Stefano Bollani All Stars “Ponte a Nord Est”: il racconto dei cinque giorni che hanno riscritto la storia del jazz in Friuli Venezia Giulia | A Proposito di Jazz


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Ci sono menti che riescono a vedere connessioni dove gli altri vedono confini e spesso le loro intuizioni emergono da una visione profonda del mondo, dall’apertura al nuovo e dalla capacità di immaginare scenari alternativi e di sognare in grande, trasformando quelle intuizioni in realtà.
Una di queste fortunate ispirazioni, “Ponte a Nord Est”, è nata da Giancarlo Velliscig, presidente dell’Associazione Culturale Euritmica di Udine, un uomo che ha alle spalle cinquant’anni di progettualità in campo culturale e che è il direttore artistico di alcuni tra i migliori festival e rassegne musicali in Friuli Venezia Giulia – uno su tutti: Udin&Jazz.
Ebbene, l’idea vincente di Ponte a Nord Est è stata quella di riunire l’élite della scena jazz contemporanea a Gorizia per una residenza artistica, dal 13 al 16 febbraio, culminata in un concerto al Teatro Rossetti di Trieste, che ha mescolato tradizioni musicali di diverse culture.
Questa iniziativa, nell’ambito del calendario di GO!2025, European Capital of Culture 2025 Nova Gorica – Gorizia, e sostenuta dall’Assessorato alla Cultura della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, mira appunto a creare connessioni culturali tra le comunità del Nord-Est, una zona che in passato ha vissuto conflitti e divisioni. Attraverso eventi artistici, musicali e teatrali, il progetto cerca di valorizzare le diverse tradizioni locali, promuovendo il dialogo e la comprensione reciproca, interpretando perfettamente il pensiero borderless.
Ed è così che, guidati dal pianista Stefano Bollani, si sono confrontati dieci maestri del jazz, come i trombettisti Enrico Rava e Paolo Fresu, il sassofonista Daniele Sepe, il fisarmonicista Antonello Salis, il contrabbassista Ares Tavolazzi, il batterista Roberto Gatto e tre giovani talenti: la cantante e pianista Frida Bollani Magoni, i chitarristi Matteo Mancuso e Christian Mascetta, dando vita ad un progetto che ha riscritto la storia del jazz in questi territori e che diventerà presto un docu-film.
In questo contesto, l’interculturalità è diventata un elemento chiave e la musica, in particolare, svolge un ruolo fondamentale, essendo un linguaggio universale che supera ogni barriera linguistica e culturale. Artisti come Stefano Bollani, noto per la sua versatilità e apertura a diverse influenze musicali, contribuiscono a creare ponti tra le culture, facilitando l’incontro e lo scambio tra tradizioni diverse, evidenziando come la cultura possa essere un potente strumento di unione e riconciliazione, trasformando territori un tempo divisi in luoghi di incontro e arricchimento reciproco; un esempio ne è “Incontri di Jazz”, rassegna musicale che ha trasformato Gorizia in capitale del jazz, nei giorni della residenza artistica, con concerti di gruppi regionali e sloveni.
Durante l’animato incontro stampa, tenutosi al Teatro Lojze Bratuž di Gorizia domenica 16 febbraio, a cui hanno partecipato Roberto Gatto, Giancarlo Velliscig e Stefano Bollani, quest’ultimo, rispondendo alla domanda di Velliscig sui giorni di lavoro trascorsi a Gorizia ha scherzato dicendo: «Lavoro? Ma noi abbiamo deciso di suonare per non lavorare!».

Il progetto non unisce solo diverse tradizioni musicali, ma crea anche un ponte tra generazioni, mettendo fianco a fianco artisti come Enrico Rava, classe 1939, e Frida Bollani, classe 2004, un divario generazionale di 65 anni!
Roberto Gatto ha sottolineato l’importanza del lato umano di questa esperienza, che è andata ben oltre le sessioni musicali: «Non solo mi sono divertito, ma ho ritrovato vecchi amici e conosciuto nuovi talenti». Oltre alla musica, infatti, le giornate a Gorizia sono state arricchite da momenti di convivialità, gioco, e persino esperimenti culinari! «La prossima volta ci fermiamo un mese – hanno assicurato i due musicisti – così avremo tempo sia per le prove che per esplorare meglio la città».
Il concerto, ha poi anticipato Gatto, sarà un evento imprevedibile, con ogni musicista libero di esprimersi in maniera personale.
E così è stato.
Ci sono concerti che restano impressi nella memoria non solo per la qualità della musica, ma per la loro capacità di creare qualcosa di irripetibile, un momento di pura alchimia tra musicisti e pubblico. Ponte a Nord Est, il progetto di Stefano Bollani All Stars, è stato uno di questi. Un vagabondare in musica che ha attraversato geografie sonore e generi, unendo il virtuosismo di dieci artisti straordinari nell’arte musiva dell’improvvisazione, tradizione e invenzione pura.
Sul palcoscenico, una jam session stellare, una celebrazione del jazz in tutta la sua libertà, in una lunga trasvolata dove la musica ha abbracciato tradizioni di ogni latitudine, trasformando il concerto in un mosaico sonoro unico.
Bollani e il suo dream team hanno intrecciato melodie antiche e nuove, trasportando il pubblico tra ballate svedesi, lirismo barocco, tango argentino, canti popolari mediterranei e standard jazz rivisitati con fantasia, tra virtuosismi e complicità, con il pianoforte di Bollani che lanciava spunti come faville e il flicorno di Enrico Rava che rispondeva con il suo lirismo inconfondibile. Paolo Fresu ha portato il suo tocco sospeso tra poesia e sperimentazione, mentre la batteria di Roberto Gatto e il contrabbasso di Ares Tavolazzi misuravano il tempo senza tempo di un volo sonoro senza confini. Antonello Salis, con la sua fisarmonica, ha mescolato tradizione e avanguardia, mentre Daniele Sepe ha instillato il suo spirito ribelle e mediterraneo.
E come se tutto questo non bastasse, l’intero teatro si è ammutolito ascoltando Frida Bollani Magoni, che ha incantato con la sua voce, e la generazione dei nuovi talenti rappresentata dai due strepitosi chitarristi, Matteo Mancuso e Christian Mascetta: ognuno di loro ha dimostrato che il futuro del jazz è in ottime mani.

Il concerto è stato una conversazione senza parole, fatta di note che si rincorrevano e si abbracciavano, di improvvisazioni che nascevano sul momento e diventavano pura magia, un omaggio alla capacità del jazz di reinventarsi ogni sera, ogni nota, ogni battito.
“Alfred’s Dream”, con Bollani e Rava sul palco, ha dato il via alla serata: un sogno musicale che ha preso vita nota dopo nota e “Certi angoli segreti”, al quale si sono aggiunti Tavolazzi e Gatto, che con le sue atmosfere evocative ha regalato momenti quasi confidenziali mentre il canto sacro sardo “Deus ti salvet”, un cerimoniale antico celebrato magistralmente da Sepe e da Salis, ha portato sul palco un’eco di magia e mistero.
L’omaggio alla tradizione nordica è arrivato con “Dear Old Stockholm” (Varmlandsvisan), un classico rivisitato dal quartetto “base” (Bollani, Rava; Gatto, Tavolazzi) con eleganza e libertà, mentre “When I’m Laid in Earth”, tratto da “Dido and Aeneas” di Purcell, ha dimostrato quanto il jazz possa dialogare con la musica barocca, trasformandola in un lamento vibrante di emozioni purissime, grazie alla struggente esecuzione da parte di Frida.
L’imprevedibile girovagare ci ha poi riportato nel Mediterraneo con “Yerakina”, un canto greco dal ritmo travolgente (che inizia con l’iconico giro di “Luglio, agosto, settembre (nero)” degli Area), che Frida canta esprimendo tutta la gioia di stare su quel palco, coinvolgendo gli altri musicisti e gli spettatori in una specie di festante e rumoroso movimento tellurico collettivo, e nel sardo “No potho reposare”, eseguito da Fresu e Salis con un’intensità capace di toccare le corde più profonde dell’anima.
Dal cuore della Romania, “Bun ii vinul Ghuirghulliu” (Fresu, Salis, Sepe, Bollani, Tavolazzi, Gatto) ha portato in scena la vivacità della musica balcanica, mentre in  “Plaisir d’amour”, celebre romanza scritta alla fine del ‘700 da J.P. Égide Martini, un tedesco che però s’è cambiato il nome teutonico in uno francese, decisamente più dolce – lo racconta Bollani, scherzando con il pubblico – entra in scena Christian Mascetta che l’ha suonato e cantato (accompagnato da Bollani e Fresu) evocando dolcezza e nostalgia.
All’improvviso, irrompono le sonorità impetuose di “Nihâvend Longa”, danza classica ottomana reinterpretata da Mascetta, Bollani, Tavolazzi e Gatto con dinamismo jazzistico, in cui Bollani ha sfoderato il suo talento improvvisativo su scale orientali. L’incursione nel tango argentino con “El Choclo” ha aggiunto un tocco di passione, e il respiro della fisarmonica di Salis si è intrecciato ai fraseggi incandescenti del pianoforte di Bollani, spingendo il tango oltre i suoi confini tradizionali.

Il finale ha riservato momenti di leggerezza e virtuosismo, soprattutto con l’entrata di Matteo Mancuso: “Billy Boy”, noto standard jazz, ha dato spazio ad un intenso gioco piano-chitarra, mentre “The Old Castle”, dall’iconico “Quadri di un’esposizione” di Musorgskij, con Mancuso, Sepe, Bollani, Tavolazzi e Gatto, ha portato sul palco suggestioni classiche trasfigurate dall’improvvisazione.
Infine, dopo una selva infinita di applausi, il bis con tutti e dieci i musicisti on stage per un altro omaggio al “grande veterano” del jazz italiano, Enrico Rava, con “Theme for Jessica”, che chiude una serata indimenticabile lasciando nell’aria un ultimo tocco di freschezza e libertà. Il tema, armonioso e sospeso, ha visto il dialogo tra i flicorni di Rava e Fresu, un viluppo tra due timbri unici fatto da fraseggi evocativi. Bollani e Frida al pianoforte hanno giocato su dinamiche delicate, mentre Salis alla fisarmonica e Sepe al sax hanno aggiunto sfumature palpitanti. Le chitarre di Mancuso e Mascetta hanno ricamato armonie raffinate, sostenute dal groove di Tavolazzi al contrabbasso e Gatto alla batteria. Un finale intenso, dove l’improvvisazione ha esaltato la bellezza del tema, chiudendo la serata con un abbraccio sonoro avvolgente.
Un concerto, o meglio, un’esplosione di musica senza confini, con il jazz a fare da collante tra epoche, culture e sensibilità diverse. Ogni brano ha raccontato una storia unica, trasformata dall’energia del momento e dall’intesa straordinaria tra i musicisti.
Bollani, con un sorriso sornione, rivolto verso il pubblico, si chiede se tutto questo succederà di nuovo.

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Noi ce lo auguriamo. Di cuore. Perché certe serate lasciano addosso la meraviglia di un’armonia perfetta, la bellezza di un istante irripetibile (ma che speriamo si ripeta…), la magia e il ritmo di una musica che continua a risuonare dentro di noi…
Plaisir d’amour ne dure qu’un moment / La musique est infinie, dure toute la vie…
(Il piacere dell’amore dura solo un attimo / La musica è infinita, dura tutta la vita…)

Marina Tuni

La galleria fotografica è di Pierluigi Bumbaca che ringraziamo. 

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