prospettive di lavoro della Commissione UE


Giulia Devani, team leader reporting di Amapola

La nuova Commissione Europea si presenta con un obiettivo ambizioso: rendere l’Unione Europea più semplice, più veloce e più audace. Lo dice chiaramente il titolo del suo programma di lavoro per il 2025, Moving forward together: A Bolder, Simpler, Faster Union, che sintetizza la sfida del primo anno di mandato del nuovo esecutivo. L’Europa ha costruito nel tempo un impianto normativo solido e innovativo, soprattutto in materia di sostenibilità, che a pieno titolo rientra ormai tra i valori distintivi dell’Unione. Tuttavia, la crescente complessità delle regole ha generato critiche, in particolare da parte delle PMI, che faticano ad adattarsi a requisiti sempre più articolati. La Commissione risponde con una promessa di semplificazione, cercando di bilanciare competitività e ambizioni sociali e climatiche.

La vera questione, però, è un’altra: si tratta di una razionalizzazione necessaria o di un primo passo verso un allentamento delle tutele ambientali e sociali? Regole più semplici o standard più deboli? Quando si parla di normative, la linea tra alleggerimento e smantellamento è sottile. Il programma di lavoro della Commissione insiste sulla necessità di rendere il quadro normativo più chiaro e accessibile, facilitando la transizione ecologica senza appesantire il carico burocratico per le imprese. L’attenzione si concentra su tre pilastri fondamentali della regolamentazione UE: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) e la Tassonomia Europea per la finanza sostenibile. L’obiettivo dichiarato è armonizzare i requisiti attraverso un Pacchetto Omnibus, riducendo il peso amministrativo di almeno il 25% – e fino al 35% per le PMI, che spesso faticano a sostenere gli oneri della compliance.

Questa razionalizzazione può rappresentare un passo avanti, a patto che non comporti un indebolimento degli obblighi di trasparenza e responsabilità. Il rischio è che, nel tentativo di rendere le regole più snelle, si perda parte della loro efficacia nel guidare le imprese verso modelli più sostenibili. Un conto sarebbe ridurre il perimetro delle richieste di disclosure previste dai nuovi standard europei (gli ESRS; nda); un altro ancora tornare indietro sulla doppia materialità.

Un’Europa più vicina alle imprese e agli stakeholder – Nel dibattito sulla regolamentazione europea, il rischio di uno scollamento tra istituzioni e mondo economico è sempre stato presente. Per questo è significativo che la Commissione abbia dato ascolto alle richieste di semplificazione, riconoscendo che alcune normative – per quanto necessarie – siano risultate particolarmente complesse da applicare (un esempio che rende bene l’idea: i data points degli ESRS sono oltre 1.100). Il tema riguarda soprattutto le PMI, che spesso non dispongono delle risorse per affrontare processi di conformità articolati. Ma oltre alla necessità pratica di alleggerire alcuni obblighi, questa scelta ha un valore politico: Bruxelles, spesso percepita come distante, dimostra di saper raccogliere i feedback e agire di conseguenza.

Un altro elemento chiave è la volontà di coinvolgere maggiormente gli stakeholder nei processi decisionali. Un principio che, se attuato concretamente, potrebbe rafforzare la percezione di un’Unione più aperta e attenta alle esigenze del mercato. Chissà se questa impostazione riuscirà a penetrare anche nelle aziende stesse, portando a un approccio più dialogante con i propri stakeholder.

Il Clean Industrial Deal: competitività e Green Deal – Oltre alla semplificazione, la Commissione introduce il Clean Industrial Deal, un piano che mira a rafforzare la competitività industriale europea senza compromettere gli obiettivi climatici. Il messaggio è chiaro: crescita economica e transizione ecologica devono procedere insieme. Il piano si concentra su alcuni obiettivi chiave: riduzione del costo dell’energia, incentivi per l’uso di materiali circolari e revisione delle regole sulla chimica per coniugare semplificazione e sicurezza. Ma il punto più rilevante è l’integrazione del nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040 nella Climate Law europea, un segnale forte in vista della COP30.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

La sfida sarà far coesistere questi obiettivi con le esigenze del sistema produttivo. La revisione della normativa REACH, ad esempio, punta a rendere le procedure di registrazione e valutazione delle sostanze chimiche meno onerose, ma senza compromettere gli standard di sicurezza. Se questa linea verrà mantenuta anche nelle altre aree di intervento, il Clean Industrial Deal potrebbe segnare un’evoluzione del Green Deal piuttosto che un ridimensionamento.

Diritti e inclusione: una risposta all’America di Trump? – Accanto alle misure per la competitività, il programma dedica ampio spazio alle politiche sociali, con un focus su diritti, parità e inclusione. La Commissione annuncia una roadmap per i diritti delle donne, che definirà nuove priorità su parità salariale e rappresentanza femminile nei vertici aziendali. A questa si affiancheranno strategie aggiornate per la tutela delle comunità LGBTIQ+ e per la lotta al razzismo. C’è anche un impegno per rilanciare il dialogo tra aziende e lavoratori, con un Patto per il Dialogo Sociale che coinvolgerà imprese e sindacati su transizione digitale, occupazione e nuove competenze.

Ma tutto questo può essere letto anche in un’altra prospettiva: è forse una risposta indiretta alla regressione sui diritti che si sta verificando negli Stati Uniti? Mentre oltreoceano si moltiplicano i segnali di un concreto dietrofront su diritti civili e inclusione – complice il ritorno sulla scena di Trump – l’Europa sembra voler affermare un modello alternativo, in cui la competitività economica non passa attraverso il sacrificio dei diritti. In cui la transizione oltre che sostenibile sia davvero anche giusta.

L’UE si semplifica, ma senza scorciatoie? – Il primo trimestre del 2025 sarà il momento in cui si capirà se la Commissione avrà trovato il giusto equilibrio tra semplificazione, competitività e tutela ambientale. Finché non saranno resi noti i dettagli delle proposte legislative, il dubbio resterà: l’Europa sta davvero accelerando verso una regolamentazione più efficace o sta spianando la strada a un graduale allentamento delle tutele? Semplificare è necessario, ma solo se il processo non si traduce in una perdita di ambizione. L’Europa potrà essere più veloce e competitiva senza sacrificare il suo ruolo di guida sulla sostenibilità? Le prime risposte arriveranno con il Pacchetto Omnibus sulla sostenibilità previsto fine febbraio-inizio marzo.



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