Non iniziatela se amate i ritmi indemoniati. Non iniziatela se cercate quel tipo di setting ormai invasivo che sembra uscire da un manuale di sociologia intersezionale. Non iniziatela se non potete stare senza una trama chiara e ben definita. In tutti gli altri casi, iniziatela e godetevela fino in fondo. Dieci Capodanni (Los aƱos nuevos) di Rodrigo Sorogoyen, creata e scritta dal regista con una nutrita squadra di autori, ĆØ la serie televisiva dāautore che rompe completamente i canoni della serialitĆ conformista da piattaforma, rifiutando di compiacere le paturnie dellāalgoritmo e puntando tutto sul rigore, inteso come lāequilibrio tra estetica, contenuto e scrittura, caratteristica che per unāopera dāarte cinematografica ĆØ assolutamente fondamentale.
Dalla Mostra del Cinema a RaiPlay
Non ĆØ un caso che in Italia sia fruibile gratis su RaiPlay, almeno per chi riesce a scoprirla con metodi quasi carbonari, tra passaparola e pizzini social dei rabdomanti dellāunderground, visto lo scarso lavoro di promozione svolto della tv digitale di Stato sui propri, numerosissimi, gioielli preziosi dispersi in library. Ma in realtĆ Dieci Capodanni era stata presentata nel contesto per lei migliore, ovvero la Mostra del cinema di Venezia 2024, anche perchĆ© il regista spagnolo veniva da un grande successo personale, almeno tra i cinefili: lo splendido As Bestas, film vincitore di una carrellata di Premi Goya e di un CĆ©sar per il Miglior film straniero.
In Dieci Capodanni lāidea degli autori ĆØ ambiziosa: raccontare le vite Ana (Iria del RĆo) e Ćscar (Francesco Carril), una donna e uomo che si conoscono e sāinnamorano in una serata di Capodanno alla vigilia dei loro trentāanni ā il caso vuole che lui compia gli anni il 31 dicembre (el dia de nochevieja) e lei il primo di gennaio (el di de aƱo nuevo) ā e di seguire le loro vicende personali e il loro ācoming of ageā nella nuova maggiore etĆ dettata dallo spirito del tempo, ovvero la fascia tra i trenta e i quarantāanni, trascorrendo assieme a loro i giorni di Capodanno che vivranno nei dieci anni successivi.
Neo-neorealismo 3.0
Il risultato ĆØ una grande prova verista, una sorta di affresco del neo-neorealismo 3.0 che investe tutto nella scrittura chirurgica, capace di una mimesi con la realtĆ assoluta e quasi spaventevole. Al di lĆ della scintilla allāattache, che gioca con lo spettatore e richiede di accettare la coincidenza letteraria del colpo di fulmine tra gemelli diversi mancati per pochi minuti, Ana e Ćscar non hanno nulla di speciale, non hanno vite inimitabili o identitĆ da imporre in vetrina per vendersi nel mondo; hanno solo una quotidianitĆ da vivere e da risolvere per cercare di essere felici e realizzare i propri desideri, per mettersi alla prova e provare a inseguire i loro sogni, o per trovare il loro posto del mondo a partire dal bisogno comunissimo di dare e ricevere amore.
CosƬ, le situazioni che i protagonisti si trovano a vivere e a dover affrontare non sono altro che le nostre, quelle della gente comune: vogliono trovare un buon feeling sessuale, lavorare sullāequilibrio di coppia e mediare tra i propri desideri personali e le esigenze del partner, creare nuclei relazionali allargati tra famiglie e amici in cui sentirsi capiti e poter essere sĆ© stessi. E ancora, accudire i propri affetti piĆ¹ cari senza esserne divorati, conciliare le necessitĆ economiche di unāesistenza che va finanziata con continuitĆ senza rinunciare del tutto al vero sĆ©, miscelare al meglio lāaspirazione al nuovo e allāesperienza sorprendente e conoscitiva con il bisogno atavico di ripiegare nel sicuro, oppure fare i conti con il desiderio stringente o assente di maternitĆ e paternitĆ , che non sempre procedono allāunisono.
Fondandosi sullāellissi, la narrazione vola magistralmente, poggiandosi su ciascuno di questi cardini tematici in accumulo, come nella vita, e noi spettatori siamo cosƬ proiettati nelle esistenze di Ana e Ćscar da un punto di osservazione speciale, neutro e intimo, che tuttavia nel corso dellāevoluzione dello spaziotempo del racconto cambia con estrema libertĆ e uguale efficacia. Al punto che, durante la visione ci sentiamo al tempo stesso amici intimi dei protagonisti o loro stessi, attraverso quel processo di identificazione che lo stesso Sorogoyen, in piĆ¹ di unāintervista, ha dichiarato come intento primario del suo processo di scrittura: Ā«Se lo spettatore si riconosce nel personaggio ĆØ sempre una vittoriaĀ».
Come un film dei fratelli Dardenne
Ć questa la filosofia di fondo perseguita e se il risultato arriva ĆØ proprio grazie al suddetto rigore. A volte, durante la visione, ci si sente quasi costretti, claustrofobicamente lƬ, nella stanza con Ana e Ćscar o per strada o nel paesaggio in cui avviene lāazione, e i tempi sono dilatati, equiparati a quelli della vita, in cui le cose belle fuggono via e quelle brutte sembrano sempre poter mettere radici. Dieci Capodanni ĆØ per questo, a tutti gli effetti, unāesperienza molto piĆ¹ verticale che orizzontale, e se ciĆ² avviene ĆØ anche per merito della regia di Sorogoyen e dei suoi co-registi, i quali non cercano mai di erigersi sulla scrittura con scelte estetizzanti. Lāestetica cāĆØ, ĆØ chiaro, ma ĆØ percepita come strumento a servizio di un piano piĆ¹ profondo di fruizione, che ĆØ appunto lāidentificazione. Ć dunque estetica dei volti, dei corpi, degli sguardi rubati e negati, delle zone dāombra emotive che diventano passeggiate, scopate, conquista di momenti di solitudine, occupazione fisica dei vuoti emotivi.
Siamo nel territorio dei fratelli Dardenne al loro meglio, quelli de Il figlio, Rosetta, o Lāenfant, senza un focus tematico o un incidente scatenante per far scalpitare la narrazione, ma con lo stesso amore per i personaggi, che non sono nĆ© giudicati nĆ© guardati con sguardo cinico. Ā«Se esiste una forma di eternitĆ interna al tempo, essa proviene dallāamoreĀ», dice Luc Dardenne in un frammento dello splendido Addosso alle immagini, il suo diario pubblicato in Italia dal Saggiatore. Sorogoyen e il suo team di autori sembrano credere a pieno in questa idea, e ci regalano circa dieci ore a tu per tu con noi stessi.
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