Forlì ha celebrato il ventennale delle grandi mostre / FOTO


Inaugurata al Museo Civico San Domenico la rassegna “Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie”

di VINCENZO PREDILETTO

FORLI’ – Forlì celebra degnamente il ventennale delle grandi mostre con l’inaugurazione ufficiale dell’attesissima esposizione “Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie”, ideata e promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ed organizzata da Civitas Srl in collaborazione  con il Comune di Forlì presso il Museo San Domenico in piazza Guido da Montefeltro.

Nella partecipata conferenza stampa di ieri mattina nella splendida navata dell’ex Chiesa di San Giacomo la nuova mostra dedicata all’autoritratto dall’antichità al Novecento è stata introdotta dal Presidente della Fondazione Carisp Maurizio Gardini il quale ha affermato che” essere oggi qui è un grande orgoglio, grazie anche alla risposta costante del territorio. Venti anni fa qui non c’era nulla; abbiamo costruito un modello culturale inclusivo, accessibile a tutti”.

Poi è intervenuto il Sindaco Gian Luca Zattini definendo la mostra un autoritratto della città: “Forlì si è rivelata e raccontata come una città d’arte, riuscendo a coinvolgere i cittadini che oggi percepiscono quest’identità come propria”.

L’ assessora regionale alla Cultura Gessica Allegni ha sottolineato il valore particolare del ventennale: “Le grandi mostre hanno reso Forlì un valido punto di riferimento culturale internazionale, pertanto il polo museale del San Domenico e del San Giacomo rappresenta un esempio virtuoso di concreta sinergia tra realtà diverse”.

I vari curatori dell’esposizione, diretta da Gianfranco Brunelli, Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice che fanno parte del Comitato Scientifico, hanno di volta in volta descritto ed analizzato alcune fondamentali sezioni espositive tra le 14 in rassegna.

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Paola Refice, in riferimento all’età medioevale, ha precisato che nel Medioevo l’autoritratto non esisteva ancora, sicchè gli artisti, perlopiù artigiani lapicidi semplici esecutori trovavano dei modi per inserirsi nelle loro opere, così come le monache miniaturiste spesso si ritraevano nei codici per sentirsi parte, seppure minima, del processo creativo.

Per quanto riguarda il Rinascimento, la curatrice Cristina Acidini, riferendosi al tema dello specchio e del volto riflesso come simbolo della conoscenza di sé, già da Narciso fino alle allegorie opposte della Prudenza e della Vanità, ha ben rimarcato che “…la coscienza della propria identità interiore passa attraverso la contemplazione dell’immagine di sé, come si vede riflessa nello specchio…”

Francesco Parisi si è soffermato invece sul clima culturale che avvolge l’ultimo decennio dell’Ottocento ed i primi anni del Novecento, sottolineando come la morte, il diavolo e la bellezza occupano un posto preminente nell’iconografia simbolista, per cui anche il tema dell’autoritratto si conforma a tale inclinazione al punto da fornire agli artisti nuovi spunti di rappresentazione come la tranquillità del teschio, il soggetto immerso nel sogno o nel sonno, il desiderio della morte, simboli significativi della dimensione spirituale dell’artista e del soggettivismo.

Subito dopo anche il curatore Fernando Mazzocca analizza l’età moderna precisando che” …all’inizio dell’Ottocento saranno i due grandi protagonisti della nascita e dell’affermazione della scultura neoclassica, Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen a perseguire un percorso di autocelebrazione affidando ai propri   autoritratti divinizzati la loro gloria immortale. Tuttavia il genere dell’autoritratto si affermerà soprattutto con il Romanticismo, in una società che stava cambiando. Nei moltissimi autoritratti, eseguiti costantemente nell’arco di una lunghissima carriera, sarà Francesco Hayez, protagonista del Romanticismo storico italiano, a dimostrare di saper gestire, come pochi altri artisti, la propria immagine, anche nei rapporti con la committenza ed il potere.

Lungo tutto il secolo, gli artisti – da Ingres a Moreau, dal Piccio a Fattori, da Max Klinger a Franz von Stuck – hanno impiegato l’autoritratto come mezzo per rivendicare orgogliosamente il loro posto nella società, oppure come strumento di autoanalisi mettendo a nudo la loro dimensione più intima. Un cambiamento radicale avverrà nel Novecento, con la nascita delle Avanguardie e poi nel clima del “ritorno all’ordine” tra le due guerre, quando l’autoritratto assumerà il valore di una dichiarazione programmatica del percorso creativo dell’artista, come nel caso di Giorgio De Chirico che varierà all’infinito la rappresentazione di sé stesso, rispecchiandovi i diversi momenti di una vicenda straordinaria”.

La serie degli interventi si è conclusa con le frasi significative del Direttore delle grandi mostre forlivesi Gianfranco Brunelli: “La bellezza non si può possedere, ma solo contemplare. Come Narciso, se tenti di trattenerla, svanisce. E’ questa l’idea che accompagna l’intera mostra: osservare noi stessi e il mondo, come in uno specchio”.

Al termine dell’interessante ed applaudita conferenza, per ognuno dei giornalisti presenti in lunga scia ed in piccoli gruppi è iniziato proprio dall’ex Chiesa del San Giacomo fino alle grandi sale del primo piano dell’ex Convento di San Domenico il lungo ed articolato percorso di visita dell’allestimento, ricco di ben 216 opere prestate generosamente e non facilmente da diverse collezioni private e da prestigiosi istituti e musei italiani ed europei.

La mostra indaga il tema dell’autoritratto dall’antichità al Novecento, partendo dal ricordo del mito di Narciso, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi: il rispecchiamento di Narciso è l’auto-rispecchiamento dell’artista. Leon Battista Alberti nel De pictura (1435) riprende come modello per gli artisti la figura che si specchia nella fonte, teorizzando le arti visive come arti speculative e introducendo la figura dell’artista come uomo di lettere, protagonista del proprio tempo.

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Il percorso espositivo, che si sviluppa in ben 14 sezioni, si apre appunto con la sezione “Il mito di Narciso come mito dell’artista”, animata da alcuni affreschi provenienti da Pompei e da opere come il Narciso alla fonte del Tintoretto, il Narciso di Paul Dubois e lo splendido Narciso, arazzo novecentesco in lana 330 x330 cm. proveniente dal Senato della Repubblica, firmato dall’artista anconetano Corrado Cagli. Proseguendo nella visita, tra gli innumerevoli capolavori della pittura e della scultura, oltre a suppellettili, maschere, disegni, incisioni, foto e video, hanno catturato il nostro sguardo in particolare La Presentazione al Tempio di Giovanni Bellini, La Venere allo specchio di Tiziano, L’Autoritratto come Allegoria della Pittura di Artemisia

Gentileschi, l’Autoritratto alla spinetta di Sofonisba Anguissola, le opere di Hayez, Ingres, Moreau, Faruffini e Fattori che chiudono la sezione dell’Ottocento, nonché l’Autosmorfia di Giacomo Balla, l’eccezionale Autoritratto nudo di De Chirico del 1945 e l’Autoritratto sui ponteggi del marchigiano Anselmo Bucci.

Completata l’accurata ed emozionante visita nelle ampie sale riservate all’Ottocento ed al XX secolo, dalle Avanguardie al Realismo, ci siamo soffermati con curiosità nell’ultima sezione “Il volto e lo sguardo” in cui si ammirano diverse rappresentazioni di sé, da “L’uomo nero” di Michelangelo Pistoletto all’Autoritratto del 1968 in sagome di legno di Mario Ceroli, dall’Autoritratto “Submerged” di Bill Viola alle due stampe incorniciate “Ecstasy II dalla serie With Eyes Closed” di  Marina Abramovic, che evidenziano come la rappresentazione di sé con la sofferenza sul viso possa diventare simbolo dell’Umanità contemporanea oggi assai travagliata , esprimendo una visione ancora universale nella consapevolezza della perduta armonia tra l’uomo e la realtà.

Nel confermare che al termine del percorso espositivo abbiamo fatto un pieno di emozioni e di nuove conoscenze sul ruolo dell’autoritratto dall’Antico al Novecento nella visione poetica e creativa degli artisti, siamo convinti che Forlì , la Fondazione Cassa dei Risparmi ed il Museo di San Domenico abbiano fatto centro per la ventesima volta e certamente richiameranno ancora innumerevoli turisti ed appassionati di arte e bellezza da ogni parte del mondo perché si tratta di una mostra imperdibile sorprendente e stimolante per il pensiero, la ragione e l’animo umano.

La mostra sarà aperta al pubblico da domenica 23 febbraio a domenica 29 giugno da lunedì a venerdì ore 9.30 – 19, sabato, domenica e festivi ore 9.30 – 20; è già disponibile un ricchissimo e voluminoso catalogo edito da Dario Cimorelli.

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