19.06 – venerdì 21 febbraio 2025
Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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L’associazione SOS Altissimo di Nago, aderente al Coordinamento ambiente Alto Garda e Ledro, desidera esprimere alcune opinioni in merito all’articolo apparso sull’Adige del 19 febbraio 2025, ove si tenta di dare una spiegazione ai lavori in prossimità del bar Sesto Grado, riguardanti la ciclovia Nago-Torbole.
Il progetto presentava, già di per sé, molteplici criticità:
il tratto Nago-Torbole è di fatto un collegamento Nago-Arco;
il tratto tra l’imbarcadero di Torbole e il centro del paese è un tratto monco che immette direttamente sulla statale, con gravi rischi e pericoli per i ciclisti;
il ponte ciclabile parallelo alla statale tra Torbole e Riva è di fatto un eco mostro, ben lontano dalla gradevolezza del ponte realizzato anni addietro a poca distanza sulla Sarca;
per il tratto di attraversamento di Nago non esiste progetto, la ciclovia passerà per le strade poderali già percorse da mezzi agricoli, pedoni e automobili autorizzate;
chi proviene da Rovereto dovrà immettersi direttamente nella pericolosissima rotatoria di Nago per poter arrivare al percorso che scende verso le marmitte dei giganti;
i muretti a secco, tipici di questo paesaggio, sono stati sostituiti da muri artificiali poco compatibili con il delicato paesaggio circostante;
la scelta di demolire un costone di roccia, peraltro non prevista nel progetto originale, al fine di evitare la chiusura di una strada per un periodo temporaneo, appare agli occhi del comune cittadino alquanto bizzarra; mantenere un senso unico alternato, per il periodo dei lavori, era sicuramente una soluzione più leggera e che avrebbe comunque consentito il transito:
tutto questo per evitare la chiusura della statale per un mese, in bassa stagione? Ricordiamo che i pendolari, con la loro infinita pazienza, si sono più volte adattati a deviazioni alternative anche per lunghi periodi:
la sostituzione del verde appare come un debole palliativo allo scempio che è sotto gli occhi di tutti, sarà un verde posticcio e non avrà la naturalità, la biodiversità e l’armonia paesaggistica del prima di tale manomissione;
si auspica almeno che sia rispettato il sito preistorico dell’età del rame posto sulla sommità del dosso, come dimostrano i reperti rinvenuti da Franco Bonomi.
Alcune domande richiedono una risposta: sarà stata posta la dovuta attenzione, alla fine di tutto questo, alle vestigia storiche sul tronco che una volta era la vecchia strada romana? Quanto costerà tutto questo ad una comunità in un momento storico di grandi preoccupazioni economiche per molta parte della popolazione che meritano il dovuto rispetto e soluzioni concrete? Qualcuno ha avuto modo di vedere questa variante al progetto iniziale? Dov’è la trasparenza?
Fin dove si arriverà con lo scavo? Del massacro che sta avvenendo con lo sbancamento della montagna a lato del bar Sesto Grado nessuno ha saputo nulla fino all’uscita del suddetto articolo e questo modus operandi è ormai cronico; progetti mai illustrati ai cittadini, accessi agli atti dai tempi biblici, necessità di ricorrere costantemente al Difensore Civico per ottenere delle risposte dalle pubbliche amministrazioni. Ai cittadini va bene tutto questo? Davvero si pensa che tutti rimangano indifferenti nel vedere costantemente devastato il territorio? Dai commenti che appaiono sui social non si direbbe.
Le associazioni ambientaliste si trovano sempre più frequentemente a dover prendere atto delle modifiche del territorio a lavori già effettuati, poiché le amministrazioni pubbliche non hanno a cuore la trasparenza e la condivisione dei progetti con la comunità, né viene tenuto conto in alcun modo delle loro precise osservazioni, spesso nate da un’attenta analisi di professionisti competenti che operano gratuitamente al servizio delle associazioni stesse.
Alle associazioni, dunque, che spesso si fanno da portavoce dei cittadini più sensibili, non resta che esprimere rammarico per il risultato di questa gestione e prendere atto delle conseguenze nefaste dello scellerato progetto, ormai prossimo al completamento esecutivo, del tratto di ciclopedonale che attraversa il comune di Nago-Torbole. Esso presenta, oltre alle molteplici criticità descritte, una totale incoerenza d’insieme, così come l’intero progetto della ciclopedonale del Garda, come sappiamo grazie all’instancabile lavoro del Coordinamento interregionale per la tutela del Garda.
Si è persa nuovamente l’occasione per tener conto delle proposte, logiche e ragionate, delle associazioni le cui istanze vengono puntualmente ignorate e cestinate, a fronte di un lavoro enorme e fatto a titolo gratuito.
Usare “le maniere forti”, tanto per citare una parte dell’articolo, è una scelta che richiede molta prudenza in un ambiente bello e delicato come quello alto gardesano. Se ci si pone in un atteggiamento di dialogo e confronto tra pubblica amministrazione e collettività, si possono trovare soluzioni che, pur riconoscendo la necessità di alcune opere, rispettano l ‘ambiente ed il paesaggio, ma se manca questa sensibilità, la soluzione può essere disastrosa e devastante, come dimostra di essere questa ciclabile.
Un pezzetto alla volta, stiamo distruggendo la nostra cultura, la nostra storia, la natura e l’armonia del nostro paesaggio con i suoi muretti a secco e le rocce naturali con la loro macchia mediterranea, che hanno sempre attirato i turisti e donato bellezza ai fortunati residenti. Questo prezioso territorio appartiene a tutti e merita un’amministrazione saggia ed equilibrata.
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Associazione SOS Altissimo di Nago
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