Caricamento player
Domenica 23 febbraio in Germania si terranno le elezioni parlamentari federali, cioè nazionali. Si sa già quale partito quasi sicuramente le vincerà: l’Unione Cristiano-Democratica (CDU), di centrodestra, che è da tempo molto avanti nei sondaggi. Il suo leader Friedrich Merz, quindi, sarà probabilmente il successore del cancelliere uscente Olaf Scholz dei Socialdemocratici (SPD), che è molto impopolare.
La questione è con chi dovrà coalizzarsi la CDU per poter governare, e se con un solo partito o più di uno: dipenderà anche dal risultato dei partiti più piccoli, per effetto della legge elettorale. Merz ha chiarito in più occasioni che non si alleerà con l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD), che comunque potrebbe ottenere il suo miglior risultato di sempre.
Elezioni anticipate, ma di poco
Le elezioni erano inizialmente previste per settembre di quest’anno ma sono state anticipate dopo la fine del governo di Scholz, lo scorso autunno. A novembre infatti si era aperta una crisi di governo che si era conclusa con l’uscita dei Liberali (FDP) dalla maggioranza. Il governo è caduto perché non è riuscito a concordare una legge di bilancio, ma da tempo c’erano frizioni e litigi tra i Liberali e gli altri due partiti della coalizione nata nel 2021, SPD e i Verdi. Inoltre i Liberali speravano che l’uscita dalla maggioranza, probabilmente pianificata, li aiutasse a ritrovare consensi: cosa che poi non è avvenuta.
La campagna elettorale dopo gli attacchi
Inizialmente è stata l’economia il tema più discusso della campagna elettorale, perché ormai da tempo la Germania sta attraversando una crisi anzitutto economica: è infatti l’unico paese in recessione tra quelli avanzati. Verdi ed SPD propongono di modificare il cosiddetto “freno al debito”, un vincolo di sostanziale pareggio di bilancio inserito nella Costituzione: tranne per rare eccezioni, come la pandemia da Covid-19, lo stato può spendere di fatto solo quello che incassa con le tasse, e non può avere un deficit (cioè un maggiore indebitamento) annuale superiore allo 0,35 per cento del PIL.
– Leggi anche: In Germania è tutto un manifesto elettorale
Dopo una serie di attacchi compiuti negli ultimi mesi da persone con origini straniere in varie città, l’ultimo dei quali a metà febbraio a Monaco di Baviera, la campagna elettorale si è poi concentrata sull’immigrazione. I maggiori partiti, anche quelli più progressisti come i Verdi, hanno inasprito la loro retorica sul tema e promesso leggi più restrittive.
Questa tendenza è stata particolarmente evidente per la CDU, che ha avvicinato le sue proposte a quelle di AfD al punto da votare insieme per due volte in parlamento a fine gennaio: su una mozione (approvata ma non vincolante) e un disegno di legge (bocciato), che chiedevano respingimenti alle frontiere e avrebbero reso più complicato ottenere un permesso di soggiorno. È stata la prima volta dal Secondo dopoguerra che una misura parlamentare veniva approvata col voto decisivo dell’estrema destra.
Il cancelliere Olaf Scholz e il ministro dei Trasporti Volker Wissing depongono un fiore nel luogo dell’investimento di oltre 30 persone, a Monaco di Baviera, il 15 febbraio (Sean Gallup/Getty Images)
Come funziona la legge elettorale
I sondaggi danno la CDU intorno al 30 per cento, in leggera flessione. AfD è cresciuta all’incirca della stessa percentuale persa dalla CDU nelle ultime settimane ed è data saldamente al secondo posto: l’SPD è al terzo, e i Verdi al quarto. È lo stesso ordine in cui i partiti sono arrivati alle elezioni europee dello scorso giugno.
Gli altri partiti non sono sicuri di superare la soglia di sbarramento, che è del 5 per cento a livello nazionale, ma uno di loro è messo – piuttosto inaspettatamente – meglio degli altri (ci arriviamo). A questo punto può essere utile ricordare come funziona la legge elettorale: peraltro è la prima volta che si vota dopo una riforma che ha ridotto il numero di seggi al Bundestag (la camera) a 630 e semplificato alcuni meccanismi piuttosto cervellotici di ripartizione dei seggi.
– Leggi anche: Olaf Scholz non è così noioso, o almeno ci prova
La Germania ha 299 collegi elettorali. Elettori ed elettrici esprimono due voti: uno per una singola persona candidata nel collegio, che va indicata con nome e cognome, e uno per una lista bloccata scelta dal partito. Questo secondo voto è il più determinante, perché sulla sua base viene calcolata la percentuale a livello nazionale che regola la distribuzione dei seggi. C’è un’eccezione: un partito può ottenere seggi in parlamento pur non avendo superato il 5 per cento se riceve almeno tre “mandati diretti”, cioè se arriva primo in almeno tre collegi (sia nelle preferenze sia nel voto di lista). È possibile il voto disgiunto, e la sua popolarità è aumentata nel tempo: alle ultime elezioni votò così circa un quarto dell’elettorato.
I seggi vengono distribuiti su base proporzionale sulla base dei voti ottenuti dalle liste dei partiti: i parlamentari eletti nel singolo collegio hanno la precedenza su quelli delle liste bloccate.
I candidati cancellieri dei principali partiti: Olaf Scholz (SPD), Robert Habeck (Verdi), Friedrich Merz (CDU) e Alice Weidel (AfD), durante il dibattito televisivo del 16 febbraio (Kay Nietfeld/DPA via APl)
La presunta rimonta della Linke, lo stallo di Liberali e BSW
Nel 2021 fu la clausola dei tre parlamentari eletti con un “mandato diretto” a permettere al partito di sinistra radicale della Linke di entrare in parlamento: ottenne il 4,9 per cento, ma vinse in tre collegi e quindi poté eleggere 39 deputati. Negli anni successivi il partito era entrato in forte crisi, anche per la scissione causata nel 2023 da Sahra Wagenknecht, una delle più note parlamentari del partito che se ne andò per fondare un nuovo partito.
L’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW), che mischia proposte di estrema destra e sinistra radicale, è partita bene e lo scorso settembre ha ottenuto buoni risultati alle elezioni statali in Sassonia e in Turingia, arrivando terza in entrambi. In questa campagna elettorale però BSW ha avuto problemi, sia logistici che di fondi, e non è fin qui riuscito a espandere i suoi consensi fuori dalla Germania orientale. Nei sondaggi è dato al 4 per cento, quindi appena sotto la soglia di sbarramento.
– Leggi anche: Le nonne tedesche contro la destra
La Linke sta invece vivendo un buon momento e ha superato il 6 per cento nei sondaggi. Nelle ultime settimane si sono iscritti al partito 10mila nuovi tesserati e la mobilitazione contro l’estrema destra, dopo l’intesa tra CDU e AfD in parlamento, ha contribuito a ridare centralità al partito nell’elettorato di sinistra. L’aumento dei consensi è stato spiegato con la decisione dei due leader, Ines Schwerdtner e Jan van Aken, di rimanere su posizioni favorevoli all’accoglienza di persone migranti (mentre per esempio su questo tema la BSW ha adottato posizioni di fatto di estrema destra).
Inoltre la Linke ha puntato molto su tre suoi esponenti storici molto noti – Gregor Gysi, Bodo Ramelow e Dietmar Bartsch – candidandoli con la speranza che ottengano un mandato diretto e permettano al partito di entrare in parlamento anche senza raggiungere il 5 per cento a livello nazionale, esattamente come alle elezioni del 2021. È stata chiamata in modo scherzoso Mission Silberlocke, cioè “operazione capelli d’argento” o brizzolati, visto che hanno tutti e tre più di 66 anni.
Bodo Ramelow, Gregor Gysi e Dietmar Bartsch vicino a delle loro sagome di cartone, a un evento della Linke a Berlino (Sebastian Christoph Gollnow/dpa)
I Liberali invece non sono riusciti a recuperare consensi come speravano, nonostante il loro leader Christian Lindner sia stato uno di quelli che hanno fatto più comizi in assoluto (durante uno si è pure preso una torta in faccia). Non hanno neppure possibilità concrete di ottenere un mandato diretto: l’ultima volta che sono arrivati primi nelle preferenze in un collegio era il 1990, e quel collegio non esiste più. Nei sondaggi si attestano intorno al 4 per cento (i partiti che prendono più dello 0,5 per cento dei voti hanno comunque diritto ai fondi pubblici).
Le possibili coalizioni e quando si sapranno i risultati
I seggi dei partiti che non superano la soglia di sbarramento vengono redistribuiti tra gli altri. Quindi, semplificando, più partiti minori entreranno in parlamento e più sarà probabile che per formare una maggioranza serviranno più di due partiti: in quel caso i tempi per trovare un accordo di governo saranno verosimilmente piuttosto lunghi.
A seconda dei risultati la CDU potrebbe scegliere se allearsi con l’SPD o con i Verdi, oppure trovarsi nella condizione di dover convincere entrambi a formare una maggioranza. In passato Merz aveva detto di preferire una coalizione con solo un altro partito, riferendosi alla litigiosità di quella a tre del governo di Scholz. Lo ha ribadito nel dibattito televisivo con gli altri candidati cancellieri: «Voglio essere sicuro che abbiamo almeno due opzioni, e ce ne servirà soltanto una». Non è detto che sarà possibile.
Domenica i seggi chiudono alle 18, e allora verranno diffusi i primi exit poll, che di solito danno un’idea abbastanza precisa delle distanze tra i partiti. I primi risultati parziali verranno diffusi entro le 19.
– Leggi anche: Friedrich Merz, alla fine
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link