21 Febbraio 2025
16:09
A settembre il governo Meloni aveva detto di aver risolto il problema dei balneari, almeno per un po’: tutte le concessioni prolungate fino al 2027, grazie a un accordo con l’Ue, e poi nuove gare. Ma una sentenza del Tar della Liguria ha smentito la cosa. Non solo questo accordo non esiste, almeno in forma scritta; ma anche se ci fosse, non sarebbe valido.
È arrivato un nuovo passo indietro per il governo Meloni sul delicato tema delle concessioni balneari. La sentenza del Tar della Liguria arrivata ieri, che riguardava il ricorso di tre stabilimenti nella zona di Zoagli (Genova), ha smontato la versione fornita dall’esecutivo. A settembre 2024 il governo aveva varato un decreto con cui affermava sostanzialmente di aver risolto la questione, almeno per qualche anno. Ora invece si riparte con le incertezze legali su concessioni che, stando alle norme europee, sono di fatto scadute a fine 2023.
Cosa ha deciso il Tar della Liguria sulle concessioni
La sentenza, come detto, riguardava tre bagni a Zoagli. Questi avevano fatto ricorso contro la decisione del Comune di indire nuove gare, visto che le concessioni erano scadute. I balneari si erano opposti, appellandosi al nuovo provvedimento del governo, approvato a settembre 2024: un ultimo rinnovo delle concessioni fino a settembre 2027, e poi nuove gare per l’assegnazione.
L’esecutivo di Giorgia Meloni aveva detto che “la collaborazione tra Roma e Bruxelles” aveva “consentito di trovare un punto di equilibrio” tra la necessità di aprire alla concorrenza le gare sulle spiagge e la tutela dei balneari. In sostanza quindi ciò che era stato trasmesso era che, nonostante l’Italia stesse violando le normative europee sulla concorrenza, l’Ue aveva accettato di chiudere un occhio ancora per qualche anno, in cambio della promessa di regolarizzare tutto dal 2027.
Ma il Tar ha smentito tutto, dicendo che “un accordo secondo cui le amministrazioni avrebbero l’obbligo di prorogare le concessioni balneari” non si può usare come prova. Innanzitutto “perché non risulta esistente un documento scritto“. Insomma, non c’è nessuna traccia di questo presunto accordo.
E in più – soprattutto – perché “un simile accordo non potrebbe prevalere sulla pronuncia della Corte di giustizia“. Infatti, nel 2023 la Corte di giustizia dell’Unione europea con una sentenza ha stabilito che il sistema di rinnovo automatico delle concessioni balneari in Italia non poteva più continuare.
Per questo, come ha ricordato il Tar, “le concessioni demaniali marittime” che sono state rinnovate più volte “hanno cessato i loro effetti il 31 dicembre 2023”. Ora ci devono essere gare per assegnare le concessioni, con procedure “imparziali e trasparenti”.
Perché la sentenza smonta la linea del governo Meloni sui balneari
L’effetto della sentenza è evidente: il governo Meloni aveva detto di aver raggiunto un accordo, ma questo – se anche esiste – non ha nessun valore. Perché davanti a un tribunale nessun “punto di equilibrio” trovato nei dialoghi tra Commissione Ue e governo italiano può valere più delle norme europee, né delle sentenze della Corte che è incaricata di interpretare quelle norme.
Il dibattito sulle concessioni balneari è di lunga data, in Italia. La direttiva Bolkestein sulla concorrenza è stata varata nel 2006, e l’Italia l’ha recepita nel 2010. Da allora sono passati quindici anni, e in tutto questo tempo governi di vario colore politico hanno sempre aggirato gli obblighi previsti dalla direttiva, prorogando le concessioni ai loro attuali proprietari.
La linea seguita negli ultimi anni dal governo Meloni era che la direttiva si applica solamente alle risorse di cui c’è scarsità, per garantire che ci sia libertà di concorrenza. In Italia c’è ‘scarsità’ di spiagge? Per determinarlo, bisognerebbe prima condurre una mappatura completa dei lidi. È quello su cui l’esecutivo ha lavorato, e che a molti è sembrato più che altro un modo per prendere tempo.
Lo scorso anno le pressioni europee sulla questione sono cresciute. Ad aprile il Consiglio di Stato ha ribadito che le concessioni erano scadute, ad agosto l’Antitrust gli ha dato ragione. Alla fine del mese è circolata una bozza di ddl che avrebbe prolungato le concessioni per qualche anno, poi mai realizzata. E a inizio settembre è arrivato l’annuncio dell’accordo con la Commissione europea. Ora però la sentenza del Tar ha chiarito che anche un accordo del genere non può cambiare la situazione.
Cosa succede adesso: si torna alla confusione
Le concessioni balneari sono scadute, lo dicono le norme europee, lo hanno chiarito i tribunali europei e quelli italiani. Ma il governo non sembra avere un piano per accontentare gli attuali proprietari degli stabilimenti, che vorrebbero tenersi le spiagge, né per passare immediatamente a gare su scala nazionale.
Il rischio è che, come già sta avvenendo in molti casi, ogni Comune faccia di testa sua. Con un possibile moltiplicarsi dei ricorsi ai Tar. Per questo anche le associazioni di categoria hanno chiesto che l’esecutivo faccia chiarezza.
Dalla maggioranza, invece, sono arrivate poche risposte. La Lega ha dichiarato che pochi giorni fa “il Tar Veneto si è espresso in modo diametralmente opposto”, ma in realtà in quel caso il tribunale ha semplicemente sospeso tutto (anche le nuove concessioni assegnate dal Comune di Jesolo) in vista di un’udienza che si terrà ad aprile. Il governo, dopo la sentenza, non ha ancora preso posizione. E così le concessioni sono tornate nel caos.
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