Possono chiamarsi “Terme” solo le strutture che per le cure utilizzano acque termali aventi riconosciuta efficacia terapeutica per la tutela della salute globale. È quanto ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio accogliendo il ricorso presentato da Terme e Grandi Alberghi di Sirmione Spa contro la decisione dell’Antitrust che aveva invece archiviato la segnalazione, integrata da Federterme, nel settembre 2023. Lo scopo dell’iniziativa era di richiedere l’intervento dell’Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza (Agcm) nei confronti di una pratica commerciale ritenuta scorretta e/o una forma di pubblicità ingannevole realizzata da QC Terme nell’utilizzo del termine “Terme” e “Spa” in strutture prive di acque termali. Secondo il Tar, l’Agcm non ha effettuato la dovuta istruttoria e non ha considerato che il termine “terme” era di per sé sufficiente a generare confusione nel consumatore, che avrebbe potuto convincersi che si trattasse di un centro termale e non di un centro benessere con mere prestazioni estetiche o di svago.
«Questa sentenza è un pronunciamento molto importante perché va a contrastare un fenomeno che da tempo abbiamo anche da parte nostra ampiamente denunciato. L’Emilia-Romagna da questo punto di vista è sempre stata molto rigorosa e molto attenta. Le nostre 23 terme sono tutte terme vere» dichiara Lino Gilioli, Presidente del Consorzio delle Terme Emilia-Romagna (COTER). Con 210mila clienti nel corso del 2024 (di cui circa 130.000 convenzionati con il Sistema Sanitario Nazionale mentre gli altri sono clienti che le frequentano privatamente) le terme dell’Emilia-Romagna hanno un fatturato diretto di circa 80 milioni di euro. L’aspetto più rilevante è dato dal fatto che sviluppano sul territorio un indotto economico di oltre 500 milioni. Molto spesso infatti le cure termali portano presenze sul territorio che incentivano le attività economiche: l’occupazione diretta del comparto è di circa 2.000 unità ma l’indotto economico sviluppato sui vari territori supera le 10.000 unità. Dati importanti perché danno il senso dell’importanza per la comunità che ospita le terme non solamente per l’attività sviluppata direttamente ma anche per l’indotto economico e occupazionale. Da questo punto di vista la sentenza assume un rilievo ancora maggiore nel senso che va a intervenire in un settore che ha queste caratteristiche. Basti pensare, per esempio, a Bagno di Romagna, a Salsomaggiore Terme o Tabiano o altre località come Castrocaro dove il fatturato magari diretto della struttura termale non è rilevantissimo ma l’indotto economico sviluppato sul territorio è decisamente significativo «Essere terme ‘vere’ non è una cosa da poco: si parte da un riconoscimento terapeutico del Ministero della Salute sulle acque che vengono utilizzate, cioè attraverso ricerche scientifiche si è dimostrato che le acque sono curative per alcune specifiche patologie o per altre» spiega Gilioli. «Inoltre serve una concessione mineraria perché le acque, che siano da pozze o da sorgente, vanno comunque estratte. È necessaria anche un’autorizzazione all’esercizio che viene emessa dall’autorità sanitaria locale e se si vuole essere convenzionati con il Sistema Sanitario Nazionale serve l’accreditamento istituzionale». Essere autorizzati all’esercizio da parte delle istituzioni sanitarie significa dover soddisfare determinati requisiti come la presenza di medici, di fisioterapisti, di operatori termali riconosciuti. «Le persone che intendono curarsi attraverso inalazioni, fanghi, bagni in realtà mettono a disposizione la loro salute quindi va trattata con tutte le attenzioni del caso» specifica Gilioli. La sentenza del Tar del Lazio sull’utilizzo del nome “terme” va quindi a garantire degli asset importanti legati anche ai costi da sostenere per essere terme. Le strutture termali devono infatti garantire anche l’assistenza medica durante tutta la durata di apertura, devono dimostrare di promuovere e fare attività di ricerca scientifica, avere gli specialisti per le terapie che decide di erogare. Il percorso insomma non è facile: le terme sono una vera e propria struttura che si occupa della salute delle persone. “Questi principi erano stati affermati in maniera molto chiara dalla legge sulle terme 323 del 2000, che già li ribadiva in maniera molto ferma ma purtroppo, molto spesso, vi era stata una tolleranza anche da parte delle istituzioni preposte a garantire questa tutela che oggi il Tar riporta in maniera molto chiara all’origine” conclude il Presidente di COTER. Una sentenza quindi molto importante e positiva per il termalismo dell’Emilia-Romagna, che del fatto di possedere acque curative importanti ha fatto la sua storia e il suo presente e, forse, alcuni piccoli centri termali non sarebbero nemmeno segnati sulla cartina geografica se non fosse per le terme.
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