fortuna, almeno per ora, le tensioni sul mercato internazionale dell’energia si sono un po’ allentate.

Dopo il massimo di 59 euro al megawattora toccato il 10 febbraio scorso l’indice Ttf della Borsa del gas naturale, quello che, come detto, fa da riferimento anche per il prezzo dell’elettricità in Italia, è calato del 15 per cento circa e nei giorni scorsi ha oscillato intorno a quota 48 euro, una quotazione, quest’ultima, che resta comunque molto più alta, circa il doppio, rispetto a quella di un anno fa.

I mercati

A spingere al ribasso i prezzi hanno contribuito una serie di fattori. Il principale, secondo gli analisti, va ricercato nelle prospettive di un possibile stop alla guerra in Ucraina, che, almeno nelle speranze, potrebbe preludere a una riapertura dei mercati europei per il gas russo. Su un mercato altamente speculativo come quello di Amsterdam, con volumi relativamente ridotti, è bastata una minima schiarita sul fronte ucraino a innescare il ribasso.

Già nella sera di martedì, per altro, la quotazione ha invertito la rotta, tornando a superare quota 49 euro, dopo la notizia del rinvio del viaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelenski a Riad, dove sono in corso i negoziati tra Stati Uniti e Russia.

Nei giorni scorsi è circolata anche l’ipotesi che l’Unione europea potesse rivedere l’obbligo per i paesi membri di riempire gli stoccaggi di gas al 90 per cento entro il primo novembre, come informalmente richiesto a Bruxelles dall’Italia e anche dalla Germania. In questo modo, per via del rallentamento degli acquisti destinati alle riserve, la domanda dovrebbe diminuire e di conseguenza anche i prezzi.

Problema scorte

Secondo le rilevazioni del 10 febbraio scorso, gli stoccaggi in Italia risultano pieni per il 58 per cento. Un dato inferiore di tre punti percentuali rispetto alla stessa data del 2024, ma comunque superiore alla media degli ultimi cinque anni, pari al 55 per cento.

Microcredito

per le aziende

 

Più bassa invece, intorno al 47 per cento, è la soglia di riempimento media per i paesi Ue. Ed è proprio la necessità di fare scorte in vista del prossimo inverno con acquisti che si concentrano in primavera ed estate che contribuisce a far salire le quotazioni.

D’altra parte, anche la domanda di gas nel mese di gennaio ha fatto segnare un aumento del 3 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, trainata soprattutto dal maggiore utilizzo da parte delle centrali elettriche alimentate a metano.

Come dire che, tra tensioni internazionali e domanda in crescita, difficilmente le quotazioni puntano con decisione verso il basso. Mentre le bollette degli italiani, complice l’inerzia del governo, resteranno le più alte d’Europa.

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