Partecipazione dei lavoratori nell’impresa. Proposta CISL ridimensionata dagli emendamenti della Camera.


 

1)  La proposta di legge della Cisl sulla partecipazione dei lavoratori non è rimasta nel cassetto come tante altre precedenti sul tema.

Essa ha ricevuto un grande sostegno popolare (oltre 400.000 firme), è stata commentata favorevolmente da molti esperti e adottata come testo base dalla Commissione lavoro della Camera, che ha di recente adottato un testo finale ora all’esame dell’aula.
La proposta della Cisl, in coerenza con la tradizione di questo sindacato, ha carattere promozionale della contrattazione collettiva, a cui affida il compito di regolare le diverse forme di partecipazione dei lavoratori, dai diritti di informazione e consultazione da tempo riconosciuti in Italia e in Europa, alla partecipazione organizzativa diffusa in molte pratiche aziendali recenti, fino a quella strategica e gestionale, che nel nostro paese è stata adottata solo in poche aziende per lo più a partecipazione pubblica e alla partecipazione finanziaria ( CISL : Partecipazione dei lavoratori nell’impresa. Depositata nuova proposta di legge ).

I richiami al ruolo della contrattazione nel regolare la partecipazione potrebbero sembrare giuridicamente poco significativi, ma hanno il valore politico di riconoscere la priorità della autonomia negoziale delle parti nelle scelte in questa materia.

Il testo uscito dalla Commissione ( A.C. 1573-a ) mantiene, peraltro con qualche ambiguità, l’ impostazione generale della proposta riguardante la regolazione volontaria tramite contrattazione collettiva delle forme partecipative.

2) All’ art. 2, fra gli attori della contrattazione collettiva si menzionano i sindacati “comparativamente” e “maggiormente“ più rappresentativi: si tratta di una equiparazione fra le due diverse formule che introduce ulteriori elementi di incertezza nella già tormentata definizione della rappresentatività, che invece meriterebbe certezza e univocità.
Un’ altra novità introdotta nel corso dell’iter è la soppressione dell’ art. 5 della originaria proposta che prevedeva l’ obbligo di integrare il consiglio di amministrazione delle società a partecipazione pubblica con almeno un amministratore rappresentante degli interessi dei lavoratori. .
Il venir meno di questa, che era una delle (poche) norme prescrittive della proposta iniziale, è  stato commentato criticamente dai rappresentanti delle opposizioni in Commissione, e risente delle resistenze manifestate dalle imprese interessate.

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Ricordo che una resistenza simile aveva impedito la implementazione del regolamento sulla Società Europea del 2001 che prevedeva obblighi simili di partecipazione gestionale dei lavoratori e che, pur recepito nel nostro ordinamento dal dlgs 19 agosto 2005, n. 188, è rimasto senza seguito.

Modifiche significative sono state introdotte anche nella normativa riguardante la partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori.

In tema di distribuzione degli utili (art. 5) il testo della Commissione si limita a confermare che tali utili, se corrisposti in esecuzione di contratti collettivi, sono soggetti a un’ imposta sostitutiva del 5%, stabilendo però un limite di importo complessivo di 5000 euro lordi.
Si conferma la possibilità di prevedere piani di partecipazione dei lavoratori anche con la attribuzione di azioni in sostituzione dei premi di risultato (art. 6), ma scompare il rifermento previsto nell’ art. 7 della proposta originaria ai contratti collettivi come strumento per l’ accesso dei lavoratori al possesso di azioni o di quote di capitale nella impresa; dal che sembra doversi ritenere che i piani di partecipazione possono essere istituiti per iniziativa unilaterale della azienda.

Si stabilisce che i dividendi derivanti dalle azioni così attribuite per un importo non superiore a 1500 euro annui sono esenti per il 50% del loro ammontare, ma solo per il 2025.
Le altre disposizioni della proposta originaria sono soppresse, compresa quella più innovativa (art. 8 e 9 di questa proposta) che riguardava la possibilità di andare oltre la fruizione individuale delle azioni e di valorizzare la gestione collettiva dei diritti derivanti da questa partecipazione finanziaria.

Una tale scelta avrebbe permesso di non limitarsi all’ aspetto economico della attribuzione delle azioni, ma di dare voce ai dipendenti su obiettivi di interesse comune, valorizzando il loro contributo anche per orientare le scelte delle aziende verso quegli obiettivi di sostenibilità che ora sono decisivi per la qualità del nostro sviluppo.

L’art. 7 relativo alla partecipazione organizzativa, intitolato ai piani di miglioramento e di innovazione dei processi, prodotti, servizi e della organizzazione del lavoro, riduce alcune parti della originaria proposta.

Anche qui scompare il riferimento ai contratti collettivi come fonte della istituzione di commissione paritetiche per questa partecipazione, e si prevede che le aziende possono promuovere la istituzione di tali commissioni paritetiche finalizzate alla predisposizione di proposte di piani di miglioramento e di innovazione nelle questioni di cui sopra.

La iniziativa ora è delle imprese, mentre nel testo originario era d’origine contrattuale. Inoltre queste commissioni sono finalizzate alla “predisposizione di proposte di piani di miglioramento e innovazione“; una formula riduttiva rispetto a quella della proposta iniziale secondo cui le commissioni previste dai contratti collettivi erano “finalizzate a definire i piani di miglioramento e di innovazione“.

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L’ art. 8 prevede un possibile figura, in esito a contratti collettivi aziendali, di referente della formazione, dei piani di welfare, delle politiche retributive, della qualità dei luoghi di lavoro, della conciliazione, della diversità e della inclusione.

Si precisa che le imprese che occupano meno di 35 dipendenti possono favorire, anche attraverso gli enti bilaterali, forme di partecipazione dei lavoratori alla organizzazione delle stesse imprese.

L’ art. 9 prevede che le rappresentanze dei lavoratori “possono essere preventivamente consultati in merito alle scelte aziendali”, nell’ambito di commissioni paritetiche, ma si precisa che è fatto salvo quanto stabilito dalla legge o dai contratti collettivi di cui al decreto 25/2007. .
Questo decreto recepisce la direttiva europea 2002/14 che sancisce il diritto dei lavoratori alla informazione e consultazione preventiva sulle maggiori scelte delle imprese, precisando che le relative modalità devono essere tali da garantire comunque la efficacia dell’iniziativa (art. 1).

Una tale precisazione va ricordata per evitare che la consultazione preventiva di cui si parla nel testo della commissione sia intesa come una mera facoltà delle imprese e non come un obbligo. .
Il testo finale sopprime le norme della proposta relative alla consultazione nelle pubbliche amministrazioni e a quella negli istituti di credito e nelle imprese di servizi pubblici essenziali (artt. 13 e 15). L’ art. 12 prevede la formazione per i rappresentanti delle commissioni paritetiche di cui alla legge anche in forma congiunta, di una durata non inferiore a dieci ore annue, finanziata da enti bilaterali, fondo nuove competenze e fondi interprofessionali.
Anche qui si modifica in senso riduttivo la proposta originaria, la quale prevedeva non meno di 24 ore, nonché il diritto a permessi retribuiti per i rappresentanti dei lavoratori secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi.

Il testo prevede la soppressione di altri articoli della proposta originaria: quello sulle agevolazioni fiscali per lavoratori e imprese (art.19) e quello sul garante della sostenibilità sociale delle imprese (art. 21).

Mantiene invece sostanzialmente immutato l’articolo sulla Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori (art. 13).

La copertura finanziaria 70 milioni di euro è riferita agli oneri derivanti dalla attuazione degli artt. 5 e 6 relativi alla distribuzione agli utili e ai piani azionari.

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3) Data la impostazione promozionale e non precettiva della legge saranno decisive le scelte delle parti sociali chiamate a darvi seguito.

La varietà delle opzioni previste dal testo si presta a diverse possibilità di realizzazione.
Come ho già sostenuto in altra sede (T. Treu, La partecipazione incisiva, DRI, 4/2023), le esperienze pregresse in materia fanno pensare che alcune forme partecipative come la consultazione e la partecipazione organizzativa avranno più possibilità di essere bene accolte e adottate, altre come la partecipazione gestionale e finanziaria incontreranno resistenze.

A sostenere le scelte delle parti nel senso voluto dalla legge non basteranno gli inventivi finanziari previsti, peraltro ridotti.

Si tratterà di verificare sul campo, a cominciare dalla contrattazione decentrata, se i protagonisti sociali saranno motivati dalla consapevolezza che nel contesto attuale di grandi incertezze e di difficoltà competitive le pratiche collaborative dei rapporti di lavoro hanno più chances di successo di quelle conflittuali e sono più utili ad affrontare le sfide delle transizioni e della sostenibilità.

a cura di Tiziano Treu WST Law & Tax

 

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