Viviamo il tempo del Potere disinibito (Malaguti, La Stampa), sul piano internazionale (il Presidente Trump grazia gli assalitori di Capitol Hill e, prima di lui, il Presidente Biden grazia il figlio, gli attacchi scomposti di Elon Musk alla magistratura italiana) e interno (la muscolare risposta mediatica della Presidente del Consiglio Meloni all’atto non ostile del Procuratore di Roma, Lo Voi).Â
Questo impone accortezza nell’analisi della dinamica politica e delle modifiche legislative, soprattutto se costituzionali, senza dimenticare la tendenziale verticalizzazione del Potere con la preponderanza del Governo sul Parlamento, manifestatasi negli anni, con maggioranze politiche di colore diverso, talora in un quadro di insofferenza verso gli Organi di garanzia.Â
Delle tre riforme in cantiere (premierato, autonomia differenziata e ordinamento giudiziario), sembra che, soltanto sull’ultima, la maggioranza converga compattamente.
La riforma ordinamentale della c.d. separazione delle carriere (che comprende anche una nuova disciplina del CSM e l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare) è stata approvata alla Camera, nella versione proposta dal Governo, non accogliendo alcun emendamento e marginalizzando, ancora una volta, il ruolo del Parlamento.
Questo ha rinfocolato la posizione dell’ANM contraria alla riforma, per l’asserito pericolo di sottoposizione del Potere giudiziario a quello esecutivo, in linea con una certa rigidità sui temi ordinamentali manifestata anche quando a discuterne sono stati magistrati come Giovanni Falcone che si era limitato a fotografare l’ovvia separatezza dei ruoli di PM e Giudice nel nuovo processo accusatorio. La posizione di Falcone tendeva a ridefinire un profilo autonomo del PM, nell’ottica di una più incisiva azione giudiziaria, ma per il solo fatto di aver sfiorato la questione ordinamentale fu bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo (Falcone, intervista a Mario Pirani).Â
Si ritiene, tuttavia, che vi sia ancora spazio per garantire, attraverso il recupero della centralità del Parlamento, alcune modifiche, ad esempio, in relazione al sorteggio dei membri del CSM, forma di selezione, in astratto plausibile, ma che, in questo momento storico, rischierebbe di contribuire al fenomeno di disintermediazione (uno vale uno) che ha già inciso negativamente sulla qualità della classe politica, sempre più cooptata dalle oligarchie di partito e sempre meno scelta dagli elettori.
Le cronache parlamentari ci restituiscono il tentativo delle opposizioni di ravvivare il dibattito d’aula e non guasterebbe un invito unitario al confronto con la maggioranza. Sarebbe l’occasione per reindirizzare la discussione su questioni rilevanti, evitando proposte ulteriormente urticanti come l’introduzione della discrezionalità dell’azione penale (Pera, Il Foglio) o evidentemente revansciste come l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sulla magistratura. Anziché modificare il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, infatti, si dovrebbe insistere sul processo di depenalizzazione e garantire che il cittadino, a seguito di un rinvio a giudizio, non sconti, solo per questo, conseguenze sul piano civile e amministrativo, andando oltre il perimetro dell’art. 335 bis c.p.p. Il tema è particolarmente sentito dagli imprenditori e dai professionisti spesso danneggiati dalla semplice pendenza del processo penale.
Se un rinnovato dialogo parlamentare è lo scenario certamente auspicabile, resta, tuttavia, non condivisibile l’evocazione di un’emergenza democratica da parte dell’ANM, a fronte di una procedura di revisione costituzionale, soprattutto perché, in una pericolosa eterogenesi dei fini, si rischia di assuefare l’opinione pubblica che, in futuro, potrebbe non cogliere altri e fondati allarmi per la tutela dei diritti fondamentali e la tenuta complessiva del sistema istituzionale.Â
Si avverte, semmai, l’esigenza di uno sguardo più ampio sul parallelo progetto di riforma costituzionale (c.d. premierato) o su eventuali proposte di modifica della legge elettorale, avuto riguardo, in particolare, all’eventuale mutamento del collegio per l’elezione del Presidente della Repubblica e considerata (Ceccanti, Giustizia insieme) la necessità di rendere indisponibile la carica a una scelta della sola maggioranza che potrebbe incidere anche sull’effettivo esercizio dei poteri relativi, tra l’altro, alla nomina di alcuni componenti della Corte Costituzionale, nonché dell’istituenda Alta Corte disciplinare.
Su questi temi, l’Avvocatura penale italiana, interlocutrice laica e indipendente, autonoma nei propri giudizi politici, ispirati da una radicata virtù costituzionale, auspica un perimetro di leale collaborazione tra i Poteri istituzionali che consenta di coltivare l’alta ambizione di offrire un servizio giustizia efficiente, pur in un rinnovato quadro ordinamentale (Presidente Francesco Petrelli, Inaugurazione dell’Anno giudiziario dei penalisti italiani 2025).
Lo stesso perimetro è stato tracciato dalla Presidente della Corte di cassazione, Margherita Cassano, nella relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2024, laddove ha auspicato un contesto improntato al rispetto reciproco fra le varie Istituzioni dello Stato, a razionalità , pacatezza, equilibrio: un vero e proprio patto per lo Stato di diritto in grado di alimentare la fiducia dei cittadini nei confronti di tutti gli organi cui la Carta fondamentale assegna l’esercizio di funzioni sovrane.
Sono parole sagge ed equilibrate ma poco ascoltate in un confronto ogni giorno più ruvido.
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