La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una significativa modifica in materia di ammortizzatori sociali, con un impatto rilevante sui lavoratori italiani all’estero che decidono di rientrare nel proprio Paese. A partire dal 1° gennaio 2025, è più riconosciuta l’indennità di disoccupazione per i lavoratori rimpatriati e per i frontalieri che vedranno cessare il proprio rapporto di lavoro dopo tale data.
Questa decisione rappresenta un cambiamento radicale rispetto alla normativa vigente fino al 2024, che garantiva una forma di tutela economica a chi si trovava senza impiego al rientro in Italia.
Disoccupazione rimpatriati: cosa prevedeva la normativa precedente?
Fino al 31 dicembre 2024, i lavoratori italiani che avevano svolto un’attività professionale all’estero e che si trovavano disoccupati al momento del rientro potevano beneficiare di un sostegno economico.
Questo ammortizzatore sociale, noto come NASpI (in Italia), offriva un’indennità per un periodo massimo di 180 giorni.
Il sussidio era accessibile a coloro che avevano perso il lavoro per licenziamento o mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato, compresi gli occupati stagionali.
Il beneficio si estendeva non solo alla componente economica, ma anche ad altre misure di supporto, tra cui gli assegni familiari, assegno unico figli, e l’accesso alle prestazioni sanitarie per tutta la durata del sostegno economico. La normativa aveva dunque il duplice obiettivo di garantire un minimo di stabilità finanziaria ai rimpatriati e di agevolare il loro reinserimento nel contesto lavorativo e sociale italiano.
L’eliminazione del sostegno: conseguenze
Con l’entrata in vigore della nuova normativa nel 2025, i lavoratori italiani che rientrano dall’estero non avranno più accesso a questa forma di disoccupazione.
Chi perde l’impiego fuori dai confini nazionali non potrà più contare su un ammortizzatore economico nel periodo di transizione successivo al ritorno.
Questa scelta normativa solleva diverse preoccupazioni, soprattutto in relazione alle possibili difficoltà di reinserimento nel mercato del lavoro italiano.
L’eliminazione di questa misura avrà ripercussioni anche sui lavoratori frontalieri, ovvero coloro che risiedono in Italia ma svolgono la loro attività lavorativa oltreconfine. Se il loro contratto di lavoro terminerà dopo il 1° gennaio 2025, non potranno più accedere all’indennità di disoccupazione in Italia. Una situazione che potrebbe creare disagi economici per molte famiglie.
L’importanza del sussidio per chi torna in Italia
La misura finora in vigore rappresentava un importante strumento di tutela per gli italiani che decidevano di tornare nel loro Paese d’origine dopo un’esperienza lavorativa all’estero. La possibilità di percepire un sussidio consentiva di affrontare il periodo di transizione senza dover affrontare immediatamente una condizione di precarietà economica.
Inoltre, garantiva una copertura sanitaria temporanea e il supporto per il mantenimento del nucleo familiare attraverso gli assegni familiari.
Senza questa tutela, il rientro in Italia potrebbe diventare un’operazione più complessa e rischiosa per molti lavoratori. Coloro che si trovano senza occupazione al momento del rimpatrio dovranno quindi affrontare una ricerca di lavoro senza alcun supporto economico. Con il rischio di scoraggiare il rientro di professionisti qualificati che potrebbero preferire rimanere all’estero.
Fine della disoccupazione rimpatriati: scenari futuri
L’abolizione del trattamento di disoccupazione per i rimpatriati si inserisce in un quadro più ampio di revisione della spesa pubblica. E anche della gestione degli ammortizzatori sociali. Alcune novità interessano anche la NASPI per chi perde il lavoro in Italia.
Tuttavia, questa scelta potrebbe generare effetti collaterali indesiderati, tra cui una minore attrattività dell’Italia per i propri cittadini che lavorano all’estero.
In assenza di un sistema di supporto economico per chi rientra, è possibile che molti lavoratori preferiscano rimanere nei Paesi in cui hanno maturato la propria carriera, rinunciando a un ritorno in patria. Questo potrebbe determinare una perdita di capitale umano qualificato, con effetti negativi sul mercato del lavoro e sulla competitività del Paese.
Alcuni esperti suggeriscono che potrebbero essere introdotte misure alternative per compensare la rimozione di questo sostegno. Tra le possibili soluzioni vi sono maggiori incentivi fiscali per il rientro (oltre il c.d. regime impatriati già esistente). Oltre a programmi di riqualificazione professionale o nuove forme di sostegno che non gravino direttamente sulla spesa pubblica. Ma che facilitino comunque il reinserimento lavorativo degli italiani rimpatriati.
Riassumendo
- Abolizione del sussidio – dal 2025, niente più disoccupazione per rimpatriati e frontalieri licenziati all’estero.
- Vecchia normativa – fino al 2024, garantiva 180 giorni di sostegno economico e benefici assistenziali.
- Implicazioni economiche – maggiori difficoltà per chi torna senza lavoro, aumentando l’insicurezza finanziaria.
- Effetti sui frontalieri – chi lavora oltreconfine perderà il diritto all’indennità in Italia.
- Rischi per il mercato del lavoro – possibile riduzione del ritorno di lavoratori qualificati in Italia.
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