È la proposta che il premier britannico intende portare a Trump: una forza militare con i contingenti del Vecchio Continente per “monitorare” l’eventuale cessate il fuoco. Ma anche a Kiev ci sono molti dubbi
Un accordo di pace non c’è. E quando arriverà, sarà il più svantaggioso che poteva aspettarsi Kiev. Eppure a Downing Street stanno pensando già a come fare per metterlo in atto e mantenerlo. Con soldati europei: circa trentamila, o poco meno, che verranno dispiegati nelle principali città e nei porti, oltre che nei pressi delle strutture critiche d’Ucraina. Nel paese ce ne sono molte: soprattutto le centrali nucleari, sempre più pericolosamente vicine alla linea di fronte.
Questa è l’ipotetica strategia anglo-francese che il premier britannico Keir Starmer la prossima settimana sottoporrà al presidente Donald Trump a Washington. I soldati europei sarebbero impegnati in un «monitoraggio tecnico» del cessate il fuoco in aria, terra e anche in mare, scrive il Telegraph (che per primo ha dato la notizia), in attività di sorveglianza e operazioni di intelligence e ricognizione. Le truppe però dovrebbero essere dotate anche di una potenza di fuoco pari a quella nemica per respingere gli attacchi.
Le proposte del premier
Il compito più difficile per Starmer sarà far capire al repubblicano che ora guida una Washington allineata a Mosca come mai prima d’ora nella storia, che il suo coinvolgimento in Ucraina è nell’interesse Usa. Il premier «esorterà Trump a tenere gli aerei da combattimento e missili statunitensi pronti in Europa orientale, per rispondere con forza letale se la Russia infrange i termini dell’armistizio».
Perché senza «supporto statunitense» l’operazione che sta propagandando in queste ore nelle cancellerie occidentali è nulla: solo con la potenza deterrente degli armamenti a stelle e strisce alle spalle, si può avere la certezza di scoraggiare Mosca dal desiderio di nuove, future sfide militari. Non ha preso alla leggera, ha dichiarato il premier, «la decisione di mettere in pericolo i militari britannici».
Ma i british peacekeepers, ha detto, potrebbero avere «un ruolo unico», da pontieri tra l’Europa e gli Stati Uniti. Più che esercitare pressione sull’America che probabilmente rimarrà sorda alla sua richiesta, o sulla Russia che ha ripetutamente rifiutato di prendere anche in considerazione questa ipotesi che considera «inaccettabile», Starmer rischia di alzare la tensione piuttosto tra la schiera dei suoi alleati che si sono dimostrati riluttanti all’invio di unità militari durante l’ultimo incontro organizzato di furia da Macron lunedì scorso. Il piano anglo-francese è comunque la prima, vera risposta partorita dopo quel summit dei non invitati al vero tavolo negoziale che si teneva in Arabia Saudita tra i due grandi, veri imperi in campo che si combattono in Ucraina: Usa e Russia.
Ma nessuno dei partner di Kiev si è mostrato favorevole alla sfida britannica che forse ambiva anche a scuotere i leader dell’Unione europea, rimasti imbambolati dallo slancio Usa: non l’Italia, non la Polonia, non la Spagna, soprattutto non la stanca, impoverita, quasi irriconoscibile Germania.
Tutti temono un diretto coinvolgimento con la Federazione in caso di invio di truppe (lo scontro letale che negli ultimi tre anni tutti gli Stati in Ue hanno tentato di evitare). Quella di Starmer è l’alternativa rimasta sul tavolo dopo quanto stabilito alla Conferenza di Monaco, dove Pete Hegseth, segretario alla Difesa statunitense, ha detto che la responsabilità del mantenimento della pace in Ucraina ricadrà esclusivamente sugli europei.
O dopo quanto emerso chiaramente dalle parole di Trump che, laggiù al confine dove i russi continuano ad avanzare e divorare territorio, i suoi soldati non ce li manda. Soprattutto, Starmer non regalerà un sospiro di sollievo nemmeno agli ucraini. Kyrilo Budanov, a capo dell’intelligence ucraina, ha chiesto ironicamente: «Mostratemi almeno un paese al mondo in cui l’impiego delle forze di peacekeeping ha funzionato».
Ha fatto eco a parole già espresse dal presidente Zelensky, che si era chiesto pubblicamente esattamente la stessa cosa: l’unica cosa che gli rendeva accettabile l’idea, era la possibilità che tra quei soldati (e ne richiedeva 200mila, non 30mila) ci fossero anche quelli americani, non solo europei, a vegliare sul nemico. Il piano Starmer rischia di scontentare tutti, perfino quelli che ambisce a difendere.
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