Il governo non sa se impugnare la norma della regione Toscana. FdI e gli alleati temono il giudizio della Consulta. L’area dei pro vita, in parlamento, è minoritaria
Nel mezzo del ciclone della condanna del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove – «stiamo tutti con la testa su quello» confida un senatore del gruppo parlamentare di FdI – il ministro della Salute Orazio Schillaci mette sul piatto un argomento finora lontano dalle priorità dei meloniani e di buona parte del centrodestra in generale: il fine vita.
A fare la differenza, il rischio di una figuraccia per palazzo Chigi a seguito della possibile impugnazione della legge promulgata dal Consiglio regionale della Toscana, pur liquidata da qualche esponente di FdI come espediente in vista delle elezioni regionali.
La decisione della regione guidata da Eugenio Giani (Pd) di deliberare sulla materia in maniera autonoma ha segnato un salto di qualità nel dibattito. La Corte costituzionale già da tempo auspica un intervento normativo. Ma in parlamento la maggioranza, e non solo, continua a non considerarlo una priorità.
Soprattutto non lo considera prioritario FdI, di cui Schillaci è espressione, anche se non esponente. «Sul fine vita è importante trovare una sintesi, non si possono lasciare le singole regioni a fare fughe in avanti. Si tratta di un argomento complesso, ma al di là delle diverse sensibilità politiche credo sia importante trovare una sintesi, i tempi sono giusti e maturi per una legge buona per tutti», ha detto il ministro.
Insomma, via libera a un lavoro parlamentare sulla materia che tolga di mezzo tutte le ambiguità del caso: se si debba passare da un’iniziativa governativa o si debba assecondare la trattazione già avviata di fronte al comitato ristretto delle commissione Sanità e Giustizia resta da vedere, anche se la materia squisitamente etica suggerirebbe di lasciar fuori le dinamiche di maggioranza.
Movimenti costanti
Uno dei due relatori che dovrà presentare il testo al comitato, l’esperto Pierantonio Zanettin (FI), sottolinea come sia impossibile anche per FdI ignorare alcuni fatti oggettivi: «Oltre alla legge toscana, il regolamento “congelato” di Luca Zaia in Veneto, le prese di posizione personali di Matteo Salvini e di molti esponenti di Forza Italia. Ma la settimana scorsa abbiamo anche assistito alla prima morte medicalmente assistita avvenuta in Lombardia, una Regione governata dal centrodestra».
«Non ci possono essere regole diverse a seconda della regione. Il parlamento deve dare una legge nazionale per evitare la nascita di regolamenti diversi in tutta Italia», rilancia la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli (FI).
Insomma, fanno capire anche altri esponenti di maggioranza, la sensibilità dentro la coalizione e nell’opinione pubblica è cambiata. Da Forza Italia segnalano come per gli azzurri la questione sia sempre stata all’ordine del giorno: «Non a caso per la Consulta abbiamo segnalato un nome estremamente liberal come Cassinelli». Da non sottovalutare anche la presa di posizione di Marina Berlusconi: «Lei parla a una platea ben più ampia del solo elettorato di Forza Italia: ha anche l’orecchio di chi votava suo padre e ora è disperso in altri partiti di centrodestra, ma perfino dei moderati di centrosinistra».
Ma dopo che perfino Matteo Salvini si è mostrato più disponibile sul tema – «non posso costringere una persona a continuare a soffrire se ritiene di fare una scelta diversa» – anche in FdI si sono ammorbiditi. «Certo, è un argomento scivoloso, ma le sensibilità sono cambiate. Sono anche argomenti che con la politica hanno poco a che vedere, ciascuno deve decidere per conto suo. E poi, non si può pensare di lasciare la materia alle singole regioni» raccontano, anche se il governo continua a portare avanti la riforma dell’Autonomia in cui rientrerebbero anche temi come la salute.
«Anche la chiesa di Francesco su certe cose è più aperta». Insomma, sembrano ormai appartenere al passato i tempi in cui il partito trasversale dei pro vita – quello dei Simone Pillon, per capirci – contava sul fattore tempo: meglio evitare di legiferare con il rischio di ottenere una legge sfavorevole in attesa che grazie a successivi avvicendamenti la linea della Corte possa cambiare, è il ragionamento.
Ma anche la mossa della regione Toscana preoccupa palazzo Chigi. Non è infatti prevedibile allo stato attuale il destino di quel testo: qualora il governo dovesse impugnarlo, infatti, non è detto che la Consulta decida a favore dell’esecutivo, considerate le perplessità che ha espresso in passato sull’inerzia dei legislatori in materia. E, se la Toscana dovesse avere luce verde, c’è già chi prevede un «liberi tutti» e 21 leggi regionali diverse per normare il fine vita. Ovviamente, uno scenario che palazzo Chigi non si può permettere. Meglio insomma mettere le mani avanti.
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