Droni in Ucraina, ora la guerra si combatte con quelli fatti in casa e montati con i tutorial su YouTube


Tra loro c’è proprio Vadim, che questa mattina si occupa di supervisionare le attività di collaudo e assistere i piloti. “Il mio compito oggi qui è preparare i droni per farli volare”, racconta da un gazebo che serve a ripararsi da vento e pioggia e a montare i monitor per i test video. Qui si fa un altro test: si montano le batterie e i pesi che in questa fase sostituiscono e simulano il carico di esplosivo che poi verrà effettivamente trasportato. Poi il drone passa all’abbinamento con il controller del pilota. “La nostra responsabilità è testare i droni in diverse condizioni” spiega Vadim, per capire se ci sono anomalie di funzionamento tecnico e di bilanciamento, cercando di fare una sorta di “stress test” che simuli gli scenari più improbabili. “Al fronte il drone vola direttamente sul bersaglio, ma qui li testiamo in maniera più aggressiva per essere sicuri che quando saranno in prima linea funzioneranno al meglio e faranno il loro lavoro”, spiega Vadim. “Abbiamo un protocollo, controlliamo il consumo di corrente, la qualità del video e la qualità della radio”, racconta Serhii con il controller appeso al collo. Lui si occupa di testare i droni da pilota. “Era un hobby che avevo, quello di volare con questi aggeggi, almeno prima della grande guerra: così, quando ho sentito di questa iniziativa, mi sono unito immediatamente”, spiega tra un test e l’altro. Droni di questo tipo possono volare per circa una decina di chilometri, e viaggiare a una velocità fino a 120 chilometri orari, a seconda del carico. Per bilanciare gli apparecchi si utilizza il peso della batteria.

Sticker verde

Se i piloti danno l’ok e il drone riesce ad atterrare in sicurezza dalla piattaforma da dove è partito senza danni o anomalie, viene apposto uno sticker verde. Se qualcosa va storto, invece, si attacca un bollino rosso e il drone va nella stanza dei fixer. “A volte si tratta solo di alcuni elementi difettosi, altre volte di connessioni con i cavi”, racconta Roman dal suo tavolo di lavoro. Roman fa il “fixer” volontario nei weekend. “Poi torniamo a testarli e, se tutto va a buon fine, vengono consegnati all’esercito”, spiega. Per lui i droni, in Ucraina, sono essenziali, perché “salvano la vita ai nostri militari, che non devono colpire i bersagli personalmente ma possono inviare un drone Fpv”, racconta.

Duemila droni al mese

Comunichiamo continuamente con le brigate”, racconta Yuz. Chi manda i droni qui può scegliere poi a chi verranno consegnati, altrimenti viene tutto gestito dal team di Social Drone. “Attualmente siamo in costante contatto con 12 brigate e inviamo loro droni”, spiega. Tra queste ci sono la terza brigata d’assalto – una delle più riconoscibili in tutta l’Ucraina, formata anche da veterani Azov – ma anche il 505esimo battaglione dei marines separati, la 59esima Brigata d’assalto, la 111esima Brigata di difesa territoriale. Cerchiamo di raccogliere feedback e capire di cosa hanno bisogno, quanti velivoli servono, come migliorarli o aggiornarli per renderli più efficienti, racconta Yuz. “Attualmente inviamo e testiamo 2.000 droni al mese”, racconta Yuz. In più, viene chiesto ai soldati di mandare i video delle azioni compiute da questi droniOgni drone ha un numero e nel video puoi vedere questo numero, così puoi capire se è il tuo drone o quello del tuo amico”, dice. “Tutti qui siamo volontari”, spiega Yuz.

Invisibile e diffusa

Un’altra struttura simile a questa è stata aperta a Leopoli. Il progetto va avanti da circa un anno e cresce continuamente nei numeri: tutto si regge grazie al lavoro e alle donazioni, anche perché non ci sono costi fissi. I volontari riescono a fare arrivare i droni in Ucraina sulla linea del fronte come se partissero da una normale catena di produzione. Che, però, avrebbe costi molto più alti – si stimano 500.000 euro di spese ogni due mesi soltanto per gestire gli acquisti di componenti –. Ma il vantaggio determinante è soprattutto quello di non offrire un bersaglio statico: con questa strategia si decentralizza la produzione ovunque, un’industria invisibile e diffusa che acquista componenti non in stock ma pezzo per pezzo, e che apre tutte le sere nelle cucine, potenzialmente, di qualsiasi casa in Ucraina (ma anche all’estero). Chiunque può sedersi al tavolo e costruire un drone per l’esercito di Kyiv, e avere la garanzia che qui un bollino verde certificherà che sarà pronto per il combattimento. I test vanno avanti continuamente: a metà giornata le mensole con i droni pronti per essere consegnati al fronte formano una parete di antenne, eliche e cavi che arriva quasi fino al tetto. “Abbiamo un sogno: dopo la vittoria organizzeremo finalmente una vera gara di droni in Ucraina, e ci divertiremo”, dice Anna con un sorriso. “Ma per ora è solo il nostro lavoro”.



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