Attento, stai prendendo una pensione più bassa dall’INPS e nemmeno lo sai. L’allarme è di quelli da non sottovalutare, perché ogni mese che passa si perdono dei soldi. E questo è ciò che capita a molti pensionati che, come vedremo, possono godere di un aumento della pensione.
Può accadere che l’INPS liquidi una pensione inferiore a quella effettivamente spettante? Anche se può sembrare strano, la risposta a questa domanda è sì. In effetti, non è raro imbattersi in pensionati che percepiscono un trattamento inferiore a quello che realmente spetterebbe loro di diritto. Ed è una situazione per cui non è responsabile l’INPS.
Infatti, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale elabora la prestazione in base a ciò che risulta nella sua banca dati e in quella dell’anagrafe tributaria, tra contribuenti e redditi. Salvo rare eccezioni (ossia rari casi di errori di calcolo da parte dell’INPS), chi prende una pensione più bassa di quella spettante deve fare “mea culpa”.
Il responsabile di una pensione percepita in misura inferiore a quella dovuta è lo stesso pensionato. Ma a tutto c’è rimedio.
Aumento della pensione, controllare il cedolino e chiedere l’incremento va fatto subito
Molti pensionati in Italia si accontentano di percepire la pensione che l’INPS liquida mensilmente. Forse è inappropriato dire “accontentarsi”, ma di fatto è così: ci sono pensionati ignari di quanto realmente spetterebbe loro.
Per esempio, tanti pensionati dimenticano di presentare alcune dichiarazioni o domande all’INPS, le quali potrebbero determinare un aumento dell’importo della pensione. Queste dimenticanze finiscono per creare un vero fenomeno che, in ambito previdenziale, si chiama “diritti inespressi”.
Già il nome spiega tutto: parliamo di diritti sacrosanti di un pensionato che, non essendo mai richiesti, non vengono erogati dall’Istituto. Tra i più comuni rientrano le maggiorazioni sociali, la quattordicesima mensilità, i trattamenti di famiglia (per chi ha coniuge o altri familiari a carico) o l’integrazione al trattamento minimo. Perfino una misura notoriamente discussa, come l’incremento al milione (di berlusconiana memoria), a volte finisce per rientrare nei meandri dei diritti inespressi.
Prestazioni, domande e diritti inespressi, ecco cosa incide su un eventuale aumento di pensione
Alcune prestazioni che l’INPS liquida sono collegate ai redditi prodotti dal pensionato (e, se presente, dal coniuge). Accade di frequente che un pensionato con pensioni minime e senza altri redditi non sia tenuto a presentare le dichiarazioni reddituali. Così facendo, l’INPS non può conoscere i redditi effettivi del pensionato, che potrebbero incidere sul diritto a maggiorazioni e integrazioni.
Significa che, anche se teoricamente potrebbe versare importi aggiuntivi, l’Istituto non lo fa perché il pensionato non comunica la sua condizione anno per anno.
Ad esempio, entro fine febbraio scade la campagna RED 2025. I pensionati con prestazioni potenzialmente integrate al minimo dovrebbero presentare tali dichiarazioni affinché l’INPS possa effettuare i conteggi corretti ed eventualmente erogare il di più spettante.
Un altro esempio: un pensionato che, alla data di liquidazione della pensione, non ha richiesto i trattamenti di famiglia per il coniuge (perché quest’ultimo aveva un reddito all’epoca) ma che ora non possiede più quel reddito, può intervenire successivamente.
Se il coniuge non lavora più negli ultimi anni, può risultare a carico del pensionato. In questo caso, è necessario richiedere gli assegni familiari, con la possibilità di recuperare anche gli arretrati degli ultimi cinque anni.
Ecco come fare per recuperare ciò che si sta perdendo e che si è perso in passato
La domanda di ricostituzione della pensione è lo strumento necessario per ottenere ciò che manca su una pensione. È possibile aumentare il proprio assegno pensionistico anche se, dopo la data di liquidazione, si sono versati altri contributi. Ciò accade spesso per quei pensionati che sono andati in pensione ma hanno continuato a lavorare o avviato nuove attività lavorative.
Potrebbe anche succedere che, successivamente all’ottenimento della pensione, si siano regolarizzati periodi di contribuzione pregressa, ad esempio attraverso il riscatto di periodi di studio universitario o il riscatto del servizio militare. Oppure si potrebbero scoprire contributi INPS non considerati all’epoca della liquidazione (magari per contenziosi poi risolti).
O ancora, ci sono pensionati con contributi versati in altri fondi pensione differenti da quelli tramite cui hanno ottenuto la pensione. Tutti casi in cui l’INPS non interviene d’ufficio, ma serve la richiesta formale del pensionato.
Ecco perché controllare il proprio cedolino di pensione e, naturalmente, il proprio estratto conto contributivo è una pratica saggia, da fare con periodicità. Solo così si può verificare se la pensione percepita è effettivamente quella corretta o se manca qualcosa.
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