“Non firmo il patentino anti-fascista. Cosa mi è successo con Vannacci” – Libero Quotidiano



Massimo Sanvito

Allora Cruciani, la firma o no questa dichiarazione di antifascismo? «Col cazzo che la firmo. Io non firmo nulla». Giuseppe Cruciani, giornalista, conduttore radiofonico de La Zanzara su Radio 24 e nemico giurato del politicamente corretto, è tranchant. Non ha mezzo dubbio su come comportarsi dopo che la maggioranza di centrosinistra di Lodi (si sono sfilati solo due esponenti civici), nell’ultimo Consiglio comunale, ha imposto il più classico dei patentini antifascisti per chiunque voglia prendere in affitto una sala pubblica per organizzarci un evento.

Bisogna dichiarare di ripudiare il fascismo, di non perseguire finalità antidemocratiche anche proprie del partito fascista e di non denigrare la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza. Nel caso specifico, si tratta dell’associazione culturale Lodi Liberale – presente sul territorio da undici anni con all’attivo la bellezza di trecento eventi (sia in presenza nelle sale comunali sia da remoto) e fondata da Lorenzo Maggi, già vicesindaco e consigliere comunale eletto da vent’anni – che per venerdì prossimo ha organizzato la presentazione dell’ultimo libro di Cruciani (Via Crux. Contro il politicamente corretto), con la presenza – oltre che dell’autore- anche di Andrea Ruggieri, avvocato e giornalista, e di Francesca Pascale, attivista ed ex fidanzata di Silvio Berlusconi.

 

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Il primo banco di prova per la nuova norma, promossa dall’associazione progressista Adelante, sotto l’ombrello del neonato “Comitato 25 aprile” che racchiude anche Anpi e altre sigle militanti, ha subito preso fuoco. Anche l’associazione che l’ha invitata ha detto che non firmerà un bel niente e che troverà un’altra sala.
«Fanno bene. Peggio per il Comune, che per una stronzata simile perderà dei quattrini che avrebbe potuto impiegare, che ne so, per gli anziani… Penso che ci siano cose ben più importanti cui un sindaco e una giunta debbano pensare. Firmare una carta per entrare in sala? Ma dai… Eppure la sinistra riesce sempre a incartarsi su queste cose».

Nel 2025 ha ancora senso parlare di antifascismo? 
«Ha senso parlare di tutto, ci mancherebbe altro, ma non ha senso imporre l’obbligo di dichiararsi antifascisti per utilizzare una sala per presentare un libro. Tra l’altro, la nostra serata è organizzata da un consigliere comunale e prevede ospiti con pareri diversi: per dire, io e la Pascale non siamo d’accordo su molti temi… E ben venga se tra il pubblico ci sarà gente che non condivide le mie posizioni. Contestatemi pure, che problema c’è? Si tratta di un libro, mica di Goebbels. Non c’è nulla di sovversivo nel politicamente scorretto».
Perché la sinistra finisce sempre per parare lì? Sul pericolo nero… 
«È tutta una questione di bandiera: pensano di ottenere qualcosa dall’affittare le sale solo a chi si proclama antifascista ma non si rendono conto che tutto ciò è totalmente illiberale e, a mio avviso, pure contro la legge. Questo è fascismo, mica antifascismo. Ormai è la sinistra dei divieti, dei paletti, delle limitazioni».
Anche perché: basta una firma per escludere chi ha vere finalità antidemocratiche? 
«Appunto… Un’associazione di estrema destra che firma la dichiarazione e una volta nella sala concessa dal Comune dichiara di essere fascista? Cosa fai, chiedi l’intervento della Polizia? Che logica c’è? La verità è che alcune amministrazioni di centrosinistra perdono tempo, soldi e ore di discussioni per questa puttanata della carta antifascista. Si ricorda Vicenza?».
Sì… La presentazione “blindata” del secondo libro di Roberto Vannacci. 
«Esatto. Quel teatro che ci ha ospitato era circondato da gente che voleva assalirci e picchiarci. Fu necessaria la presenza della Digos per consentire la presentazione del libro di Vannacci. Ma ci rendiamo conto? E il sindaco di Vicenza cos’ha fatto? Ha deciso di ripristinare la clausola antifascista per gli eventi futuri…».

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