Per salvare la frutticoltura non servono super manager o consulenti strapagati, ma si deve ripartire dalle scuole


Salvare la frutticoltura italiana è possibile, ma serve davvero una “rivoluzione”. La scorsa settimana la Fondazione Fresh ha organizzato una tavola rotonda nell’ambito del convegno “Sostenere la frutticoltura italiana” (cfr. questo articolo e questo). Si sono confrontati alcuni protagonisti del comparto e da diversi interventi è emersa la preoccupazione circa il mancato ricambio generazionale, che solo in minima parte potrà essere colmato dal progresso tecnologico.

La tavola rotonda al convegno della Fondazione Fresh

Luca Lovatti (R&S di Melinda) ha spiegato alcuni progetti nell’automazione e digitalizzazione. “Noi abbiamo tre obiettivi: ottimizzare i costi, sostenibilità ambientale e soddisfazione del consumatore. Siamo molto attenti al risparmio energetico tramite le tecnologie, anche allo scopo di aumentare la marginalità delle imprese agricole”.

Luca Lovatti

Abbiamo bene in mente il rischio generazionale, la questione della produttività delle aziende, e mancano sempre più i principi attivi per contrastare le malattie. E le banche ci chiedono se è rischioso finanziare le aziende agricole. Le aziende agricole vogliono semplicità, anche nelle tecnologie. Serve sempre l’agronomo che interpreti i numeri”.

Silver Giorgini

“I temi dell’innovazione tecnologica – ha esordito Silver Giorgini responsabile qualità di Orogel – li seguiamo da anni, però c’è ancora tanta strada da fare. Fra vent’anni, chi ci sarà a fare agricoltura? È un problema mondiale, non solo italiano, ma non saranno certo i robot a salvarci. Servono passione e amore per questo lavoro. Ogni impresa dovrebbe avere la propria scuola specialistica, l’agronomo del futuro dovrà essere l’agro-meccatronico. Gli istituiti tecnici sbagliano quando non si collegano strettamente alle aziende del territorio. Senza fare nomi, so di un istituto tecnico romagnolo che esalta la coltivazione dei tulipani. Va tutto bene, ma forse dovremmo scommettere di più sulla frutticoltura. L’Italia si sta giocando il futuro dell’agricoltura, ma anche la salute, perché se saremo costretti a importare totalmente ortofrutta extra-Ue, sappiate che altrove ci sono limiti dei residui ben più alti dei nostri”.

Giorgini ha proseguito: “Il suolo è un disastro, manca fertilità e manca sostanza organica. È un’emergenza estrema. Noi stiamo studiando la mappatura di ogni singolo suolo, un terreno malato poiché privo di macrobiota. Se perdiamo frutteti, c’è anche un danno per l’ambiente, perché gli alberi catturano CO2. Allora gli agricoltori devono avere qualcosa in cambio per la loro funzione ambientale. A noi non servono i supermanager, a noi mancano i tecnici di base, a immagine e somiglianza delle aziende in cui devono operare”.

Maurizio Bottura

Maurizio Bottura (Fondazione Edmond Much) ha detto: “Noi cerchiamo di dare risposte alle esigenze dell’agricoltura del territorio nella provincia di Trento. Anche noi, negli anni scorsi, abbiamo avuto problemi di siccità, per questo stiamo facendo ricerca anche sull’uso sostenibile dell’acqua. Pure l’attività di frigoconservazione va affrontata con la digitalizzazione. Le aziende del nostro territorio sono di piccole dimensioni, c’è molta frammentazione e non è facile implementare innovazione. Nel piccolo, la tecnologia costa di più rispetto al risultato immediato che si ottiene. Per questo è importante il ruolo delle cooperative che aggregano centinaia di aziende”.

Michele Gerin

Per il gruppo Mazzoni, Michele Gerin direttore della parte agricola, ha ricordato quanto il meteo sta influendo sulla produzione. “Per questo non è facile introdurre certe tecnologie. L’innovazione incide di pochi punti percentuali nel miglioramento. Se l’agronomo sbaglia qualcosa, invece, il danno si misura in decine di punti percentuali. Questo per dire che noi agronomi non possiamo derogare dalle basi dell’agronomia, per questo in agricoltura l’innovazione entra lentamente. L’azienda agricola produttrice non ha appeal nei confronti dei giovani. Noi abbiamo fatto numerose azioni presso gli istituiti tecnici agrari, ma studenti interessati a lavorare in agricoltura non ne abbiamo trovati. Nei prossimi anni faremo ulteriori investimenti”.

Angelo Benedetti

Angelo Benedetti ha detto che “L’innovazione va considerata come un mezzo per aumentare i ricavi. La tecnologia aiuta a raccogliere un frutto migliore per farlo arrivare sulla tavola del consumatore. Certe tecnologie si ripagano rapidamente. Un cliente mi ha detto in questi giorni che in 4 mesi ha risparmiato 500mila euro utilizzando una nostra nuova tecnologia. Le ciliegie cilene sono passate, in poco più di 10 anni, da meno di un miliardo a 15 miliardi di export verso l’Asia. Fare le cose bene è basilare, pensiamo ai club sulla frutta. La tecnologia che aiuta a essere competitivi non è un costo, ma un investimento. È una condizione essenziale per rimanere sul mercato. La frutta è buona anche da altre parti, non solo in Italia, ci mancherebbe. Allora teniamolo presente pure nell’ottica degli investimenti”.

E ha concluso Benedetti: “Io ho una fiducia molto grande per trovare soluzioni nel nostro settore. La frutticoltura italiana su certi aspetti è rimasta a vecchie concezioni. Dobbiamo invece connetterci a livello mondiale, e penso alla nostra Fondazione Fresh, per imparare, con umiltà. Abbiamo una grande creatività, ma anche individualità e troppa individualità non fa bene al comparto”.

Patrizia Alberti

Patrizia Alberti della Regione Emilia Romagna ha ricordato che negli ultimi vent’anni la superficie a frutteto è diminuita del 50 per cento in Emilia Romagna. “Con il bando frutteti protetti cerchiamo di sostenere gli agricoltori. Con i gruppi operativi finanziamo i progetti più operativi, per aumentare la competitività”.



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